Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33139 del 06/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33139 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MICCOLI RAFFAELE N. IL 04/02/1969
avverso la sentenza n. 2626/2006 CORTE APPELLO di BARI, del
30/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 06/05/2014

R.G. 32897/2013
Considerato che:
Miccoli Raffaele ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari
del 30/10/2012, confermativa della sentenza del Tribunale di Foggia sez. dist. di
Trinitapoli del 28/6/2006, con la quale era stato condannato alla pena di mesi
sedici di reclusione ed C 400,00 di multa per il reato di cui all’art. 648 cod. pen.,
chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.
proc. pen.; deduce l’illogicità della motivazione e l’erronea applicazione della

con riguardo al mancato riconoscimento delle delle attenuanti generiche.
Nel ricorso, quanto al primo motivo, viene prospettata una valutazione
delle prove diversa e più favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella
sentenza di primo grado e confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si
ripropongono questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito
preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da
vizi logici; viceversa dalla lettura della sentenza della Corte territoriale non
emergono, nella valutazione delle prove, evidenti illogicità, risultando, invece,
l’esistenza di un logico apparato argomentativo sulla base del quale si è
pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado con riferimento alla
responsabilità dell’imputato in ordine al fatto ascrittogli ed alla qualificazione
giuridica dello stesso; in tal senso si è fatto riferimento a puntuali risultanze
probatorie in base alle quali era emersa la sussistenza a carico del ricorrente
dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo del reato di ricettazione. Tutto ciò
preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di legittimità ((Sez. U n.
12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289 del 24.9.2003,
Petrella, Rv. 226074).
Quanto al trattamento sanzionatorio, il giudice di appello ha ritenuto
adeguata la pena sopra riportata, considerandola bene perequata rispetto al
reale disvalore del fatto, rilevando di non potere concedere le attenuanti
generiche alla luce delle modalità del fatto e dei numerosi e gravi precedenti
penali con giudizio di prevalenza sulla contestata recidiva reiterata, essendo
stata la pena determinata nella misura coincidente con il minimo edittale.
Alla luce delle su esposte considerazioni va dichiarata inammissibile
l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1000,00.

P.Q.M.

legge con riguardo all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato nonché

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 6 maggio 2014

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