Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33138 del 18/07/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33138 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LEO ORONZO n. 15/10/1959
avverso la sentenza n. 239/2010 del 16/4/2012 della CORTE DI APPELLO
DI LECCE
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMINE STABILE che ha
concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore avv. CATALDO GIANFREDA che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Appello di Lecce con sentenza del 16 aprile 2012 confermava in
punto di responsabilità e di pena la sentenza del tribunale di Brindisi che il 28
maggio 2009 condannava Leo °ronzo, brigadiere dei carabinieri, per essersi
appropriato di un fucile consegnatogli presso la stazione carabinieri da un privato
per la successiva rottamazione. Risultava accertato che il proprietario del fucile
consegnava l’arma all’imputato perché venisse rottamata, come da verbale di
acquisizione da cui risultava che la stessa dovevs essere custodita
temporaneamente nell’armeria della stazione Carabinieri per il successivo invio
all’organo militare competente per la distruzione. Risultava altresì accertato
come il soggetto cui Leo aveva ceduto l’arma ne aveva poi regolarmente
denunziato il possesso. In risposta agli argomenti della difesa, che contestava sia
che l’arma fosse divenuta proprietà dell’amministrazione che, comunque, la

Data Udienza: 18/07/2013

sussistenza di dolo, la Corte osservava che risultava inequivocabilmente dalla
stessa documentazione redatta dal ricorrente come vi fosse una acquisizione
dell’arma da parte della amministrazione e come l’ex proprietario avesse
chiaramente inteso cedere l’arma per la rottamazione e non donarla a terze
persone.
Contro tale sentenza propone ricorso Leo Oronzo con atto a firma del
proprio difensore. Con primo motivo deduce la violazione di legge sostanziale e
processuale. Rileva che la condanna è intervenuta per fatto diverso da quello
privato; che è configurabile tutt’al più il reato di cui all’articolo 351 cod. pen.;
che la cosa non ha apprezzabile valore economico. Con secondo motivo deduce il
vizio di motivazione non avendo la Corte dimostrato che il ricorrente non fosse
incorso in un errore sul fatto. Ritiene che sia emersa la prova della buona fede e
di un mero errore. Con terzo motivo deduce violazione legge penale processuale
per non essere stata corretta la data di consumazione del reato come già
richiesto ai giudici di merito.
Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo, si osserva che la possibile erroneità nel capo di
imputazione nell’individuare chi dovesse ritenersi nel dato momento il
proprietario dell’arma ha poco rilievo in quanto, anche laddove l’arma dovesse
essere ritenuta del privato, in quel momento era affidata alla Amministrazione
per la successiva rottamazione e, quindi, ricorreva comunque la condizione di
disponibilità di cosa mobile altrui per ragione del proprio ufficio. Del resto, risulta
in fatto dalla sentenza come la arma non fosse certamente affidata
informalmente al ricorrente ma fosse stato redatto uno specifico verbale di
consegna con conseguente passaggio dell’arma nella responsabilità
dell’Amministrazione. E, in concreto, in alcun modo risulta che la eventualmente
erronea indicazione nel capo di imputazione si sia riverberata sull’imputato, la cui
difesa, mirata ad escludere l’appropriazione e/o il relativo dolo, prescinde dal
dato della proprietà del bene che era, comunque, in possesso della
Amministrazione.
Quanto detto risolve anche il tema sollevato dalla difesa sulla configurabilità
del diverso reato di cui all’articolo 351 cod. pen. (violazione di pubblica custodia
di cose). è vero che la cosa risultava in “pubblica custodia” ma il reato di cui
all’articolo 351 cod. pen. ricorre quando il soggetto che commette l’
appropriazione sia un privato, essendo la fattispecie posta nel capo secondo del
codice, relativo ai delitti dei “privati” contro la pubblica amministrazione.
Laddove la sottrazione la cosa in pubblica custodia sia commessa dal pubblico
ufficiale che ne abbia la disponibilità, come nel caso in esame, ricorre il peculato.

contestato, essendo indicato nel capo di imputazione quale proprietario il

Il secondo ed il terzo motivo sono di contenuto generico, non individuando uno
specifico vizio rilevante.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 18 luglio 2013
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