Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3313 del 18/10/2017

Penale Sent. Sez. 2 Num. 3313 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA A MOTIVAZIONE
SEMPLIFICATA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
B.B.
avverso la sentenza n. 2845/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
11/03/2016
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/10/2017 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.-
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv . A? rr ,

Data Udienza: 18/10/2017

42-4-1

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 11 marzo 2016 la Corte d’appello di Genova confermava in punto di
responsabilità la sentenza del Tribunale che aveva condannato A.A. e
B.B. per concorso in tentata estorsione e lesioni e riconosciute a
quest’ultima le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate le

Ricorrono per cassazione, con distinti ricorsi, gli imputati .
B.B. con il primo motivo di ricorso si duole del fatto che la
motivazione della corte d’appello non ha approfondito le questioni salienti proposte con i
motivi di gravame in particolare in punto di:

attendibilità della persona offesa e dei testi dell’accusa, a fronte delle contraddizioni
evidenziate con riguardo alla deposizione del teste De Pippo in ordine alle modalità
dell’aggressione;

acquisizione dei tabulati che erano stati richiesti proprio per saggiare l’attendibilità dei
racconti della Penco,

>

contributo concorsuale dell’imputata,

> sussistenza dell’aggravante teleologica stante l’involontarietà delle lesioni procurate o
comunque la mancata preordinazione alla commissione del reato di estorsione,
>

mancata concessione delle attenuanti generiche in termini di prevalenza e mancata
concessione della sospensione condizionale della pena.

Con il secondo motivo contesta la sussistenza dell’aggravante del metodo teleologico
ritenuta non configurabile nel caso di specie, considerato che le lesioni determinate da
una colluttazione intercorsa fra la parte offesa e l’imputata costituivano una fatalità ed
erano sicuramente avulse da programmi delittuosi preordinati. In altre parole ritiene che
le lesioni siano state un incidente e non un passaggio necessario ai fini della realizzazione
della presunta tentata estorsione. Le due condotte pur contestuali secondo la ricorrente
non erano collegate.
A.A. deduce:
1. violazione di legge in ordine alla qualificazione del reato in tentata estorsione
anziché in quello di minaccia;
2. violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla mancata assoluzione dal
reato di lesioni considerato che l’imputato è intervenuto solo per separare le due
donne. Sottolinea come la richiesta avanzata ex art. 507 c.p.p. di acquisizione
delle riprese delle telecamere di sorveglianza presenti nel locale era volta proprio
dimostrare tale assunto;

riduceva la pena.

3. violazione di legge e vizio della motivazione in ordine al diniego delle attenuanti
generiche.
B.B. ha riproposto le tesi difensive già sostenute in sede di
merito e disattese dal Tribunale prima e dalla Corte d’appello poi. Al riguardo giova
ricordare che nella giurisprudenza di questa Corte è stato enunciato, e più volte ribadito,
il condivisibile principio di diritto secondo cui “è inammissibile il ricorso per cassazione
fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal

specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate
dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non
potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (in
termini, Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000 Ud. – dep. 03/05/2000 – Rv. 216473; CONF:
Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Rv. 231708)
E deve inoltre evidenziarsi che il primo giudice aveva affrontato e risolto le questioni
sollevate dalla difesa seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza
argomentativa e dalla puntualità dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e
rilevanti; di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado, i giudici di
seconda istanza, a fondamento del convincimento espresso, legittimamente hanno
richiamato anche la motivazione addotta dal Tribunale, senza peraltro mancare di
ricordare i passaggi più significativi dell’iter argomentativo seguito dal primo giudice e di
fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni dell’appellante: è principio pacifico
in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della
sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in
un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per
giudicare della congruità della motivazione (“ex plurinnis”, Sez. 3, n. 4700 del
14/02/1994 Ud. – dep. 23/04/1994 – Rv. 197497).
Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta dunque formalmente e
sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali forniscono, con
argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze
probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti l’attendibilità delle
dichiarazioni della persona offesa che risultano corroborate da quelle del teste oculare DE
PIPPO e dal certificato medico, Vinverosimiglianza delle dichiarazioni del A.A.,
l’irrilevanza ai fini del decidere dell’acquisizione dei tabulati che non consentirebbe di
conoscere il contenuto delle conversazioni, il contributo causale della donna nella
realizzazione della tentata estorsione attraverso minacce dirette ad impedire che la parte
offesa mettesse all’incasso le cambiale e la sussistenza dell’aggravante del nesso
2

giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di

teleologico considerato che le lesioni sono state commesse nell’attuazione del
comportamento minaccioso finalizzato alla realizzare del reato fine.
Il ricorso è

quindi

palesemente

inammissibile,

in

quanto

la ricorrente,

reiterando doglianze già espresse nei precedenti gradi di giudizio, si è limitata a
censurare profili di carattere meramente valutativo del compendio probatorio, rinnovando
contestazioni in punto di ricostruzione del fatto e delle dichiarazioni raccolte, del tutto
sovrapponibili a quelle ampiamente scandagliate dai giudici dell’appello. Per un verso,

altro profilo, non proponendosi una effettiva ed autonoma critica impugnatoria rispetto
alla motivazione esibita dai giudici a quibus, finisce per risultare del tutto aspecifico.
Anche la motivazione offerta dai giudici di merito in tema di bilanciamento delle
attenuanti generiche e di valutazione della congruità del trattamento sanzionatorio
applicato si rivela del tutto coerente e congrua, a fronte di doglianze, ancora una
volta aspecifiche, dedotte sul punto in sede di ricorso.
Con riguardo alla doglianza in ordine alla omessa motivazione della richiesta di
sospensione condizionale, avanzata genericamente nei motivi d’appello sul mero
presupposto dell’accoglimento della richiesta di riduzione pena, non può che osservarsi
che, come riconosciuto dalla stessa ricorrente ed affermato dai giudici di merito, la B.B. è gravata da due precedenti penali “recenti e specifici” che all’evidenza
impedivano l’applicazione del beneficio richiesto e che quindi non può annullarsi per
difetto di motivazione la sentenza in argomento per il fatto che ha omesso di prendere in
esame un motivo di impugnazione che avrebbero dovuto essere dichiarato inammissibile.
Sussiste, infatti, un effettivo interesse dell’imputato a dolersi della violazione solo quando
l’assunto difensivo posto a fondamento del motivo sia in astratto suscettibile di
accoglimento.( Cass. N. 2415 del 1984 Rv. 163169, N. 154 del 1985 Rv. 167304, N.
16259 del 1989 ; Cass Sez. 4 n. 1982/99; Cass Sez. 4 n. 24973/09)
Anche il ricorso di A.A. è palesemente inammissibile in quanto il
ricorrente ha proposto generiche doglianze che si riflettono sui criteri di valutazione del
materiale probatorio, puntualmente delibato dei giudici del gravame i quali hanno offerto
– su tutti i punti della vicenda – una motivazione del tutto esauriente, contestabile solo
proponendo una non consentita lettura alternativa dei fatti. I motivi proposti risultano,
pertanto, solo formalmente evocativi dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto
sono articolati esclusivamente sulla base di rilievi in punto di ricostruzione del fatto e
delle responsabilità, tendenti ad una rivalutazione delle relative statuizioni adottate dai
giudici di merito. Coerenti e corrette sono le sentenze di merito sia per ciò che attiene
alla qualificazione giuridica dei fatti, sia per quanto riguarda la affermata non necessità al
fine del decidere dell’acquisizione delle riprese delle telecamere di videosorveglianza e la
mancata concessione di attenuanti generiche. I rilievi del ricorrente si limitano in sintesi
3

dunque, il ricorso mira a sollecitare un non consentito riesame del merito, mentre, sotto

ad una sterile riproposizione delle medesime doglianze già articolate nei motivi di appello,
senza che la replica a tal proposito offerta dai giudici d’appello abbia poi formato oggetto
di una autonoma ed articolata critica impugnatoria.- I motivi, pertanto, oltre che
palesemente infondati, sono anche privi del requisito della specificità.
L’inammissibilità del ricorso preclude l’accesso al rapporto di impugnazione ed impedisce
la declaratoria di prescrizione maturata con riguardo al reato sub b), dopo la pronuncia
impugnata (Sez. un., 27 giugno 2001, Cavalera, Cass. Sez. un. 23428/05 Bracale).

delle spese processuali e ciascuno della somma di C 1500,00 da versare alla Cassa delle
Ammende
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di euro millecinquecento alla Cassa
delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 18.10.2017
Sentenza a motivazione semplificata
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente

I ricorsi sono pertanto inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento

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