Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3313 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3313 Anno 2013
Presidente: MARZANO FRANCESCO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) TRAUNER SERGIO N. IL 08/03/1934
avverso l’ordinanza n. 6351/2010 TRIBUNALE di TARANTO, del
09/01/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTR1;
lette/fflatitele conclusioni del PG Dott. fp Le,
koN

Data Udienza: 06/12/2012

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Ritenuto in fatto
– Con ricorso in data 27.1.2012, il difensore di Sergio Trauner – imputato di lesioni e omicidio colposi plurimi e aggravati e disastro colposo nel procedimento penale n. 2822/99 pendente dinanzi il
Tribunale di Taranto – ha impugnato l’ordinanza emessa dal giudice
del dibattimento del 9.1.2012 con la quale è stata disattesa l’eccezione
di difetto di legittimatone attiva della parte civile Cosimo Damiano
Resta, con la conseguente ammissione della relativa costituzione nel
richiamato procedimento penale promosso, tra gli altri, anche nei
confronti del Trauner.
Con la proposta impugnazione, il ricorrente ha denunciato la
violazione, ad opera dell’ordinanza impugnata, dell’art. so c.p.p. in
relazione all’art. 178, comma 1, lett. b), del medesimo codice, con riferimento all’art. 606, lett. c), c.p.p..
In particolare, il ricorrente censura il carattere abnorme
dell’ordinanza impugnata, avendo la stessa ammesso il Resta a costituirsi parte civile in un procedimento penale promosso per fatti del
tutto estranei al danno alla persona dallo stesso denunciato nel proprio atto di costituzione (malattia professionale), né figurando, lo
stesso Resta, tra le persone offese al momento dell’emissione del decreto che disponeva il giudizio, così consentendo il compimento, da
parte del Resta, di un sostanziale atto di esercizio di azione penale
per fatti non considerati né contestati dalla pubblica accusa a carico
degli imputati tratti a giudizio nel procedimento de quo.
Sulla base di tali argomentazioni, il ricorrente ha concluso per
l’annullamento senza rinvio, siccome abnorme, dell’ordinanza impugnata.
Hanno depositato memoria Cosimo Damiano Resta e il procuratore generale presso la Corte di cassazione, concludendo, il primo,
per la dichiarazione d’inammissibilità, o comunque il rigetto, del ricorso, e il secondo, per l’annullamento del provvedimento impugnato, con l’adozione delle eventuali statuizioni consequenziali.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso è fondato.
In conformità alla censura critica sul punto esposta
dall’odierno ricorrente, dev’essere preliminarmente condivisa la deduzione relativa alla rilevabilità icto ocu/i dell’effettiva insussistenza,
in capo al Resta, dei requisiti minimi di legittimazione processuale
idonei a giustificarne l’ammissione alla costituzione di parte civile
nell’ambito del processo penale oggetto dell’odierno esame.
Al riguardo, varrà evidenziare come le ipotesi delittuose descritte nei capi d’imputazione sollevati nei confronti degli imputati si
riferiscano espressamente alla prospettata cooperazione colposa degli

i.

stessi nella commissione, in continuazione tra loro, di reati di omicidio e lesioni colposi plurimi e aggravati e di disastro colposo.
In relazione a nessuna di tali imputazioni il Resta figura come
persona offesa, con la conseguenza che lo stesso non potrebbe mai
conseguire, in caso di positivo accertamento della responsabilità penale degli imputati, un’eventuale condanna al risarcimento dei danni
per la malattia professionale asseritamente contratta a causa del
comportamento degli stessi; e ciò, tanto con riguardo ai reati di omicidio o lesioni colpose (contestati come commessi ai danni di soggetti
diversi dal Resta), quanto in relazione al reato di disastro colposo,
stante il carattere diffiisivo e non individualizzante della relativa
struttura offensiva, secondo la specifica costruzione dogmatica della
fattispecie.
La circostanza, inoltre, che la tradizionale struttura del processo penale ne preveda il necessario impulso su iniziativa del pubblico
ministero, esclude che il giudice investitone possa, nel corso del giudizio di merito, giungere alla delibazione di domande risarcitmie autonomamente proposte da parti private senza il previo riscontro della
pubblica accusa e il conseguente corrispondente esercizio dell’azione
penale.
Da tale premessa discende l’evidente erroneità del provvedimento in questa sede impugnato, nella parte in cui giudica irrilevante
la circostanza della mancata indicatone del Resta tra le persone offese dai reati contestati (essendosi la malattia professionale dallo stesso
denunciata manifestata solo dopo l’emissione del decreto che dispone
il giudizio), avendo il giudice a quo inammissibilmente pretermesso,
ai fini della qualificazione del Resta quale persona offesa dai reati
contestati agli imputati, la necessaria mediazione dell’intervento del
pubblico ministero nell’accertamento dell’effettiva sussistenza della
malattia professionale denunciata (e della sua connessione causale
con i fatti ascritti agli imputati) e nella successiva iniziativa accusatoria diretta a sottoporre l’esito di tali accertamenti al giudizio di merito.
3. – Ciò posto, occorre procedere all’esame della prospettata
questione del carattere ‘abnorme’ del provvedimento in questa sede
censurato, stante la mancata espressa previsione dell’impugnabilità,
dinanzi al giudice di legittimità, del provvedimento con il quale il
giudice di merito abbia ammesso la costituzione di parte civile nel
processo penale di un soggetto, la cui carenza di legitimatia ad causam appare affetta da una tale radicale estraneità all’oggetto del giudizio, da porsi al di fuori della fisiologica dinamica valutativa che presiede all’esercito del potere, pur spettante al giudice di merito, di
procedere, in limine litis, all’ammissione ovvero all’esclusione della
costituzione di parte civile.

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E tanto, in relazione ai principi desumibili dall’insegnamento
della giurisprudenza di legittimità secondo cui — in caso di esclusione
della costituzione della parte civile per la mancanza di un rapporto di
causalità diretta tra il danno denunciato e i fatti di cui all’imputazione
— dev’essere disconosciuto il carattere ‘abnorme’ del corrispondente
provvedimento del giudice, in quanto rientra, nel potere-dovere di
questi, l’esercizio della valutazione di ammissibilità in ordine alla ridetta costituzione di parte civile (Cass., Sez. 3, n. 4364/2012, Rv.
251917; v. anche Cass., Sez. 6, n. 4803/1995, Rv. 204140), salvo il riscontro dell’eventuale abnormità del provvedimento impugnato
(Cass., Sez. 3, n. 39321/2009, Rv. 244610).
Conviene peraltro ricordare, sul tema dell’abnormità dei provvedimenti emessi nella materia della costituzione di parte civile, la
decisione con la quale è stato giudicato abnorme il provvedimento
del tribunale di revoca dell’ordinanza dibattimentale con cui si dichiarava inammissibile l’istanza di costituzione di parte civile, in ragione del principio generale dell’impugnabilità delle ordinanze dibattimentali soltanto unitamente alla sentenza e in considerazione del
fatto che, comunque, al danneggiato non è impedito di esercitare l’azione di danno in sede civile (Cass., Sez. 4, n. 6633/2009, Rv.
242728).
È noto che la figura dell’abnormità dei provvedimenti del
giudice rappresenta il risultato di una lunga elaborazione giurisprudenziale con cui – a partire dall’entrata in vigore del codice del 1930 è stata creata, accanto a quella tradizionale della invalidità, la categoria del provvedimento abnorme. L’intento dichiarato di tale operazione d’integrazione normativa è stato quello di introdurre un correttivo al principio della tassatività dei mezzi d’impugnazione, nel senso
che si è inteso apprestare il rimedio del ricorso per cassazione contro
quei determinati provvedimenti che, pur non essendo oggettivamente
impugnabili, risultino, tuttavia, affetti da anomalie genetiche o funzionali così radicali da non poter essere inquadrati in alcuno schema
legale e da giustificarne la qualificazione dell’abnormità (Cass., Sez.
Un., Sentenza n. ii del 09/07/1997 Cc., dep. 31/07/1997).
Il ricorso per cassazione costituisce, pertanto, ‘1
z)-.Ì,io
strumento processuale utilizzabile per rimuovere gli e e i un
provvedimento che, per la singolarità e la stranezza del suo contenuto, deve essere considerato avulso dall’intero ordinamento giuridico”
(cfr. Cass., Sez. Un., 9 maggio 1989, Goria).
In mancanza di una definizione legislativa, la giurisprudenza
di questa Corte ha configurato il paradigma del provvedimento abnorme ponendone in risalto i caratteri salienti nel fatto che esso si discosta e diverge non solo dalla previsione di determinate norme ma
anche dall’intero sistema organico della legge processuale, tanto da
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porsi come atto insuscettibile di ogni inquadramento normativo e da
risultare imprevisto e imprevedibile rispetto alla tipizzazione degli atti processuali compiuta dal legislatore (Casa., Sez. Un., Sentenza n. 11
del 09/07/1997 Cc., dep. 31/07/1997, che richiama Cass., Sez. III, 9
luglio 1996, P.M. in proc. Cammarata; Casa., Sez. I, 19 maggio 1993,
La Ruffa ed altro, Cass., Sez., VI, 19 novembre 1992, Bosca; Cass.,
Sez. 5, Ordinanza n. 1338 del 22/06/1992 Cc., dep. 03/08/1992, P.M.
in proc. Zinno).
In altre decisioni è stato precisato che è abnorme non solo il
provvedimento che, per la sua singolarità, non sia inquadrabile
nell’ambito dell’ordinamento processuale, ma anche quello che, pur
essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al
di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite (Casa. Sez. III, 21 febbraio 1997, Cazzaniga ed altro;
Casa., Sez. I, li giugno 1996, P.M. in proc. Settegrana; Cass., Sez. V,
13 gennaio 1994, P.M. in proc. Marino ed altro).
Nella ricerca degli elementi qualificanti la figura del provvedimento abnorme è stato altresì stabilito che l’atto abnorme rappresenta un’evenienza del tutto eccezionale essendo emesso in assoluta
carenza di potere, oltre che con radicale divergenza dagli schemi e
dai principi ispiratori dell’ordinamento processuale (Cass., Sez. VI,
30 settembre 1993, Russo ed altro), e che l’abnormità inerisce soltanto a quei provvedimenti che si presentano avulsi dagli schemi normativi e non anche a quelli che, pur essendo emessi in violazione di specifiche norme processuali, rientrano tra gli atti tipici dell’ufficio che li
adotta (Casa., Sez. II, 10 aprile 1995, P.M. in proc. Saraceno): inoltre,
è stato posto in luce che l’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché, per la sua singolarità, si pone fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo
funzionale, quando, pur non estraneo al sistema normativo, determina la stesi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (Casa., Sez.
14 luglio 1995, P.M. in proc. Beggiato ed altri; Casa., Sez. V, ii marzo
1994, P.M. in proc. Luc,hino ed altro).
L’assenza di criteri omogenei e uniformi d’identificazione dei
caratteri distintivi del provvedimento abnorme ha contribuito a una
progressiva estensione di tale categoria alla quale la giurisprudenza
di legittimità ha fatto ricorso per rimuovere situazioni processuali extra ordinern – altrimenti non eliminabili – create da provvedimenti
del giudice inficiati da anomalie genetiche o funzionali che ne impediscono l’inquadramento nei tipici schemi normativi e li rendono incompatibili con le linee fondanti del sistema processuale (Cass., Sez.
Un., Sentenza n. il del 09/07/1997 Cc., dep. 31/07/1997).
È opportuno, poi, osservare come il legislatore del 1988, pur
prendendo atto del diritto vivente e della flessibilità inerente alla nozione di provvedimento abnorme, abbia preferito astenersi da qual-

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siasi diretto intervento normativo, motivando la scelta dell’esclusione
di un’espressa previsione dell’impugnazione dei provvedimenti abnormi con “la rilevante difficoltà di una possibile tipizzazione e la
necessità di lasciare sempre alla giurisprudenza di rilevarne l’esistenza e di fissarne le caratteristiche ai fini della impugnabilità. Se
infatti, proprio per il principio di tassatività, dovrebbe essere esclusa ogni impugnazione non prevista, è vero pure che il generale rimedio del ricorso per cassazione consente comunque l’esperimento
di un gravame atto a rimuovere un provvedimento non inquadrabile nel sistema processuale o adottato a fini diversi da quelli previsti
dall’ordinamento” (Relazione al prog. prel., pag. 126).
5. — Ad esito della lunga elaborazione giurisprudenziale delle
sezioni unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., n. 7/1989, Rv. 181303;
Casa., Sez. Un., n. 10997, Rv. 208221; Casa., Sez. Un., n. 17/1997,
Rv. 209603; Cass., Sez. Un., n. 26/1999, Rv. 215094; Cass., Sez. Un.,
n. 33/2000, Rv. 217244; Casa., Sez. Un., n. 4/2001, Rv. 217760;
Casa., Sez. Un., n. 22909/2005, Rv. 231162; Casa., Sez. Un., n.
5307/2007, Rv. 238239), la più recente riflessione delle stesse sezioni unite in thema è tornata a ribadire come la categoria dell’abnormità è stata elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza in stretto
collegamento con il tema della tassatività, che, come è noto, pervade
il regime delle impugnazioni, in genere, e del ricorso per cassazione
in specie. Rimedio, quest’ultimo, che, significativamente, racchiude
in sé l’esigenza di approntare uno strumento – eventualmente alternativo e residuale rispetto a tutti gli altri rimedi – che assicuri il controllo sulla legalità del procedere della giurisdizione (Cass., Sez. Un.,
Sentenza n. 25957 del 26/03/2009 Cc., dep. 22/06/2009).
L’abnormità, quindi, più che rappresentare un vizio dell’atto in
sé, da cui scaturiscono determinate patologie sul piano della dinamica processuale, integra – sempre e comunque – uno sviamento della
funzione giurisdizionale, la quale non risponde più al modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento. Tanto che si tratti di un atto strutturalmente `eccentrico’ rispetto a quelli positivamente disciplinati,
quanto che si versi in un’ipotesi di atto normativamente previsto e
disciplinato, ma ‘utilizzato’ al di fuori dell’area che ne individua la
funzione e la stessa ragione di essere nellIter procedimentale, ciò
che segnala la relativa abnormità è proprio l’esistenza o meno del ‘potere’ di adottarlo (Casa., Sez. Un., Sentenza n. 25957 del 26/03/2009
Cc., dep. 22/06/2009, cit.).
In questa prospettiva, dunque, abnormità strutturale e funzionale si saldano all’interno di un `fenomeno’ unitario. Se all’autorità
giudiziaria può riconoscersi l’attribuzione circa l’adottabilità di un
determinato provvedimento, i relativi eventuali vizi saranno solo

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quelli previsti dalla legge, a prescindere dal fatto che da essi derivino
effetti regressivi del processo. Ove, invece, sia proprio l’attribuzione a
far difetto – e con essa, quindi, il legittimo esercizio della funzione
giurisdizionale – la conseguenza non potrà essere altra che quella
dell’abnormità, cui consegue l’esigenza di rimozione.
Trova dunque conferma il principio secondo cui deve ritenersi
affetto da vizio di abnormità, sotto un primo profilo, il provvedimento che, per singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso
dall’intero ordinamento processuale, ovvero quello che, pur essendo
in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori
dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole
limite. Sotto altro profilo, si è detto che l’abnormità può discendere
da ragioni di struttura allorché l’atto si ponga al di fuori del sistema
organico della legge processuale, ovvero può riguardare l’aspetto funzionale nel senso che l’atto stesso, pur non essendo estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (Ca&s., Sez. Un, n. 25957/2009, Rv. 243590, M.).
6.
Pervenendo all’esame del caso di specie, ritiene questa
corte che il provvedimento di ammissione (ovvero il provvedimento
di rigetto dell’eccezione riferita) alla costituzione di parte civile di un
soggetto il quale deduca il ricorso di conseguenze dannose totalmente
e radicalmente estranee ai fatti dedotti nella descrizione dei capi di
imputazione sollevati nei confronti degli imputati, deve ritenersi pienamente riconducibile alla categoria dell’abnormità così come descritta nel richiamato insegnamento delle sezioni unite.
E infatti, pur costituendo, detto provvedimento di ammissione, la manifestazione in astratto di un legittimo potere del giudice di
merito, lo stesso deve ritenersi esplicato, nel caso concreto, al di fuori
dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole
limite, integrando uno sviamento della funzione giurisdizionale, tale
da non rispondere più al modello previsto dalla legge, per collocarsi
al di là del perimetro entro il quale tale funzione è riconosciuta
dall’ordinamento (Ca.ss., Sez. Un, n. 25957/2009, Rv. 243590, cit.).
In breve, l’inserimento, nel quadro del dibattito processuale, di
un soggetto totalmente estraneo ai fatti per cui si procede determina
una distorsione dei meccanismi del processo penale non altrimenti
eliminabile, da un lato sottraendo ogni forma di possibile controllo,
da parte del pubblico ministero, dell’esercizio dell’azione penale (in
difformità ai principi fondamentali sul punto dettati dalla Costituzione: art. 112 Cost.), dall’altro imponendo in ogni caso, a ciascun imputato (al di là della sempre possibile pronuncia di una sentenza di rigetto o d’inammissibilità dell’azione civile), di difendersi, nel corso
della fase di merito, da accuse riferite a fatti rispetto ai quali nessun
esercizio dell’azione penale è stato legittimamente operato dalla pub—

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7. – Sulla base delle argomentazioni che precedono, dev’essere
dunque accertata la radicale abnormità del provvedimento in questa
sede impugnato dal ricorrente, con la conseguente pronuncia del relativo annullamento senza rinvio.

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio il provvedimento impugnato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6.12.2012.

blica accusa, e senza che, dall’eventuale accertamento positivo degli
stessi fatti, possa eventualmente derivare un qualche effetto favorevole per la parte privata.
E tanto, di là dall’elementare considerazione della persistente
possibilità, conservata al danneggiato, di esercitare l’azione di danno
in sede civile.

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