Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3310 del 07/01/2014
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3310 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GALLO DOMENICO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NDIAYE EL HADIJ BALLA, nato in Senegal il 3/3/1968,
avverso la sentenza 12/07/2013 del Tribunale di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del
Sostituto
Procuratore generale, Eduardo Scardaccione, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.
Con sentenza in data 12/07/2013, il Tribunale di Genova applicava,
ex art. 444 c.p.p., a NDIAYE EL HADI3 BALLA le pena di anni due, mesi uno
di reclusione ed €.400,00 di multa per i reati di rapina impropria, resistenza
a p.u. e lesioni personali.
2.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, deducendo vizio
della motivazione in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. con riferimento al
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Data Udienza: 07/01/2014
reato di resistenza a p.u. Si duole, inoltre, dell’applicazione dell’aggravante
di cui all’art. 576, comma 5 bis. Cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti
2.
Le parti, infatti, una volta intervenuto l’accordo e la ratifica del
giudice non possono più recedere dal patteggiamento e non possono
proporre eccezioni o censure in ordine al merito delle valutazioni sottese al
prestato consenso, o ad eventuali nullità verificatesi nella fase
procedimentale, alla sussistenza ed alla soggettiva attribuzione del fatto,
all’applicazione e comparazione delle circostanze, all’entità e modalità di
applicazione della pena (Cass. Sez. I, Sentenza n. 6898/1997 e n.
6545/1998).
3.
L’applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a fare
valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta diversa da quelle
attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato
(Cass. 5^ 1.4.99 n. 7262). Le parti che sono pervenute all’applicazione
della pena su loro richiesta non possono proporre in sede di legittimità
questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il
fatto contestato e per la qualificazione giuridica risultante dalla
contestazione; l’accusa, come giuridicamente qualificata, non può essere
rimessa in discussione (Cass. 6″ 2.3.99 n. 2815, ud. 21.1.99, rv. 213471).
Occorre, poi, rilevare che l’obbligo di motivazione da parte del giudice è
assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva
valutazione dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti (Cass. 28.2.00,
RM. in proc. Cricchi) e quindi dell’effettuato controllo degli elementi di cui
all’art. 129 cod. proc. pen. conformemente ai criteri di legge. Inoltre è
pacifico che: “in tema di patteggiamento, qualora sia concordata la misura
finale di una pena, oggetto del controllo affidato al giudice è la pena finale
così concordata, in quanto esprimente la sostanziale volontà delle parti,
indipendentemente da eventuali errori nei calcoli intermedi.” (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 5054 del 21/10/1999 Cc. (dep. 11/11/1999 ) Rv. 216373; Sez.
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nel giudizio di legittimità.
6, Sentenza n. 1705 del 06/05/1999 Cc. (dep. 16/06/1999) Rv. 214742).
4.
Nel caso di specie il giudice ha correttamente adempiuto all’obbligo
della motivazione nei termini di cui sopra.
5.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro millecinquecento alla Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 7 gennaio 2014
Il Consigliere estensore
Il Presidente
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché –