Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3305 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3305 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Catanzaro pasquale, nato il 11..4.1971 avverso la
ordinanza del GIP del Tribunale di Lamezia Termedel 21.3.2013.Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; lette le
conclusioni del sostituto procuratore generale Nicola Lettieri, il quale ha
concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il GIP del Tribunale di Lamezia Terme ha rigettato
l’istanza di rimessione in termini presentata dall’odierno ricorrente per
proporre opposizione al decreto penale di condanna alla pena di euro 6994,50
di ammenda per i reati di cui agli articoli 81 comma 2 0 , 110, 483, 640 comma
2 0 n. 1, cod. pen.
Catanzaro Pasquale ricorre assistito da difensore lamentando violazione di
legge in relazione all’art. 175 cod. proc. pen. avendo il giudice motivato il
proprio provvedimento ritenendo non sussistere un errore scusabile nella
condotta di chi, avendo ricevuto personalmente notifica del provvedimento in
oggetto, non si è avveduto della natura dello stesso, e ciò per essere persona

Data Udienza: 20/12/2013

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di scarsa scolarizzazione e per di più raggiunta nello stesso periodo da altre e
diverse intimazioni a cura dell’Inps, tra le quali aveva creduto rientrasse
anche la notificazione del decreto penale di condanna. Si osserva infatti nel
ricorso come in nessun modo il giudice abbia motivato sul perché sarebbe
risultato chiaramente che il Catanzaro, versando nelle descritte condizioni,
avrebbe avuto effettiva conoscenza del procedimento e del provvedimento ed
avrebbe volontariamente rinunciato all’esercizio dei propri diritti nel processo.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Certamente, a seguito della riforma dell’art. 175 c.p.p., operata dal D.L. 21
febbraio 2005, n. 17, conv. con modificazioni, nella L. 22 aprile 2005, n. 60,
la “incolpevole ignoranza” non costituisce più il presupposto di applicazione
dell’istituto della restituzione in termini, che deve essere concessa nel caso in
cui l’imputato non abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento. Il
giudice, per respingere l’istanza, deve quindi ritenere provata l’effettiva
conoscenza.
Questa corte ha avuto modo di decidere che ” la notificazione del decreto
penale effettuata al difensore di ufficio nominato domiciliatario in fase
preprocessuale non può ritenersi di per sè idonea a dimostrare l’effettiva
conoscenza del procedimento o del provvedimento in capo all’imputato, salvo
che la conoscenza non emerga aliunde ovvero non si dimostri che il difensore
di ufficio è riuscito a rintracciare il proprio assistito e ad instaurare un effettivo
rapporto professionale con lui (Sez. 1^, n. 8225 del 10/02/2010 – dep.
02/03/2010, Zamfir, Rv.246630); in effetti, numerose pronunce hanno
sottolineato il diverso effetto della nomina di un difensore di fiducia e di quella
di un difensore di ufficio, in quanto solo la prima presuppone l’effettivo
esercizio dell’attività difensiva.Nel caso di specie, comunque, il ricorrente ha
documentalmente provato di non avere avuto conoscenza del decreto penale
emesso nei suoi confronti prima della ricezione della raccomandata inviatagli
dal difensore d’ufficio: ciò è ritenuto pacifico dallo stesso Giudice che ha
emesso l’ordinanza impugnata” (Cass. Sez. I, 16.5.2013, n. 26278).
Nel caso in esame la notifica risulta regolarmente perfezionatasi presso
l’odierno ricorrente, che in tal modo è stato pienamente posto in condizione di
avere certa ed assoluta conoscenza del contenuto della notificazione
medesima.
Pertanto sarebbe spettato al ricorrente di indicare le circostanze straordinarie
ed eccezionali che, nonostante la notifica per perfezionatasi direttamente nei

CONSIDERATO IN DIRITTO

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confronti della sua persona, abbiano nondimeno impedito l’effettiva
conoscenza dell’atto.
Nel ricorso si allegano soltanto la condizione di scarsa alfabetizzazione del
ricorrente nonché il fatto che lo stesso avesse ricevuto nel periodo numerose
intimazioni di natura diversa. Si precisa che tali intimazioni provenivano
dall’Inps, e che il ricorrente avrebbe equivocato sulla natura della notificazione
del decreto penale di condanna ritenendo che si fosse trattato di una

In tal modo, nello stesso ricorso, non soltanto si dà atto che il ricorrente ha
avuto piena e diretta cognizione del documento notificato, ma si riferisce pure
la capacità del ricorrente di rendersi conto della natura dell’atto (avendo egli
correttamente classificato le ulteriori notificazioni come provenienti dall’Inps),
e si dichiara un semplice equivoco in cui sarebbe caduto il ricorrente per aver
confuso gli atti ricevuti gli uni con gli altri.
Cosicché le doglianze, volte ad argomentare la ricorrenza di un errore
scusabile, si mostrano del tutto infondate.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deliberato il 20.12.2013

ennesima intimazione dell’Inps.

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