Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33016 del 10/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33016 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1) Simone Orru’, nato a Cagliari il 3.2.1984;
2) Giuseppe Orru’, nato a Cagliari il 9.4.1964;
3)

Maria Gabriella Cocco, nata a Cagliari il 31.3.1965;

avverso la sentenza del 1° ottobre 2013 emessa dalla Corte d’appello di
Cagliari;
visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale Roberto Aniello, che ha
concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Cagliari ha
confermato la sentenza del 14 dicembre 2011 con cui il Tribunale locale aveva
ritenuto Simone Orrù, in concorso con i propri genitori Giuseppe Orrù e Maria

Data Udienza: 10/04/2014

Gabriella Cocco, responsabile di simulazione di reato per avere falsamente
denunciato telefonicamente il furto del motociclo Honda di sua proprietà, con
cui invece aveva avuto un incidente avvenuto a Selargius con l’autovettura
Citroen condotta da Roberto Lallai; Simone Orrù veniva altresì ritenuto
responsabile del reato di guida senza patente e di violazione della misura

2. Tutti e tre gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.

2.1. Nell’interesse di Simone Orrù il difensore di fiducia ha dedotto
l’erronea applicazione delle norme in materia di concorso, sostenendo inoltre
che nel caso in esame i giudici avrebbero dovuto qualificare il fatto come
favoreggiamento.

2.2. L’avvocato Stefano Piras, nell’interesse di Giuseppe Orrù, ha dedotto
l’erronea applicazione dell’art. 367 c.p., ritenendo insussistente il reato per la
buona fede dell’imputato e in considerazione del fatto che la denuncia orale
non avrebbe provocato alcun intralcio alla giustizia, dal momento che
immediatamente i militari compresero che a guidare il motociclo si trovava
proprio Simone Orrù.

2.3. L’avvocato Marco Lisu, nell’interesse di Maria Gabriella Cocco, ha
denunciato il vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge penale,
rilevando, da un lato, l’insussistenza del reato per l’inoffensività della condotta
rispetto al bene giuridico tutelato, dall’altro, la mancata considerazione della
ritrattazione dell’imputata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

I motivi contenuti nei ricorsi proposti nell’interesse di Simone e

Giuseppe Orrù sono infondati.
La sentenza impugnata ha offerto una ricostruzione dei fatti del tutto
logica e coerente: essa si fonda sulla testimonianza di Roberto Lallai, il quale
ha riconosciuto Simone Orrù come il conducente della moto che provocò
l’incidente stradale che lo coinvolse mentre era alla guida della sua

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della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

autovettura, nonché sulle prime indagini della p.g. che hanno accertato che
Simone Orrù era privo della patente di guida, sottoposto alla misura di
sorveglianza speciale di p.s. e che il suo motociclo era privo di copertura
assicurativa. Sulla base di questi elementi i giudici di merito hanno ritenuto
che Simone Orrù sia fuggito subito dopo l’incidente, accaduto alle ore 20, per
evitare le conseguenze derivanti dalla serie di irregolarità commesse e che si

ore 20.40, alla Stazione dei Carabinieri denunciando falsamente il furto della
moto. I giudici hanno rilevato come anche dal punto di vista temporale tale
ricostruzione sia coerente, in quanto Simone Orrù ha avuto tutto il tempo di
tornare a casa e di concordare con il padre la falsa denuncia della moto,
finalizzata, come si è detto, ad evitare le conseguenze derivanti dal fatto che
circolava senza patente di guida a bordo di un mezzo privo di assicurazione.
Pertanto, nessun vizio si riscontra nella motivazione della decisione.
D’altra parte, deve ritenersi corretta anche la qualificazione del reato.
Con la telefonata diretta ai Carabinieri Giuseppe Orrù ha effettuato una
vera e propria denuncia orale, in cui ha affermato essere avvenuto il furto
della moto, ponendo in essere il delitto di simulazione di reato, che si
configura, nella sua forma diretta, quando con denuncia o querela,
presentata, come in questo caso, alla polizia giudiziaria che ha l’obbligo di
riferire all’autorità giudiziaria, si afferma falsamente essere avvenuto un
reato, determinando in tal modo l’inizio di un procedimento penale per
accertare l’esistenza del reato stesso.
La sussistenza di quest’ultimo elemento del reato viene contestato nel
ricorso proposto nell’interesse di Giuseppe Orrù, sostenendo che la denuncia
era apparsa sin dall’inizio inverosimile, avendo i Carabinieri, immediatamente
dopo l’incidente, compreso che alla guida della moto vi fosse proprio Simone
Orrù.
Invero, deve ritenersi corretta la valutazione compiuta dalla Corte
territoriale che ha ritenuto la telefonata “idonea a provocare le investigazioni”.
Ai fini della configurabilità della simulazione di reato è necessario che la falsa
denuncia determini l’astratta possibilità di un’attività degli organi inquirenti
diretta all’accertamento del reato denunciato, sicché la sussistenza del reato
può essere esclusa solo quando la denuncia, per la sua intrinseca
inverosimiglianza susciti l’immediata incredulità ed il sospetto degli organi che

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sia precipitato a casa dal padre il quale, su sua istigazione, ha telefonato, alle

la ricevono, che si determinano al compimento delle indagini al solo fine di
stabilirne la veridicità e non già per accertare i fatti denunciati. Nel caso in
esame, la denuncia orale non possedeva alcun carattere di
“inverosimiglianza”, tanto è vero che i Carabinieri hanno iniziato le prime
indagini dirette alla identificazione del conducente della moto che, secondo la
falsa denuncia, sarebbe stato anche l’autore del furto denunciato da Giuseppe

stato Simone Orrù non consente di considerare inverosimile la denuncia, ma
ciò va attribuito alla sagacia investigativa dei Carabinieri.
Il reato previsto dall’art. 367 c.p. è reato di pericolo, per cui è sufficiente
l’idoneità della simulazione a determinare l’astratta possibilità dell’inizio di un
procedimento penale: d’altra parte, deve ritenersi che l’inizio del
procedimento penale non è un evento che deve conseguire dal fatto preso in
considerazione dalla norma incriminatrice, ma è un’attitudine della condotta,
che deve essere idonea a che possa derivarne quell’effetto.
Nella specie, i giudici di merito, sulla base di una motivazione adeguata e
coerente, hanno riconosciuto l’idoneità della denuncia, così come richiesto
dalla norma.
Pertanto i ricorsi di Giuseppe e Simone Orrù devono essere rigettati con
la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

4. E’, invece, fondato il ricorso presentato nell’interesse di Gabriella
Cocco, sebbene per ragioni leggermente diverse da quelle dedotte.
Secondo la sentenza impugnata la Cocco avrebbe concorso nel reato di
simulazione recandosi sul luogo del sinistro e confermando il contenuto della
falsa denuncia già effettuata dal marito, sostenendo che la moto coinvolta
nell’incidente sembrava quella del figlio che era stata rubata.
Invero, dalla stessa sentenza emerge che il supposto contributo alla falsa
denuncia, che ha giustificato la responsabilità della Cocco a titolo di concorso,
sarebbe intervenuto a denuncia già effettuata, per cui deve escludersi che vi
sia stato un apporto precedente, che abbia in qualche modo rafforzato la
condotta posta in essere dall’unico denunciante, cioè Giuseppe Orrù.
Se si considera che la simulazione di reato è reato istantaneo di pura
condotta, che quindi si consuma con la semplice denuncia idonea a provocare
investigazioni, deve riconoscersi che mancano elementi per ritenere che la

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Orrù; il fatto che abbiano compreso, in poco tempo, che a guidare la moto era

Cocco abbia concorso nel reato in questione. La condotta attribuita in
sentenza alla ricorrente può essere considerata un mero post factum.
Ne consegue che, nei confronti della sola Maria Gabriella Cocco, la
sentenza deve essere annullata senza rinvio per non avere l’imputata
commesso il fatto.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Maria
Gabriella Cocco per non aver commesso il fatto.
Rigetta gli altri ricorsi e condanna i relativi ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso il 10 aprile 2014

Il Consigl re estensore

P. Q. M.

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