Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33013 del 15/05/2014
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33013 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: VERGA GIOVANNA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MORIONDO CARLO N. IL 19/07/1941
avverso l’ordinanza n. 580/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
23/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ii,42)2,- 31 rrn o 6-ace<
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e.„9- (7, Uditi difensor Avv.; Data Udienza: 15/05/2014 MOTIVI DELLA DECISIONE
Ricorre per cassazione Moriondo Carlo avverso il provvedimento del Tribunale del riesame di
Roma che in data 23 ottobre 2013 ha confermato il decreto di sequestro preventivo ai fini della
confisca per equivalente dei saldi attivi rinvenibili sui conti bancari, nonché delle proprietà
immobiliari e mobiliari a lui intestate fino alla concorrenza della somma di euro 6.121.335,09
in relazione a contestazioni ai sensi dell'articolo 640 bis c.p.
Lamenta il ricorrente l'illegittimità della misura cautelare disposta per carenza dei presupposti 2012 e sostiene che prima di tale data non era possibile confiscare per il reato in argomento il
profitto ma solo il prezzo. A sostegno della propria tesi evidenzia che solo con la cosiddetta
legge Severino è stata introdotta l'equiparazione tra prezzo e profitto.
Lamenta altresì la nullità dell'ordinanza per vizio della motivazione con riguardo al fumus.
Il ricorso è infondato ai limiti dell'inammissibilità.
In tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di "violazione di legge" per cui
soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'art. 325 c.p.p., comma 1,
rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente
apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali; ne consegue che
non possono essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi della motivazione,
atteso che nel predetto concetto di "violazione di legge", come indicato nell'art. 111 Cost. e
art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), non rientrano anche la mancanza e la manifesta
illogicità della motivazione, che sono invece separatamente previsti come motivo di ricorso
(peraltro non applicabile al ricorso ex art. 325 c.p.p.) dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e),
(Cass. SS.UU., 28.1.2004 n. 5876).
Il sindacato demandato alla Corte di Cassazione in subiecta materia ha pertanto un orizzonte
circoscritto, dovendo essere limitato, per espresso disposto normativo, alla assoluta mancanza
di motivazione ovvero alla presenza di motivazione meramente apparente. E la giurisprudenza
di questa Corte ha avuto modo altresì di evidenziare (Cass. sez. 2^, 22.5.1997 n. 3513), con
riferimento alla problematica del riesame delle misure cautelari, che il legislatore ha in tal
modo inteso sanzionare l'elusione da parte del giudice del riesame del suo compito istituzionale
di controllo "in concreto" del provvedimento impugnato, riconducibile alla prescrizione
dell'obbligo di motivazione di cui all'art. 125 c.p.p., comma 3, sanzionato a pena di nullità, e
dunque deducibile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c).
Deve aggiungersi che la verifica delle condizioni di legittimità della misura, da parte (prima)
del Tribunale e (poi) della Corte di legittimità, non può tradursi in un'anticipata decisione della
questione di merito, concernente la responsabilità del soggetto indagato, in ordine al reato
oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie
concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria dell'antigiuridicità del
fatto.
1 e condizioni di applicabilità. Evidenzia che il reato è stato commesso prima del 28 novembre Non vi può infatti essere alcun dubbio in ordine alla differenza dei presupposti necessari per
l'applicazione delle misure cautelari personali e di quelle reali. In effetti, come è stato ribadito
anche dalla Corte Costituzionale (vedi ordinanza n. 153 del 2007 della Corte Costituzionale,
che ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 324 c.p.p. in relazione all'art. 111 Cost., comma 2, nella parte in cui limiterebbe i
poteri del Tribunale del riesame alla verifica della sola astratta possibilità di sussumere il fatto
in una determinata ipotesi di reato), per le misure cautelari reali non è richiesto il presupposto
della gravità indiziaria, postulato, invece, in tema di cautele personali, in correlazione alla Tale ratio si riflette anche sulla ampiezza del sindacato giurisdizionale relativo alla verifica della
base fattuale richiesta per l'adozione delle misure cautelari, valendo il paradigma della
qualificata probabilità di responsabilità nelle misure cautelari personali ed il diverso metro del
fumus commissi delicti in tema di sequestri.
I principi enunciati non comportano, però, che il sindacato giurisdizionale operato dal Tribunale
del riesame e dalla Corte di Cassazione sulla compatibilità tra la fattispecie concreta e quella
legale debba essere meramente astratto e puramente cartolare, disancorato da ogni
valutazione della effettiva situazione concreta.
La Corte costituzionale con la sentenza n. 48/1994 in tema di misure cautelari reali aveva già
affermato che "il controllo che il giudice è chiamato a operare è tutt'altro che burocratico,
dovendosi invece incentrare sulla verifica della integralità dei presupposti che legittimano la
misura", precisando che "neppure è però a dirsi che il controllo del giudice non possa in alcun
modo spingersi all'esame del fatto per il quale si procede".
Sulla scia di queste importanti affermazioni, le Sezioni unite di questa Corte hanno meglio
definito il potere del giudice in tema di sequestro probatorio o preventivo, affermando che il
giudice, nel compiere il controllo di legalità che gli spetta, non deve limitarsi a "prendere atto"
della tesi accusatoria, ma, senza spingersi sino a una verifica in concreto della sua fondatezza,
deve valutare se gli elementi di fatto rappresentati consentono di sussumere l'ipotesi formulata
in quella tipica, "tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della
fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro"
(Sez. Un. n. 23 del 20.11.1996, dep. 29.1.1997, Bassi, rv. 206657; Sez. Un. n. 7/2000).
E' stato così affermato che l'unica differenza che corre tra giudice cautelare e giudice del
merito è che il primo non ha poteri di istruzione e di valutazione probatoria, che sono
incompatibili con la natura cautelare del giudizio, ma che tuttavia conserva in pieno il potere di
valutare in punto di diritto se sulla base delle prospettazioni hic et inde dedotte ricorra il reato
contestato. Si tratta di una valutazione provvisoria dettata dalla urgenza, che dovrà essere
approfondita dal giudice di merito dopo il compimento della istruzione probatoria, ma che deve
essere reale, al fine di evitare che il controllo di garanzia del giudice sia vanificato, lasciando
così al solo Pubblico Ministero il potere di espropriare unilateralmente, sia pure non a tempo
indeterminato, diritti patrimoniali garantiti dalla Costituzione.
2 7/ diversità, pure di rango costituzionale, dei valori coinvolti. Nel caso di specie il giudice del riesame ha fatto corretta applicazione del principi espressi
dando atto di avere esaminato e valutato gli elementi accusatori e quelli prospettati dalla
difesa e all'esito di essere pervenuto alla affermazioni di sussistenza del fumus di cui ha dato
conto nel provvedimento in questa sede censurato.
Le censure mosse all'impugnato provvedimento prospettano una richiesta di rivalutazione del
merito, inammissibile in questa sede dove deve essere apprezzata solo la presenza di seri
indizi della sussistenza del fumus e del periculum, delle quali la piena prova è riservata al
merito. carenza dei presupposti e condizioni di applicabilità per non essere confiscabile il profitto del
reato in argomento ma solo il prezzo. Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte il
sequestro preventivo, funzionale alla confisca, disposto nei confronti della persona sottoposta
ad indagini per uno dei reati previsti dall'art. 640 quater cod. pen. può avere ad oggetto beni
per un valore equivalente non solo al prezzo, ma anche al profitto del reato, in quanto la citata
disposizione richiama l'intero art. 322 ter cod. pen. ( Cass SSUU n. 41936 del 2005 Rv.
232164; N. 30790 del 2006 Rv. 234886, N. 10838 del 2007 Rv. 235829, N. 23425 del
2007 Rv. 236784; N. 26792 del 2011 Rv. 250757)
Il ricorso deve pertanto essere respinto ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese
processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deliberato in Roma 15.5.2014 Il ricorso è infondato anche con riguardo alla sollevata illegittimità della misura cautelare per