Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33012 del 29/01/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33012 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PAOLONE DAVIDE N. IL 29/08/1983
avverso la sentenza n. 235/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
22/09/2010
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 29/01/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 maggio 2008 il Tribunale di Pescara ha dichiarato non
doversi procedere nei confronti di Paolone Davide in relazione al reato di cui
all’art. 4 legge n. 110 del 1975, accertato in Pescara il 26 dicembre 2005, per
essere il reato estinto per oblazione.
La Corte d’appello di L’Aquila, a seguito di appello del Procuratore Generale,
ha dichiarato, in riforma della sentenza di primo grado, l’imputato colpevole del

concessione delle attenuanti generiche, l’ha condannato alla pena di mesi due di
arresto, concedendo i benefici della sospensione della pena e della non menzione
e disponendo la confisca e distruzione dell’arma in sequestro.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di due
motivi.
Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione della legge penale,
dell’art. 111 Cost. e di ogni norma e principio in materia di giusto processo per
non avere la Corte d’appello disposto la celebrazione del dibattimento e svolto la
istruzione dibattimentale, che non avevano avuto luogo in primo grado, prima di
modificare la qualificazione del fatto e affermare la sua responsabilità penale.
Con il secondo motivo si è dedotto il vizio logico della motivazione, perché
non solo non vi è stata in primo grado istruzione dibattimentale, ma il Giudice
d’appello ha ritenuto, sulla base dell’erroneo presupposto della sua sussistenza,
di non procedere alla sua rinnovazione.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Le deduzioni svolte dal ricorrente circa i supposti vizi si risolvono, infatti, in
censure di merito in punto di fatto della sentenza impugnata, sorretta da
motivazione congrua in ordine alla sussistenza del fatto sulla base degli atti
legittimamente presenti nel fascicolo per il dibattimento di primo grado, e ritenuti
ragionevolmente idonei – senza necessità di espletamento della istruttoria
dibattimentale nel giudizio di appello – a comprovare il fatto e a fondarne la
disposta riqualificazione.

2

reato di cui all’art. 699 cod. pen., così riqualificato il fatto contestato, e, previa

2. La inammissibilità del ricorso preclude, in questa sede, di rilevare d’ufficio
l’intervenuto decorso del termine di prescrizione in data successiva alla sentenza
di appello (Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, dep. 22/06/2005, Bracale, Rv.
231164).
3.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità – al
versamento della somma, ritenuta congrua, di euro 1.000,00 in favore della

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Cassa delle ammende.

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