Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3301 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3301 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 19/12/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto da BERLINGIERI Cosimo, n. a Cosenza il
30.03.1983 avverso la sentenza n. 255/2013 del Giudice per le
indagini preliminari presso il Tribunale di Cosenza in data
29.05.2013;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
viste le conclusioni scritte presentate in data 02.10.2013 dal Sostituto
Procuratore generale dott. Piero Gaeta, che ha concluso chiedendo
che il ricorso fosse dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 29.05.2013, il Giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Cosenza, a norma dell’art.

1

444 cod. proc. pen., applicava nei confronti di BERLINGIERI
Cosimo la pena di mesi dieci e giorni venti di reclusione ed
euro 400,00 di multa per il reato di cui agli artt. 56, 628 cod.
pen.. Nel provvedimento, il giudice dava atto dell’accoglibilità
dell’intervenuto accordo tra le parti in relazione ai fatti-reato
compiutamente descritti e correttamente qualificati
nell’imputazione oltre che comprovati dall’informativa di polizia

giudiziaria che consentiva di dover escludere la ricorrenza di
alcuna delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. ed
essendosi positivamente risolta la verifica in ordine alla
congruità della pena ai fini e nei limiti fissati dall’art. 27 della
Costituzione.
2.

Avverso detta sentenza veniva proposto ricorso per cassazione
per asserita mancanza di motivazione essendosi dedotto che la
stessa fosse priva di quei requisiti motivazionali minimi di
esistenza, completezza e logicità del discorso in ordine alla
corretta qualificazione giuridica del fatto e alla insussistenza
dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.:
da qui la richiesta di annullamento della sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso è inammissibile per genericità ed infondatezza della
doglianza.

4.

Invero, come ripetutamente affermato da questa Suprema Corte
(cfr., ex plurimis, Cass. S.U. n. 10372, del 27/09/1995-dep.
18/10/1995, Serafino, rv. 202270), l’obbligo della motivazione
della sentenza di applicazione concordata della pena va
conformato alla particolare natura della medesima e deve
ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi
positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta
qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali
circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena
ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli

2

negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 cod. proc. pen.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una
delle ipotesi di cui all’articolo 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in
cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità,

motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è
stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono
le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della
disposizione citata. Nel procedimento speciale di applicazione
della pena su richiesta delle parti, il giudice decide, invero, sulla
base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se
sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le
stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli atti
medesimi. Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo
l’intervenuto e ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla
mancata applicazione dell’articolo 129 cod. proc. pen., senza
precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe
dovuto essere applicata nel momento del giudizio (Cass., Sez. 4,
n. 41408 del 17/09/2013-dep. 07/10/2013, Mazza, rv. 256401).
5. Fermo quanto precede, si osserva come a fronte di un
provvedimento congruamente motivato, si pone una censura
generica e senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione
impugnata: consegue pertanto l’inammissibilità del ricorso e, per
il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in euro 1.500,00

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.500,00
alla Cassa delle ammende.

dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una

Così deliberato in Roma il 19.12.2013

Dott. Andrea Pellegrino

Il Presidente
Ciro

Il Consigliere estensore

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