Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33004 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33004 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROBERTI COSIMO N. IL 23/08/1961
avverso la sentenza n. 546/2011 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 19/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. noin inni 3 1-09-1-4
che ha concluso per i i 4PY) .0–/W2 2–)9 (r2C-3-n ‘ /2?- 7

Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 15/05/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorre per Cassazione Roberti Cosimo avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce
sezione distaccata di Taranto che in data 19 febbraio 2013, in parziale riforma della sentenza
emessa dal locale tribunale che lo aveva condannato per truffa aggravata e continuata, gli
riduceva la pena confermandone nel resto l’impugnata sentenza.
Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. vizio della motivazione per mancanza di motivazione. Lamenta che non sono statie in

Lamenta la mancanza di motivazione in ordine agli elementi oggettivi del reato;
2. vizio di motivazione per illogicità;si duole del fatto che il giudicante in maniera del tutto
illogica non abbia preso in considerazione la circostanza, emersa dalle risultanze
istruttorie che le elargizioni effettuate dalla parte offesa avvenivano sotto forma di
prestito in maniera spontanea.

Il primo motivo è manifestamente infondato. Deve premettersi che in sede di legittimità non è
censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col
gravame quando la stessa è stata disattesa dalla motivazione della sentenza
complessivamente considerata. Per la validità della decisione non è infatti necessario che il
giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi
difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza
evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva
implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Qualora il provvedimento
indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese
determinanti per la formazione del convincimento del giudice, in modo da consentire
l’individuazione dell’iter logico – giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non
vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione ((Cass. Pen. Sez. 5,
2459/2000; Cass Sez. 2 N. 29439/2004; Cass Sez.2 n.29439/2009)
Il giudice di merito non è infatti tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni
delle parti ed a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo
invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e
risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo
convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo. Devono, infatti,
considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata.
Nel caso in esame il giudice d’appello non si è limitato a richiamare la sentenza di primo grado
che aveva già confutato tali doglianze, ma ha dato espressamente conto di avere esaminato in
maniera specifica le censure in esame e di essere pervenuto alla conclusione, con motivazione

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alcun modo approfondite le argomentazioni difensive proposte con motivi d’appello.

coerente e priva di vizi logici, che non vi era spazio per un’alternativa diversa da quella
sostenuta nella sentenza impugnata.
In questa sede il ricorrente, attraverso il vizio dell’omessa motivazione, non solo ha reiterato
le doglianze già esposte con i motivi d’appello che la Corte di merito aveva debitamente
disatteso, ma non ha nemmeno sostenuto il suo assunto con richiamo ad atti specifici e ben
individuati del processo che il giudice di merito avrebbe omesso di valutare. In proposito il
Collegio osserva che è ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio della c.d.
“autosufficienza” del ricorso in base al quale quando la doglianza fa riferimento ad atti

ricorrente suffragare la validità del proprio assunto mediante la completa trascrizione
dell’integrale contenuto degli atti specificatamente indicati o la loro allegazione (ovviamente
nei limiti di quanto era già stato dedotto in precedenza), essendo precluso alla Corte l’esame
diretto degli atti del processo, a meno che il fumus del vizio dedotto non emerga all’evidenza
dalla stessa articolazione del ricorso (cfr. Cass. n. 20344/06; Cass. n. 20370/06; Cass. n.
47499/07; Cass. n. 16706/08)
Al giudice di legittimità resta infatti tuttora preclusa – in sede di controllo della motivazione – la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal
giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa: un tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice
del fatto. Pertanto la Corte, anche nel quadro nella nuova disciplina, è e resta giudice della
motivazione.
Con riguardo alla seconda doglianza attinente alla tenuta argomentativa della sentenza deve
rilevarsi che il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne nè la ricostruzione dei
fatti ne’ l’apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo
dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle
ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o
contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Deve aggiungersi che
l’illogicità della motivazione, deve risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il
sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della
rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Cass., Sez. 4, 4 dicembre 2003,
Cozzolino ed altri). Inoltre, va precisato, che il vizio della “manifesta illogicità” della
motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo
apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica “rispetto a sè
stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati.

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processuali, la cui valutazione si assume essere stata omessa o travisata, è onere del

Va altresì ricordato che, anche alla luce del nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e),
come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, non è consentito alla Corte di cassazione di
procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto
delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del
merito. La previsione secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal “testo”
del provvedimento impugnato, anche da “altri atti del processo”, purché specificamente indicati
nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti del giudice di legittimità, il
quale è tuttora giudice della motivazione, senza essersi trasformato in un ennesimo giudice del

“atti del processo” rappresenta null’altro che il riconoscimento normativo della possibilità di
dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della prova” che è quel vizio in forza
del quale la Corte, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del
contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare
se il relativo contenuto è stato veicolato o meno, senza travisamenti, all’interno della
decisione.
Ponendosi nella richiamata prospettiva ermeneutica,le doglianze del ricorrente, contenute nel
motivo in cui lamenta il travisamento della prova con riferimento alla ricostruzione dei fatti,
alla deposizione della parte offesa si palesa manifestamente infondata, non apprezzandosi nella
motivazione della sentenza gravata alcuna illogicità che ne vulneri la tenuta complessiva.
Aderendo a tali principi deve perciò affermarsi che la sentenza impugnata supera

il vaglio di

legittimità. Il ricorrente infatti attraverso lo schermo del travisamento chiede una rivalutazione
delle prove non consentita in questa fase di legittimità.
Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 15.5.2014

fatto. In questa prospettiva il richiamo alla possibilità di apprezzarne i vizi anche attraverso gli

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