Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33003 del 08/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33003 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI PALERMO
nei confronti di:
MACANNUCO RAIMONDO N. IL 05/08/1981
avverso l’ordinanza n. 925/2012 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
07/08/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 08/04/2013

Ritenuto in fatto

1. Con l’ordinarya indicata in epigrafe il Tribunale di Palermo, adito ai sensi
dell’art. 310 cod. proc. pen., ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal
Pubblico ministero della sede avverso l’ordinanza deliberata il tatilr 2012 dal
Giudice per le indagini preliminari di quello stesso tribunale, nella parte in cui ha
escluso l’esistenza , di gravi indizi di colpevolezza a carico di Macannuco
Raimondo, alias “pecora bianca”, relativamente alla partecipazione dello stesso

stupefacenti, attiva in Porto Empledocle, dal marzo 2010 all’attualità.

1.1 II Tribunale, con specifico riferimento alla posizione del Maccanuco, che
specificamente rileva nel presente giudizio di legittimità, ha ritenuto, infatti, che
l’impugnazione proposta dal Pubblico ministero della sede doveva dichiararsi
inammissibile, in quanto basata su motivi generici.
A ragione di tale decisione i giudici dell’appello evidenziavano che l’atto di
gravame, dopo aver sostenuto che la decisione del Giudice per le indagini
preliminari non era condivisibile, si limitava a riprodurre testualmente il
contenuto della richiesta di applicazione di misura cautelare rivolta a quel
giudice, senza indicare, però, specificamente, i punti di fatto e le questioni di
diritto rimesse alla cognizione del giudice dell’impugnazione.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, nel quale, previa sommaria
illustrazione delle vicende che avevano portato alla richiesta di emissione del
provvedimento cautelare, se ne deduce l’illegittimità per vizio di motivazione
(mancanza e manifesta illogicità), per avere i giudici dell’appello erroneamente
ritenuto non specifici i motivi di impugnazione, attraverso i quali, invece, si
poneva in evidenza la gravità del quadro indiziario, rafforzato oltretutto, da
ultimo, dalle dichiarazioni di diversi soggetti, compendiate in un’apposita
informativa del 16 febbraio 2011, prodotta in grado di appello.

Considerato in diritto

1. L’impugnazione proposta dal Pubblico ministero ricorrente è inammissibile
in quanto basata su motivi non specifici.
Il contenuto del ricorso, che si limita a contestare la fondatezza del giudizio
di genericità dei motivi di appello, risulta infatti prescindere totalmente dall’iter
argomentativo svolto dal giudice di merito per giustificare la declaratoria
d’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso un provvedimento di
1

ce&e

ad un’associazione per delinquere dedita al traffico illecito di sostanze

parziale rigetto di una richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti
dell’indagato, così configurando un vizio di aspecificità dei motivi, che conduce,
ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità del ricorso
(in tal senso, ex muitis, Cass. sez. I, sentenza n. 39598 del 30 settembre – 11
ottobre 2004, ric. Burzotta).
Il Collegio deve rilevare, infatti, che correttamente il Tribunale di Palermo ha
ritenuto inammissibili i motivi di impugnazione proposti dal pubblico ministero
per avere gli stessi sostanzialmente riprodotto la richiesta della misura cautelare.

l’appello, occorre, invero, che siano stati anche enunciati i motivi del gravame
che, avendo la funzione di determinare l’oggetto del giudizio di impugnazione,
devono avere il requisito della specificità sotto il profilo delle ragioni di diritto e
degli elementi di fatto dedotti; infatti, l’obbligo della specificità riguarda non solo
le singole censure, ma anche gli elementi che le sostengono, al fine di rendere
possibile il sindacato del giudice attraverso l’individuazione dei capi e dei punti
della decisione impugnata e delle questioni dedotte (Sez. V, 27 giugno 1997, n.
3277, Larnbiase). Sulla base di tali principi deve escludersi che possa soddisfare
alla suddetta condizione di specificità, prevista a pena di inammissibilità dall’art.
591 cod. proc. pen., il richiamo operato dai pubblico ministero impugnante alla
richiesta della misura cautelare, non contenendo essa indicazione alcuna del
contenuto delle doglianze con riferimento al provvedimento impugnato, nè
essendo idonea ad individuare le questioni devolute al tribunale, al fine di
determinare l’oggetto dell’appello (in questi termini, Sez. VI, 23 novembre 1993,
n. 3226, Perre). L’appello previsto dall’art. 310 cod. proc. pen. a differenza del
riesame, ha conservato la fisionomia tradizionale del mezzo di gravame, per cui i
motivi devono essere indicati contestualmente a pena di inammissibilità, in
quanto hanno la funzione di determinare e delimitare l’oggetto del giudizio,
circoscrivendo quindi la cognizione del tribunale della libertà ai punti della
decisione impugnata che hanno formato oggetto di censura, come, del resto, è
dimostrato anche dal mancato richiamo, nel suddetto art. 310 cod. proc. pen. ,
del comma 9 dell’art. 309 cod. proc. pen..
D’altra parte, se con riferimento al ricorso per cassazione si è affermato che
i relativi motivi non possono limitarsi al semplice richiamo per relationem ai
motivi di appello allo scopo di dedurre, con riferimento ad essi, la mancanza di
motivazione della sentenza che si intende impugnare, in quanto requisito dei
motivi di impugnazione è la loro specificità, consistente nella precisa e
determinata indicazione dei punti di fatto e delle questioni di diritto da sottoporre
al giudice del gravame (Sez. V, 9 dicembre 1999, n. 2896, La Mantia), allo stesso
modo deve negarsi che l’appello cautelare possa riproporre, come nel caso di
specie, gli argomenti addotti a fondamento della richiesta di misure cautelari: in

2

In materia di misure cautelari personali per poter ritenere ammissibile

entrambi i casi la carenza del requisito della specificità non può che rendere
l’atto di impugnazione inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a
produrre effetti divertsi dalla dichiarazione di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, 1’8 aprile 2013.

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