Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 33 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PETRACCHIOLA NICOLETTA N. IL 15/10/1982
avverso la sentenza n. 7793/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
01/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Data Udienza: 17/11/2015

Ritenuto in fatto
1. Petracchiola Nicoletta, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per
cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma in data 01.07.2014,
con la quale è stata confermata la sentenza di condanna resa dal Tribunale di
Roma il 13.12.2012, nei confronti della prevenuta, in ordine al reato di cui all’art.
186, comma 2, lett. b), cod. strada.
La ricorrente con il primo motivo deduce il vizio motivazionale, in riferimento
all’affermazione di penale responsabilità.

motivazione, con riguardo al rigetto della richiesta di sostituzione della pena con il
lavoro di pubblica utilità. Osserva che la Corte di Appello ha fatto erroneamente
riferimento alla entità della pena detentiva, al fine di apprezzare la legge più
favorevole, tra la disciplina dettata dell’art. 186, comma 2, lett. b), cod. strada,
vigente alla data del fatto e quella sopravvenuta per effetto della novella del 2010.
Al riguardo, la parte sottolinea che la cornice edittale non ha subito modificazioni,
in riferimento alla fattispecie di reato per cui si procede; e che la previsione di cui
all’art. 186, comma 9 bis, cod. strada, per effetto della legge n. 120 del 2010, ai
fini di interesse, si aggiunge rispetto ad un trattamento sanzionatorio rimasto
identico.
L’esponente osserva infine che risulta decorso il termine prescrizionale
massimo relativo al reato contravvenzionale in addebito.

Considerato in diritto
1. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
Il primo motivo di ricorso non ha pregio.
E’ appena il caso di osservare che la giurisprudenza di legittimità ha da
tempo chiarito che, in tema di guida in stato di ebbrezza, il cosiddetto alcoltest,
eseguito con le procedure e gli strumenti di cui all’art. 186 del codice della strada e
all’art. 379 del relativo regolamento – come nel caso di specie – costituisce prova
della sussistenza dello stato di ebbrezza e che è onere dell’imputato fornire
eventualmente la prova contraria a tale accertamento, dimostrando vizi od errori di
strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’espirazione, non essendo
sufficiente la mera allegazione della sussistenza di difetti o della mancata
omologazione dell’apparecchio (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 17463 del
24/03/2011, dep. 05/05/2011, Rv. 250324). E si è pure affermato che in tema di
guida in stato di ebbrezza, allorquando l’alcoltest risulti positivo, costituisce onere
della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale,
ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una
errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, non potendo la parte limitarsi a

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Con il secondo motivo la parte deduce violazione di legge e difetto di

richiedere il deposito della documentazione attestante la regolarità dell’etilometro
(Cass. Sez. 4, Sentenza n. 42084 del 04/10/2011, dep. 16/11/2011, Rv. 251117).
Ebbene, la decisione oggi impugnata si colloca, del tutto coerentemente
nell’alveo del richiamato orientamento interpretativo.
Venendo ad esaminare il secondo motivo di ricorso, afferente alla dedotta
lacuna motivazionale, rispetto al rigetto della richiesta di sostituzione della pena
con il lavoro di pubblica utilità, osserva allora il Collegio che sussistono i presupposti
per rilevare, ai sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l’intervenuta causa

prescrizione massimo pari ad anni cinque. Deve cioè rilevarsi che il ricorso in
esame, analizzato complessivamente, non presenta profili di inammissibilità, per la
manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non
deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare
l’intervenuta prescrizione. Tanto si afferma, posto che la Corte territoriale ha fatto
riferimento all’orientamento interpretativo che è stato espresso in riferimento alla
successione di leggi nel tempo, rispetto alla diversa ed autonoma fattispecie di
reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, che non viene in rilievo nel
presente procedimento; la novella del 2010, infatti, che ha introdotto l’istituto della
sostituzione della pena con lavoro di pubblica utilità, ha contestualmente inasprito
la cornice edittale relativa all’ipotesi di reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c),
cod. strada, evenienza che ha determinato l’intervento della Corte regolatrice, con il
quale si è chiarito che non è consentita la combinazione di frammenti normativi
delle leggi succedutesi nel tempo (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 47906 del
19/11/2013, dep. 02/12/2013, Rv. 258098).
Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta
instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. maturate,
come nel caso di specie, successivamente rispetto alla sentenza impugnata (la
sentenza di condanna è stata resa il 1° luglio 2014, mentre il termine è maturato in
data 8.08.2014).
E’ poi appena il caso di rilevare che risulta superfluo qualsiasi
approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione:
invero, a prescindere dunque dalla fondatezza o meno degli assunti della ricorrente,
è solo il caso di sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato,
non rileva la sussistenza di eventuali nullità (addirittura pur se di ordine generale) o
di vizi di motivazione, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice di merito è
incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva (cfr.
Cass. Sez. U, Sentenza n. 1021 del 28.11.2001, dep. 11.01.2002, Rv. 220511).
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estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il relativo termine di

Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia
assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in considerazione delle
valutazioni rese dai giudici di merito, in ordine all’affermazione di penale
responsabilità della prevenuta. Come noto, ai fini della eventuale applicazione della
norma ora citata, occorre che la prova della insussistenza del fatto o della
estraneità ad esso dell’imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e
delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata; e nella
sentenza della Corte di Appello, non sono riscontrabili elementi di giudizio indicativi

2. Sì impone pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
per essere il reato estinto per prescrizione.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma in data 17 novembre 2015.

della prova evidente dell’innocenza dell’imputata, come chiarito.

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