Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32997 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32997 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOMASELLI SALVATORE N. IL 19/05/1985
avverso la sentenza n. 2635/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
22/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Data Udienza: 15/05/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE
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Ricorre per Cassazione Tomaselli Salvatore avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze
che in data 22 gennaio 2013 ha confermato la sentenza del Tribunale di Prato che lo aveva
condannato per concorso in rapina pluriaggravata e lesioni personali.
Ctluce il ricorrente che la sentenza impugnata è incorsa in violazione dell’articolo 606 lett. B
c.p.p. per mancata assunzione di prova decisiva ( mancata assunzione come testimoni def
dirigenti della squadra mobile di Genova e mancata acquisizione dei tabulati telefonici relativi

precisato in dibattimento che il 30/11/2010 si trovava a Sillano (LU) ai confini con la provincia
di Reggio Emilia, ben distante dal luogo dove si è svolta la rapina.
Il ricorrente depositava memoria con la quale illustrava ulteriormente i motivi di ricorso
sottolineando come già nel giudizio di primo grado aveva avanzato ex art. 507 c.p.p. la
richiesta di integrazione probatoria.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Nel caso in esame la decisione istruttoria del giudice di appello è censurabile ai sensi
dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), sotto il solo profilo della mancanza o manifesta illogicità
della motivazione, come risultante dal testo (Cass., sez. 6^, 30 Aprile 2003, n. 26713). Sotto
questo profilo, occorre peraltro che la prova negata, confrontata con le ragioni addotte a
sostegno della decisione, sia di natura tale da poter determinare una diversa conclusione del
processo (Cass., sez. 2^, 17 maggio 2001, n. 49587). La corte territoriale ha dato conto
dell’esaustività delle prove e dunque della superfluità della riapertura del dibattimento, che è
istituto eccezionale;legato al presupposto rigoroso dell’impossibilità di decidere allo stato degli
atti (articolo 603 c.p.p., comma 1) (cfr. N. 34643/08 N. 10858 del 1996 Rv. 207067, N. 6924
del 2001 Rv. 218279, N. 26713 del 2003 Rv. 227706, N. 44313 del 2005 Rv. 232772, N. 4675
del 2006 Rv. 235654). I giudici d’appello per dimostrare la superfluità della prova richiesta
hanno infatti non solo richiamato la deposizione dei testi della difesa, moglie separata e
suocera del ricorrente, che non hanno confermato la presenza dell’imputato in Sillano il giorno
della rapina (pagina 12 sentenza d’appello), ma anche che la richiesta di acquisizione dei
tabulati non era una prova tale da poter determinare una diversa conclusione del processo,
stante la possibilità ” di una materiale separazione (temporanea e più o meno prolungata) tra
l’usuale utilizzatore e l’oggetto, e altresì la possibilità di un uso promiscuo di esso, occasionale
o meno, da parte di terzi”.
Deve aggiungersi che secondo la giurisprudenza di questa Corte la mancata assunzione di una
prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – può essere dedotta solo in
relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495, secondo
comma, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente invocato nel caso,
come quello in esame, in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso
l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui
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al procedimento numero 7540/2010) al fine di verificare la prova d’alibi dell’imputato che ha

all’art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione
(Cass. N. 4464 del 2000 Rv. 215809, N. 12539 del 2000 Rv. 218171, N. 33105 del 2003 Rv.
226534; n. 9763 del 2013 Rv. 254974)
Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 15.5.2014

P.Q.M.

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