Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32996 del 22/03/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32996 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

Data Udienza: 22/03/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GAROZZO GIUSEPPE N. IL 18/06/1949
avverso l’ordinanza n. 732/2012 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
31/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lsnesentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.; Sa.avaStfia

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Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Catania, adito ex art. 309 cod. proc. pen., con l’ordinanza
impugnata, deliberata il 31 maggio 2012, confermava quella emessa dal G.i.p.
della sede, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei
confronti di Garozzo Giuseppe, indagato in relazione al delitto di cui all’art. 416bis, cod. pen., allo stesso contestato per aver promosso e diretto un associazione
per delinquere di tipo mafioso (capo A della rubrica), nonché in relazione ad una

sodalizio: detenziohe e porto illegale di armi, da guerra e comuni, e di congegni
esplosivi; detenziohe e porto illegale di armi clandestine; ricettazione di armi e
munizioni di provenienza delittuosa (capi B, C ed E della rubrica); importazione,
detenzione a fini di vendita e cessione a terzi di sostanza stupefacente del tipo
marijuana (capo E della rubrica); estorsione aggravata in danno di Ninfo
Salvatore (capo G1 della rubrica); estorsione aggravata in danno di Carrini
Giuseppe (capo H della rubrica); per il furto aggravato di un’autovettura mini car,
di un motociclo marca Aprilia e di un motociclo marca Honda (capi I, L ed M della
rubrica); per il delitto di violazione delle prescrizioni impostegli in sede di
applicazione della Misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo
di soggiorno nel cornune di residenza (capo N della rubrica).
1.2 I giudici del riesame hanno ritenuto, infatti, che all’esito di una
complessa attività investigativa avviata subito dopo il ritorno in libertà di
Garozzo Giuseppe all’esito di lunghissima detenzione, fossero stati raccolti a
carico dell’indagato dei gravi indizi che legittimavano l’adozione della misura in
relazione ai reati a lui contestati, emergendo dagli stessi, in particolare,
l’effettiva «ricostituzione» ad opera dello stesso – così come ipotizzato all’inizio
dell’attività investigativa dalle forze di polizia – dello “storico” sodalizio mafioso
dei Cursoti (costituiosi in Catania, nel popoloso quartiere Antico Corso, sin dalla
fine degli anni settanta del secolo scorso, per contrastare l’egemonia della
«famiglia mafiosa» $antapaola).

1.2 Con specifico riferimento alla valutazione della gravità indiziaria, i giudici
del riesame valorizzavano, un ricco compendio di elementi, costituito tra gli altri
dalle numerose intercettazioni video, telefoniche ed ambientali relative ai ripetuti
incontri tra partecipi del sodalizio, ed in specie quelle eseguite in via Plebiscito,
presso il luogo abituale di ritrovo degli affiliati al clan.
In particolare, per disattendere le deduzioni della difesa – volte,
essenzialmente, a confutare la gravità e significatività del quadro indiziario – i
giudici del riesame precisavano quanto segue:

1

pluralità di delitti ‘ritenuti come ricompresi nel programma delittuoso di quel

- con riferimento al carattere effettivamente mafioso del sodalizio,
riorganizzato dall’indagato attraverso la suddivisione dei partecipi in squadre
dislocate nel territorio, avuto riguardo ai requisiti relativi al ricorso ad un metodo
mafioso ed alla forza intimidatoria «esterna» riconosciuta al sodalizio, che
intanto, nel presente giudizio, veniva in discussione non già la costituzione di una
nuova entità associativa ma la riorganizzazione, o forse, più esattamente, la
«rivitalizzazione» di un clan storico della mafia catanese (delle cui articolazioni,
anche milanesi, nell’ordinanza impugnata si ricostruiscono sommariamente le

territorio, come già definitivamente accertato in altri pregressi procedimenti
penali (Garozzo Giuseppe + 71; Aiello Alfio + SO; Consoli Maurizio + 24, così
detto procedimento Tetris), il che rendeva superflua una approfondita verifica di
tali caratteristiche, comunque desumibili, vuoi dal ritrovamento di un cospicuo
arsenale di armi, funzionale, unitamente al rifinanziamento del sodalizio
perseguito attrayerso la programmazione ed esecuzione di una serie
indeterminata di reati (prevalentemente estorsioni e traffico di sostanze
stupefacenti) alla riconquista del territorio, dopo un lungo periodo di declino del
sodalizio; vuoi dal riconoscimento di tali caratteristiche provenienti da altre
organizzazioni criminali operanti nel medesimo contesto territoriale (quali la
potente “famiglia mafiosa” di Salvatore Cappello); vuoi dalla circostanza che
alcuni episodi estorsivi riferibili al sodalizio non avevano formato oggetto di
denuncia da parte delle persone offese; vuoi, infine, dallo stesso attentato
perpetrato in danno del Garozzo e dell’Adriatico 1’11 giugno 2011, episodio che
trovava la sua spiegazione nell’ostilità manifestata da altri gruppi mafiosi alla
riorganizzazione del sodalizio.
Quanto poi alle ulteriori imputazioni mosse al Garozzo, nell’ordinanza, per
quanto ancora rileva nel presente giudizio, si evidenziava:
– con riferimento ai delitti in materia di armi, (a) il carattere indiziante di
alcuni colloqui intercettati avuti dall’indagato con il figlio e con il coimputato Lo
Faro, concernenti l’acquisto di armi e le modifiche da apportare ad alcune di
esse; (b) il ritrovamento di un ingente quantitativo di armi, anche da guerra, e di
esplosivi, occultati in un garage ubicato in via Martoglio n. 29 e del quale uno dei
sodali, l’Arena, deteneva le chiavi di accesso e nel quale lo stesso indagato si
recava, poche ore dopo la sua scoperta da parte delle forze di polizia;
– con riferimento al reato in materia di stupefacenti, (a) il carattere
indiziante di alcuni colloqui, oggetto di intercettazione, avuti dall’indagato con il
figlio, che lo affiancava nella gestione di tali traffici, e tra due figure di elevato
spessore del sodalizio (l’Adriatico e Consoli Massimo), pure concernenti l’acquisto
di quantitativi di sostanza stupefacente da rivendere sul territorio; (b) i numerosi
viaggi compiuti dall’indagato nel napoletano per intrecciare rapporti con dei
2

vicende, qui tralasciate per ragioni di sintesi), prepotentemente radicato nel

trafficanti del luogo, evidentemente finalizzati all’acquisto di droga, come
condivisibilmente spiegato nell’ordinanza cautelare.

2. Avverso l’indicata ordinanza ha proposto impugnazione il Garozzo, per il
tramite del suo difensore Salvatore Pappalardo, il quale ne sollecita
l’annullamento perviolazione di legge e vizio di motivazione.
2.1. Le censure sviluppate in ricorso, sintetizzando argomentazioni ben più
articolate, denunciano:

motivazione, relativamente all’affermata sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza a carico del Garozzo, in ordine al reato ex art. 416 bis cod. pen. ed
alla sua qualità di capo e promotore dell’organizzazione, avendo i giudici del
riesame, ad avviso del ricorrente, sostanzialmente attribuito valore indiziario a
delle semplici ricostruzioni congetturali, che non dimostrano, l’effettivo
contributo causale fornito dall’indagato al sodalizio, né sul piano
dell’organizzazione e promozione del gruppo, né su quello della commissione dei
singoli reati;
– con il secondo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione
(mancanza ed illogicità), relativamente all’affermata sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza a carico del Garozzo, in ordine al reato ex art. 73 d.P.R. n.
309/1990; alla susaistenza dell’aggravante ex art. 7 legge n. 203/1991, potendo
gli elementi indiziari raccolti, giustificare, a tutto concedere, una derubricazione
del fatto contestato in una ipotesi di delitto tentato.
2.2 Più specificamente nel ricorso si sostiene che costituisce solo un’ipotesi
investigativa, non aurrogata da alcun elemento concreto, che il ricorrente, dopo
una lunghissima detenzione, abbia proceduto ad una ricostituzione dell’ormai
disciolto clan mafioso dei Cursoti, difettando in particolare nell’ordinanza
impugnata la illustrazione di indizi gravi, precisi e concordanti, da cui desumere
l’effettiva conclusione di un accordo “criminale” tra il Garozzo e gli altri pretesi
aderenti al sodalizio e una proiezione esterna, nei riguardi dei terzi, della forza
della societas.
Nessuna azione, si sostiene, sarebbe stata posta in essere avvalendosi della
forza di intimidazione tipica dell’associazione di stampo mafioso; nessun episodio
vede protagonisti, neanche nei contestati delitti di estorsione, soggetti che
ruotano intorno al

arozzo e che nei rapporti con l’esterno fanno pesare la loro

appartenenza ad un gruppo criminale, la figura di un capo, il pericolo che vi
possano essere ritorsioni da parte di questo o quel clan.
2.3 Quanto poi all’imputazione in materia di stupefacenti, da parte del
ricorrente si sostiene che nessun elemento specifico sia stato illustrato dai giudici
del riesame, che conforti l’ipotesi investigativa secondo cui gli spostamenti
3

– con il primo motivo d’impugnazione, violazione di legge e vizio di

dell’indagato in territorio campano, fossero finalizzati all’acquisto, anche
attraverso persona interposta, di sostanza stupefacente: nessuna conversazione
intercettata corrobora tale ricostruzione, limitandosi i giudici del riesame, sul
punto, a riproporre gli argomenti contenuti nell’ordinanza cautelare, senza
fornire adeguata risposta ai dubbi ed alle eccezioni sollevate dalla difesa, diretti a
confutare il dato secondo cui il Garozzo abbia effettivamente concluso degli
acquisti di sostanza stupefacente, di cui neppure si precisa la quantità, la qualità
ed il prezzo.

alla contestata aggravante ex art. 7 legge n. 203/1991, sostenendosi da parte
del ricorrente che nell’ordinanza impugnata non risultano segnalati elementi
concreti che evidenzino uno specifico contributo apportato dal Garozzo, sotto
qualsiasi forma, alla vita di un qualche organismo criminale, e a maggior ragione
a quello denominato dei Cursoti, vuoi in veste di capo, vuoi quale semplice
partecipe.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

L’impugnazione proposta nell’interesse di Garozzo Giuseppe è

inammissibile in quanto basata su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità
o comunque manifestamente infondati.
1.2 Con riferimento alle poliformi deduzioni difensive volte a confutare
l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, preliminarmente
va ricordato quali siano i limiti del sindacato della Corte di Cassazione in materia
cautelare. In proposito è stato più volte ribadito che “l’ordinamento non
conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali
delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di
riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso
l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate,
trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del
giudice cui è stata richiesta l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale
del riesame. Il controllo di legittimità è perciò circoscritto all’esclusivo esame
dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due
requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, il cui possesso
rende l’atto insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo dell’esposizione di
illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento” (Cass., Sez. 4, Sentenza n. 2050/96, imp.

4

£aA

2.4 Analoghe argomentazioni risultano svolte in ricorso, con riferimento

Trasmessa copia ex a .
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
30ina.lì

3O

J.116 2013

Marseglia, rv. 206104 ; Cassi Sez. 3, Sentenza n. 40873/2010, imp. Merja, rv.
248698).
Orbene, nel caso di specie, il Tribunale non solo ha rilevato come le
intercettazioni e i servizi di appostamento erano stati fonte certa dei gravi indizi,
da cui emergeva la rivitalizzazione ad opera del Garozzo dello storico sodalizio
mafioso dei Cursoti operante in Catania, riscontrati dall’avvenuto sequestro di
parte della droga commercializzata dal sodalizio e di un autentico arsenale di
armi nella disponibilità dello stesso; ma ha, con coerente motivazione,

pericolosità sociale dell’indagato e gli intensi legami dello stesso con i diversi
aderenti al sodalizio, all’interno del quale egli risultava occupare un ruolo
gerarchicamente sovraordinato, venendo chiamato a dirimere le diverse
controversie che si venivano a creare in seno al sodalizio.
Le censure rrigsse dalla difesa all’ordinanza su tali punti, esprimono solo un
generico dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto ed invitano ad una rilettura
nel merito della vicenda, del contenuto delle intercettazioni, non consentita nel
giudizio di legittimità, a fronte di una plausibile motivazione del provvedimento
impugnato che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle
argomentazioni proposte – e solo sommariamente illustrate al paragrafo 1.2 quei profili di macrOscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost,
sent. n. 186 del 2000) – al versamento alla cassa delle ammende di una somma
congruamente determinabile in C 1000,00.
Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del
ricorrente, provvederà la cancelleria agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att.
cod. proc. pen., comma 1, ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1000,00 alla Cassa delle
ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente
provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma
1 ter disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 22
Il consi fiere estensore

poggOSITATA
IN CANCELLERIA

Il pr ‘de

evidenziato che le modalità della condotta lasciavano trasparire una concreta

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