Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32995 del 11/07/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32995 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Sabbatini Lino, nato a Serrungarina, il 22/8/1945;

avverso la sentenza dell’8/10/2012 della Corte d’appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Sante
Spinaci, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Marcello Fagioli, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 11/07/2014

1.Con sentenza dell’8 ottobre 2012 la Corte d’appello di Ancona confermava la
condanna di Sabbatini Lino per i reati di minaccia aggravata ai sensi dell’art. 339 c.p. e
di porto ingiustificato di oggetto atto ad offendere.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando
quattro motivi.
2.1 Con il primo deduce la nullità della notifica all’imputato del decreto di citazione per

difensore di fiducia invece che presso il domicilio dichiarato dal Sabbatini senza che
sussistessero i presupposti di legge per procedere in tal senso. Con il secondo invece
eccepisce il difetto di motivazione sulla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale avanzata con il gravame di merito.
2.2 Con il terzo motivo ulteriori vizi motivazionali della sentenza impugnata vengono
dedotti con riguardo alla ricostruzione delle dichiarazioni rese dai testi Olmeda e
Mangani in merito all’utilizzo del martello da parte dell’imputato. In particolare il
ricorrente evidenzia in proposito che la Corte distrettuale avrebbe travisato tali
dichiarazioni, attribuendo ai suddetti testi l’affermazione, invero mai effettuata, di aver
visto il Sabbatini brandire il menzionato martello. Non di meno i giudici d’appello
avrebbero immotivatamente svalutato le discrasie rilevate tra le diverse testimonianze
raccolte nel corso dell’istruttoria dibattimentale in merito alla dinamica dei fatti.
Discrasie che con il quarto ed ultimo motivo vengono ulteriormente enfatizzate per
contestare la stessa tipicità della condotta attribuita all’imputato, mentre con lo stesso
motivo il ricorrente eccepisce l’insussistenza dell’ipotesi aggravata e la contraddittorietà
della motivazione resa sul punto dalla Corte territoriale, rilevando come dalla stessa
sentenza si evinca che, al momento della pronunzia della presunta minaccia, il
Sabbatini già era stato disarmato, dovendosi conseguentemente escludere che il fatto
sia stato commesso con armi.
CONSIDERATO IN DIRTTTO
1.L’eccezione processuale proposta con il primo motivo è manifestamente infondata,
atteso che, come risulta dagli atti, la notifica del decreto di citazione per il giudizio
d’appello è stata ritualmente tentata mediante il servizio postale al domicilio dichiarato
dall’imputato, presso il quale egli è peraltro risultato irreperibile, come emerge dalla
relativa relata. Conseguentemente, in maniera altrettanto rituale, si è dunque
proceduto ai sensi dell’art. 161 comma 4 c.p.p. ad eseguire la notifica presso il
difensore di fiducia del Sabbatini.
2. Il secondo motivo è infondato. Il giudice d’appello ha infatti l’obbligo di motivare
espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo

il giudizio d’appello in quanto eseguita ai sensi dell’art. 161 comma 4 c.p.p. presso il

accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente
il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la
responsabilità del reo (Sez. 3, n. 24294 del 7 aprile 2010, D. S. B., Rv. 247872). Nel
caso di specie la Corte distrettuale ha argomentato sulle ragioni per cui ha ritenuto
ininfluenti le discrasie registrate dalla difesa tra le deposizioni dei testi di cui aveva
richiesto la riaudizione, così implicitamente giustificando la propria decisione di non
accedere all’istanza di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale che proprio sulla

3. Inammissibili sono invece le doglianze avanzate con il terzo motivo, con il quale
sostanzialmente viene dedotto il travisamento o l’omessa valutazione di prove
dichiarative di cui il ricorrente riporta solo parzialmente il contenuto impedendo così il
compiuto apprezzamento del vizio eccepito.
4. La prima doglianza dedotta con il quarto motivo è parimenti inammissibile in quanto
si traduce nel tentativo del ricorrente di sollecitare il giudice di legittimità ad una
rivalutazione di merito del compendio probatorio.
4.1 E’ invece fondata l’ulteriore censura proposta con lo stesso motivo in ordine alla
configurabilità della contestata aggravante dell’utilizzo dell’arma. Ed infatti è la stessa
Corte distrettuale ad ammettere che al momento in cui la minaccia è stata proferita
l’imputato era stato già disarmato. Conseguentemente deve essere escluso che la
stessa minaccia sia stata commessa con armi, come invece contestato, mentre la
motivazione resa sul punto dai giudici d’appello si è concentrata esclusivamente sulla
concretezza della medesima, risultando pertanto non correlata all’effettivo oggetto della
contestazione.
4.2 Deve pertanto ritenersi che l’aggravante in questione non sussista e che il fatto
come contestato integri il reato di minaccia semplice di cui al primo comma dell’art.
612 c.p., peraltro non procedibile per l’originario difetto della querela della persona
offesa.
4.3 La sentenza deve dunque essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di
cui al capo A) ed anche con rinvio alla Corte d’appello di Perugia per la
rideterminazione della pena relativa alla residua contravvenzione di cui al capo B), allo
stato non ancora prescritta, atteso che, in ragione dei 124 giorni di sospensione subiti
dal procedimento nel primo grado di giudizio, il relativo termine si compirà solo il
prossimo 29 ottobre 2014.
P.Q.M.

necessità di comporre tali discrasie era stata fondata.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A),
esclusa l’aggravante di cui all’art. 612 comma secondo c.p., perché l’azione penale non
poteva essere iniziata per mancanza di querela. Rigetta nel resto il ricorso. Rinvia alla
Corte d’appello di Perugia per la determinazione della pena in ordine alla
contravvenzione di cui al capo B).

Così deciso 1111/7/2014

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