Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32993 del 09/07/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32993 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Dzomic Milanko, nato a Kraljevo, il 28/6/1973;

avverso la sentenza del 18/12/2012 della Corte d’appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Ia Corte d’appello di Ancona confermava la condanna di Dzomic Milanko per il reato di
furto in abitazione aggravato.

Data Udienza: 09/07/2014

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando due
motivi. Con il primo deduce violazione della legge processuale e correlati vizi di
motivazione, rilevando l’inutilizzabilità della testimonianza resa dall’Isp. Traini sugli esiti
dell’attività di comparazione delle impronte palmari rilevate sulla scena del crimine con
quelle dell’imputato, presenti negli archivi di polizia, in quanto lo stesso non sarebbe
l’operante che avrebbe proceduto a tale accertamento, come dimostrato dal fatto che
egli non si identifica in quello che ha sottoscritto la relazione di individuazione, e

quanto sostenuto dalla Corte distrettuale, la quale avrebbe dunque travisato le
risultanze processuali. Non di meno la suddetta testimonianza non costituirebbe
accertamento peritale invece necessario per validare l’identificazione dattiloscopica e
comunque quest’ultima non sarebbe elemento logicamente sufficiente ad attribuire
all’imputato la responsabilità per il reato in contestazione. Con il secondo motivo il
ricorrente lamenta ulteriori vizi della motivazione in ordine al diniego delle attenuanti
generiche e della invocata sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e per certi versi inammissibile.
1.1 Quanto alle doglianze formulate con il primo motivo deve innanzi tutto ribadirsi che
la comparazione delle impronte prelevate con quelle già in possesso della polizia
giudiziaria non richiede particolari cognizioni tecnico-scientifiche e si risolve in un mero
accertamento di dati obiettivi, ai sensi dell’art. 354 c.p.p.. Ne consegue che, qualora
colui che abbia svolto attività di comparazione sia sentito in dibattimento e riferisca in
ordine alla medesima, il giudice non è tenuto a disporre perizia, potendosi attenere alle
emergenze esposte dal dichiarante (Sez. 5, n. 16959 del 9 febbraio 2010, Costache,
Rv. 246872). Correttamente, dunque, la Corte distrettuale ha inferito la prova
dell’attribuzione all’imputato delle impronte repertate sulla scena del delitto dalla
testimonianza dell’ufficiale di polizia che vi avrebbe provveduto senza che fosse
necessario ripetere l’accertamento nelle forme della perizia.
1.2 Come rilevato nel ricorso, i giudici dell’appello hanno respinto l’eccezione formulata
con il gravame di merito sull’utilizzabilità della testimonianza dell’Isp. Traini affermando
che lo stesso avrebbe proceduto personalmente alle operazioni di comparazione.
Affermazione che il ricorrente obietta essere il frutto di un travisamento, senza però
indicare con precisione l’atto del procedimento in grado di smentire l’assunto e allegarlo
al ricorso (come suo onere, soprattutto se si trattasse – come sembra – di un atto delle
indagini preliminari) ovvero di specificare se lo stesso sia stato o meno acquisito al
fascicolo del dibattimento. La doglianza deve conseguentemente ritenersi
inammissibile, come la reiterazione di una eccezione già risolta dal giudice di merito

dunque avrebbe deposto su opinioni e giudizi formulati da altri, contrariamente a

con motivazione in fatto che il ricorrente non è stato in grado, come illustrato, di
superare. Ad ogni buon conto si osserva come la doglianza sia altresì manifestamente
infondata, atteso che dalla trascrizione della deposizione del Trani in atti – cui la Corte
ha accesso in ragione della natura processuale dell’eccezione – emerge come questi sia
stato effettivamente l’autore degli accertamenti comparativi, poi trasfusi in una
relazione di polizia sottoscritta dal dirigente del reparto di appartenenza. E’ dunque
corretta la conclusione cui è approdato il giudice dell’appello, mentre il fatto che la

polizia giudiziaria venga sottoscritta dal dirigente del reparto e non dall’operante che vi
ha materialmente provveduto è circostanza del tutto ininfluente ai fini della capacità di
quest’ultimo di deporre sull’attività posta in essere.
1.3 Infondata al limite dell’inammissibilità è anche la critica svolta al ragionamento
probatorio sviluppato dai giudici d’appello. Le risultanze delle indagini dattiloscopiche
sono infatti state ritenute concludenti ai fini del collegamento dell’imputato con il delitto
sulla base della logica considerazione – nell’evidente assenza di ragioni alternative per
compiere l’operazione di seguito descritta – che le impronte del Dzomic erano state
rilevate sul tubo di scarico della gronda e in corrispondenza di quella impressa da una
scarpa sul muro, segno evidente che chi le aveva lasciate si stava arrampicando per
raggiungere la finestra la cui effrazione ha consentito l’introduzione nell’appartamento
in cui è stato perpetrato il furto. La tenuta argomentativa del discorso giustificativo
illustrato non è in discussione, né invero è stata seriamente confutata dallo stesso
ricorrente che si è limitato ad eccepire la presenza di impronte anche di altre persone
(circostanza semmai indicativa del fatto che l’imputato avrebbe agito con dei complici)
o a considerazioni meramente assertive sull’insufficienza del quadro probatorio, che
non tengono conto del descritto sviluppo della illustrata linea argomentativa.

2. Inammissibili sono invece le censure mosse alla motivazione della sentenza con il
secondo motivo di ricorso, le quali sostanzialmente mascherano il tentativo di
sollecitare una nuova valutazione di un giudizio (quello sulla concedibilità delle
attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena) che è rimesso alla
discrezionalità del giudice di merito e che è conseguentemente insindacabile se
congruamente motivato. Motivazione che la Corte distrettuale ha fornito in maniera
esaustiva, ancorando la sua decisione alla presenza di precedenti specifici e alla loro
vicinanza nel tempo, e che il ricorso ha cercato di confutare solo in maniera assertiva e
senza tenere conto del consolidato principio per cui il diniego delle attenuanti generiche
può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo,
oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri elementi (Sez. 6 n.
8668 del 28 maggio 1999, Milenkovic, rv 214200).

comunicazione all’autorità giudiziaria degli esiti degli accertamenti tecnici eseguiti dalla

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 9/7/2014

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