Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32992 del 22/03/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32992 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MASSETTI ROSSANA N. IL 17/08/1938
DE JUA LUIGI N. IL 25/08/1936
DE JUA FRANCO N. IL 20/02/1964
avverso l’ordinanza n. 2/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
13/02/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lette/sentite le conchisioni del PG Dott. 4\20(.4 ,h
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 22/03/2013

Ritenuto In fatto

1. Con ordinanza, deliberata il 13 febbraio 2012, la Corte di appello di Roma,
in funzione dl giudice della esecuzione, deliberando sulla opposizione proposta da
De Jua Emanuele – condannato in grado di appello per due episodi di ricettazione
– e da Massettl Rossana, De Jua Luigi e De Jua Franco (rispettivamente madre,
padre e fratello del condannato), ha confermato la propria ordinanza in data 24
aprile 2009 di rigetto dell’Istanza di restituzione dei beni sequestrati ex art. 12

1.1 La Corte territoriale – respingendo tutte le deduzioni difensive – ha
ritenuto, infatti, corretto e condivisibile l’assunto sviluppato nell’ordinanza
opposta, alle cui argomentazIonl ha fatto espresso rinvio, secondo cui i beni
sequestrati, seppure formalmente intestati a Massetti Rossana, De Jua Luigi e De
Jua Franco, dovevano ritenersi nella disponibilità del loro congiunto, condannato
per ricettazione, e frutto di illecita accumulazione, sussistendo una
sperequazione tra il valore dei beni e i redditi leciti degli opponenti e del
condannato, tenuto conto: (a) che il padre del condannato, De Jua Luigi è
titolare di redditi da pensione, pari ad C 14.000,00; Massetti Rossana, ha
dichiarato solo redditi da fabbricati e De Jua Franco ha dichiarato redditi per il
solo anno 2002, per altro assai modesti; (b) che la somma percepita nel 1995 da
De Jua Luigi, quale dipendente di un panificio, a titolo di trattamento fine
rapporto (corrispondente ad C 21.000,00), secondo «un’affidabile regola
economica di esperieriza»/ non poteva ritenersi produttiva di un reddito idoneo ad
acquistare beni immobili e terreni intestati anche al coniuge; (c) che a
conclusione analoga doveva pervenirsi anche con riferimento all’importo
percepito nel 2000 da Massetti Rossana, a titolo di risarcimento dei danni subiti a
seguito di incidente stradale

2. Ricorrono congiuntamente per cassazione, per il tramite del loro comune
difensore, i terzi interessati Massetti Rossana, De Jua Luigi e De Aia Franco.
Il difensore dichiara di denunziare, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma
1, lett. b) ed e), il provvedimento impugnato per inosservanza ed erronea
applicazione dell’art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con legge
7 agosto 1992, n. 356, e vizio di motivazione (mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità), sostenendo – anche attraverso il richiamo ad alcuni
precedenti giurisprudenziali in tema di sequestro preventivo di beni formalmente
intestati a terzi – che il giudice dell’esecuzione ha recepito acriticamente le
argomentazioni svolte nell’ordinanza opposta relativamente all’asserita inidoneità
dei proventi leciti dei ricorrenti Massetti Rossana, De Jua Luigi e De Jua Franco a
vincere la presunzione di provenienza dall’attività delittuosa del condannato De

sexies legge n. 336/1992 in danno dei predetti terzi interessati.

lua Emanuele della somma impiegata per l’acquisto dei beni assoggettati a
vincolo (pari a circa C 60.000,00), senza adeguatamente considerare, oltre
all’insussistenza di un rapporto di pertinenzialità tra beni sequestrati e i fatti per i
quali il De Ara Emanuele ha subito condanna, per un verso, che la condanna
subita dal predetto aveva ad oggetto la ricettazione di beni di valore assai
modesto (C 2.700,00) e che tali fatti erano stati commessi in epoca imprecisata
(tra il 2001 ed il 2005); che la intestazione fittizia dei beni da parte dei terzi
necessita di dimostrazione e va accertata sulla base di elementi concreti

costituiva adeguata e pertinente risposta alle deduzioni difensive, il cui
contenuto, oltretutto, era stato completamente travisato dai giudici
dell’opposizione, specie relativamente alla deduzione relativa a quanto percepito
da De lua Luigi a titolo di indennità di fine rapporto, posto che, trattandosi di
importo liquidato all’interessato nel 1995, successivamente quindi alla stipula
degli atti di compravendita di alcuni beni immobili (risalenti rispettivamente
all’anno 1977, al 1981, al 1989 ed al 1992) tale allegazione era funzionale non
già alla tesi che proprio tale importo aveva rappresentato la provvista utilizzata
direttamente per gli acquisti, ma semplicemente che l’opponente aveva sempre
lavorato per anni e senza interruzioni, e che lo svolgimento di attività di operaio
panificatore aveva consentito al De Jim Luigi di mantenere la sua famiglia e di
acquistare nel tempo le proprietà immobiliari dl per sé produttive
autonomamente di reddito, che sommato alla liquidazione, all’importo della
pensione, all’indennizzo ricevuto dal coniuge, aveva consentito la legittima
acquisizione del beni sottoposti a sequestro, escludendo tali importi la
configurabilità della pretesa sproporzione reddituale.

3. Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con la
requisitoria depositata in atti, obietta: Il ricorso sviluppa argomentazioni non
consentite nel giudizio di legittimità; la Corte ha dato contezza degli argomenti
posti a base della richiesta di restituzione dei beni sequestrati e Il ha disattesi
fornendo adeguata spiegazione delle ragioni per le quali non potevano trovare
accoglimento, evidenzlandone l’inidoneità a giustificare la sproporzione ravvisata
tra i redditi degli opponenti ed il valore dei beni dagli stessi formalmente
acquistati.

Considerato in diritto
1. L’impugnazione proposta nell’Interesse di Massetti Rossana, De Ara Luigi e De
Ara Franco è inammissibile.
Al riguardo non è superfluo premettere che il sequestro preventivo di cui si

Let,

significativi; che il semplice rinvio alle motivazioni dell’ordinanza opposta non

discute risulta deliberato„secondo le scarne indicazioni fornite dal provvedimento
Impugnato (senza che i ricorrenti, per altro, contestino tale indicazione), con
riferimento al reato di ricettazione per il quale ha subito condanna De Ara
Emanuele ed appare giustificato, ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen.,
anche in vista della confisca di cui all’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992.
1.1. Occorre dunque ricordare che la condanna per uno dei reati indicati
nell’art. 12-sexies, commi 1 e 2, di. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con
modificazioni nella legge 7 agosto 1992 n. 356 (modifiche urgenti al nuovo

comporta la confisca dei beni nella disponibilità del condannato, allorché, da un
lato, sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito da lui dichiarato o i
proventi della sua attività economica e il valore economico di detti beni (da
intendersi nel senso di un incongruo squilibrio tra guadagni e capitalizzazione
riferibile ai momenti l dei singoli acquisti, rispetto al valore dei beni volta a volta
acquisiti) e, dall’altro, non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza
di essi (in termini di positiva dimostrazione della lIceltà dell’acquisto dal punto di
vista economico, non puramente giuridico). Nessun requisito di “pertinenzialità”
del bene rispetto al reato per cui si è proceduto è inoltre previsto dalla norma,
sicché la confisca del singoli beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati
acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna
o che il loro valore superi il provento del medesimo reato. (S. U. 17.12.2003, n.
920 del 2004, Montana, che richiama Corte cost. n. 18 del 1996).
Conseguentemente, le condizioni necessarie e sufficienti per disporre il
sequestro preventiva di beni confiscabili a norma dell’articolo 12-sexies, commi 1
e 2, del decreto legge 8 giugno 1992 n. 306 consistono, quanto al fumus

commissi delicti, nella astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato ed
in relazione alle concrete circostanze indicate dal Pubblico Ministero, di una delle
ipotesi criminose previste dalle norme citate, senza che rilevino né la sussistenza
degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità (nel caso in esame, per altro
neppure contestata, essendo stato li De Ara Emanuele condannato anche in
grado di appello, sia pure per un numero di fatti inferiore rispetto a quello
originario), quanto al periculum in mora, nella presenza di seri indizi della
esistenza delle condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la
sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del
soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita
provenienza del beni stessi, senza che rilevi il nesso di pertinenzialità rispetto al
delitto assunto a presupposto (così S.U. Montella, citate e da ultimo anche S.U.
n. 1152 del 25.9.2008, dep. 13/01/2009, Petito), che nel caso in esame è quello
di ricettazione.

cet,

codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa)

1.2 Alla streaua di tali preliminari considerazioni si rivela come
manifestamente infondato, in particolare, Il primo argomento sviluppato in
ricorso, diretto ad evidenziare l’insussistenza nel caso In esame di un rapporto di
pertinenzialltà dei beni sequestrati rispetto al reato per il quale De Aia Emanuele

ricorrenti, in tema di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca
prevista dall’art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992, è Irrilevante il requisito della
pertinenzialità tra bene da confiscare e reato (in termini, ex multis, Sez. 3, n.
38429 dei 09/07/2008 dep. 09/10/2008, Sforza, Rv. 241273), sia anche perché
Il giudice dell’esecuzlione non risulta /in effetti )aver affermato l’esistenza di tale
requisito, essendosi invece limitato a rilevare la mancata allegazione da parte
degli opponenti di riliorse economiche ledte idonee a giustificare l’acquisto dei
beni sequestrati, motivatamente ritenuti di valore sproporzionato rispetto sia ai
redditi degli intestatari, odierni opponenti, sia a quelli (leciti) del loro congiunto
condannato per ricettazione.
1.2 Manifestamente infondate risultano, in particolare, le deduzioni
difensive, essenzialmente in fatto, dirette a sostenere, nelle loro poliformi
articolazioni, che la cepacità economica degli opponenti sarebbe stata in realtà
sufficiente, in base alla documentazione prodotta, a vincere la presunzione di
Interposizione fittizia e di illecita accumulazione patrimoniale, nel senso che il
giudice dell’esecuzione non ha Ignorato affatto la deduzione difensiva secondo
l’opponente De Aia Luigi – anche in epoca antecedente all’acquisto del beni di cui
trattasi – avrebbe svolto un’attività lavorativa lecita, percependo, alla cessazione
dello stesso, una “liquidazione”, argomentando, sul punto, non già che del
reddito derivato da tele attività non si sarebbe potuto tener conto ai fini del
decidere, ma sostenendo, invece, con motivazione plausibile, e per ciò non
sindacabile in sede dl I legittimità, che lo stesso, anche in considerazione delle
necessità di sostentamento del nucleo familiare costituito dal coniugi De Aia Massetti, era di per sé inidoneo a giustificare, per la sua obiettiva consistenza,
l’acquisizione dei beni sequestrati, quand’anche incrementato nel tempo da
ulteriori entrate (indennizzo assicurativo; rendita immobiliare).

2. Conseguono alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella
proposizione della impugnazione – al versamento a favore della cassa delle

ha subito condanna, e ciò sia perché, come riconosciuto dalla stessa difesa dei

ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa,
Infra Indicata In dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuall e, ciascuno, al versamento della somma di Euro 1.000 (mille)
alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Rema, Il 22 marzo 2013.

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