Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32990 del 04/07/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32990 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAOLINO FRANCO N. IL 22/10/1958
SCICCHITANI MICHELANGELO N. IL 08/05/1958
avverso la sentenza n. 2148/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
26/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

yitY\

Data Udienza: 04/07/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Sante Spinaci, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Ruggiano, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Paolino Franco e Scicchitani Michelangelo sono imputati dei reati di

documentale e patrimoniale) e 223, comma 2, numero 2 legge fall.,
commessi nella qualità rispettivamente di socio ed amministratore di
fatto e di amministratore unico della società Euroedil Srl, dichiarata
fallita dal tribunale di Milano il 17 aprile 2003. Con la recidiva per il
Paolino. Il gip del tribunale di Milano, all’esito di giudizio abbreviato, ha
ritenuto che il materiale istruttorio non permettesse di ritenere provati i
fatti contestati ed ha pertanto assolto entrambi gli imputati per i reati
ascritti. La Corte d’appello di Milano, riformando la decisione di primo
grado, ha ritenuto gli imputati responsabili dei reati di bancarotta
fraudolenta documentale e patrimoniale e, concesse le attenuanti
generiche, equivalenti all’aggravante di cui all’articolo 219, comma 2,
numero 1 della legge fallimentare, in fatto contestata, ha condannato
ciascuno alla pena di anni due di reclusione ed al risarcimento dei danni
in favore della parte civile.
2.

Contro la predetta sentenza propongono ricorso per cassazione

entrambi gli imputati con unico atto per i seguenti motivi:
a. violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla
congruità del tempo che le parti avrebbero avuto a
disposizione per prendere visione del fascicolo fallimentare,
acquisito d’ufficio per l’udienza del 26 febbraio 2013; dalla
motivazione della sentenza – dice la difesa – emerge che il
fascicolo è pervenuto in cancelleria il 7 febbraio 2013 (quindi
19 giorni prima dell’udienza), ma dagli atti emerge un
rapporto di trasmissione dell’ordinanza dibattimentale del 21
dicembre 2012 datato 13 febbraio 2013, che è evidentemente
incompatibile con la data anteriore di ricezione del 7 febbraio
2013.
b. Violazione degli articoli 61, 63, 187, 191, 234, 238-bis del
codice di procedura penale perché la prova delle asserite
1

cui agli articoli 216, comma 1, nn. 1 e 2 (bancarotta fraudolenta

modalità distrattive del reato di bancarotta fraudolenta e del
reato di bancarotta documentale è stata desunta
principalmente dalla sentenza del tribunale civile numero
7428-07, mentre la valenza probatoria nel giudizio penale
delle sentenze passate in giudicato è riservata alle sole
sentenze penali. Inoltre, il significato probatorio delle
sentenze passate in giudicato è limitato all’avvenuto
accertamento dei fatti, a condizione che esistano circostanze

procedura penale. La Corte, viceversa, ha attribuito valore
probatorio alla sentenza civile non in quanto documento, ma
in quanto provvedimento decisorio. La difesa contesta, poi, la
rilevanza del provvedimento di sequestro conservativo delle
quote della società Domus Srl e l’utilizzabilità delle
dichiarazioni confessorie rese al curatore fallimentare.
c.

Con il terzo motivo di ricorso si lamenta il vizio della
motivazione, consistente nel mero rinvio alle relazioni del
curatore fallimentare ed alle circostanze di fatto esposte negli
atti dei giudizi civili. Vi sarebbe, poi, vizio assoluto di
motivazione in ordine all’attribuzione di responsabilità a titolo
di concorso morale e materiale ascritto al Paolino, nonché in
relazione all’indagine da effettuarsi circa la differenziazione e
l’autonomia tra le varie condotte tenute dagli imputati.

d. Violazione degli articoli 216 e 223 della legge fallimentare; la
mera lacunosità della documentazione contabile, dice la
difesa, non è sufficiente ad integrare gli estremi del reato di
bancarotta fraudolenta documentale, atteso che la stessa
sarebbe sintomatica del solo elemento materiale, né si può
pretendere di desumere il dolo dal solo fatto che lo stato delle
scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del
patrimonio e del movimento degli affari. Parimenti errata
sarebbe la qualificazione giuridica delle condotte distrattive. Vi
è poi contestazione sul concorso formale tra la bancarotta
fraudolenta patrimoniale e quella impropria.
e. Violazione degli articoli 516, 521, 522, 178 del codice di
procedura penale per aver ascritto agli imputati la circostanza
aggravante di cui all’articolo 219, senza che questa sia mai
stata contestata nel capo di imputazione.

di riscontro, ai sensi dell’articolo 238-bis del codice di

f.

Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione gli
articoli 133 e 163 del codice penale. Sotto tale profilo si
lamenta, innanzitutto, la erronea determinazione della pena,
conseguente all’applicazione della circostanza aggravante di
cui all’articolo 219. In secondo luogo, la motivazione sarebbe
fortemente contraddittoria nel momento in cui non considera
la recidiva contestata al Paolino come ostativa alla
concessione delle attenuanti generiche, per poi negare la

anche in virtù dei predetti precedenti del solo Paolino; vi
sarebbe, cioè, distonia tra il giudizio negativo in ordine al
beneficio della sospensione condizionale e quello positivo
concernente il riconoscimento delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per mancanza di
autosufficienza; i rapporti di trasmissione evocati nel ricorso non
sono stati prodotti e non è stata indicata in modo specifico la loro
collocazione negli atti di causa, non essendo nemmeno dato di sapere
se tali presunti atti siano giunti a questa Corte (nel fascicolo
principale di udienza, in ogni caso, non sono stati rinvenuti).
2. I motivi 2, 3 e 4, invece, sono fondati. Occorre premettere, in diritto,
che:
a. l’acquisibilità delle sentenze divenute irrevocabili ai fini della
prova dei fatti in esse accertati riguarda esclusivamente le
sentenze pronunziate in altro procedimento penale e non
anche quelle pronunziate in un procedimento civile, attese le
evidenti e sostanziali asimmetrie in ordine alla valutazione
della prova che caratterizzano i due diversi ordinamenti
processuali (cfr. Sez. 5, n. 14042 del 04/03/2013, Simona,
Rv. 254981; conf. Sez. 4, n. 28529 del 26/06/2008, Rv.
240316).
b. I riscontri esterni necessari alla valutazione probatoria delle
sentenze irrevocabili pronunziate in altri procedimenti possono
essere individuati anche in elementi già utilizzati nell’altro
giudizio, sempre che gli stessi non vengano recepiti

3

concessione del beneficio della sospensione condizionale

acriticamente, ma siano sottoposti a nuova ed autonoma
valutazione da parte del giudice (Sez. 6, n. 23478 del
19/04/2011, De Caro, Rv. 250098).
c. La regola di giudizio secondo cui per la condanna è necessario
che la colpevolezza risulti “al di là di ogni ragionevole dubbio”
non impedisce che venga riformata in appello la sentenza
assolutoria di primo grado; tuttavia, la rivisitazione in senso
peggiorativo da parte del giudice di appello deve essere

insufficienze della decisione assolutoria (Sez. 6, n. 34487 del
13/06/2012, Gobbi, Rv. 253434).
3. In forza degli invocati principi di diritto, la sentenza impugnata si
manifesta in parte viziata da violazione di legge, laddove ha utilizzato
per l’affermazione di responsabilità gli elementi derivanti dai giudizi
civili intentati da o nei confronti del fallimento, senza peraltro
procedere ad un’analisi critica delle prove ivi assunte, ma recependo
acriticamente i risultati di giudizio delle controversie civili; nemmeno
risultano indicati con precisione i necessari riscontri ai sensi
dell’articolo 238-bis del codice di procedura penale.
4. Occorre, poi, ribadire che l’onere motivazionale che incombe sul
giudice di secondo grado in caso di condanna dopo una sentenza di
primo grado di assoluzione è decisamente più pregnante rispetto al
caso di doppia conforme, dovendo il giudice raggiungere la “certezza
processuale” di colpevolezza senza poter fare affidamento sulla
motivazione resa dal giudice di prime cure. Se è noto, infatti, che “Il
giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della
motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle
sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda
confluendo in un risultato organico ed inscindibile” (Sez. 2, n. 11220
del 13/11/1997, Ambrosino; conff. Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003,
Zanotti; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano; sez. 2, n.
19947 del 15 maggio 2008), nel caso di decisione difforme (e tanto
più quando ad un’assoluzione segue una condanna) manca del tutto
il ruolo “supplente” della sentenza di primo grado e dunque più
rigoroso deve essere l’esame sulla congruità della motivazione. Nel
caso di specie, la sentenza si manifesta carente perché si limita ad
effettuare rinvii piuttosto generici e superficiali alle decisioni
raggiunte in sede civile, senza approfondire in modo specifico ed
4

sorretta da argomenti tali da evidenziare oggettive carenze o

adeguato gli elementi di responsabilità a carico degli imputati. Con
riferimento alla bancarotta documentale, poi, vi è anche un erroneo
sillogismo, laddove si pretende di fare discendere l’elemento
soggettivo del reato esclusivamente dalla accertata sussistenza della
fattispecie oggettiva.
5. In sostanza, dunque, la decisione impugnata si caratterizza, oltre che
per un impianto motivazionale troppo scarno, anche per essere
fondata sull’acritico recepimento di valutazioni operate in altri giudizi,

tutt’altro che scontata e dovrebbe comunque ritenersi limitata alla
valutazione delle prove in essi raccolte, da operarsi con autonomo ed
approfondito giudizio da parte del giudice penale. Non risultano, poi,
evidenziati con la necessaria specificità i riscontri richiesti dall’articolo
238-bis cod. proc. pen..
6. Il quinto motivo, relativo alla contestazione in fatto dell’aggravante
dei plurimi episodi di bancarotta, è infondato; è principio ormai
consolidato di questa Corte che ai fini della contestazione di una
aggravante non è necessaria la specifica indicazione della norma che
la prevede, essendo sufficiente la precisa enunciazione “in fatto” della
stessa, così che l’imputato possa avere cognizione degli elementi di
fatto che la integrano (Sez. 2, n. 14651 del 10/01/2013, Chatbi, Rv.
255793; conff. Sez. 6, n. 40283 del 28/09/2012, Diaji, Rv. 253776;
Sez. 2, Sentenza n. 47863 del 28/10/2003, Rv. 227076). Né si può
invocare la lesione dei diritti della difesa, dal momento che il capo di
imputazione evidenziava chiaramente che i fatti di bancarotta erano
plurimi e dunque l’imputato era stato messo in grado, sul punto, di
difendersi dalla concreta imputazione mossagli.
7. I motivi sulla pena restano assorbiti.
8. Ne consegue che la sentenza deve essere annullata con rinvio ad
altra sezione della corte d’appello di Milano per nuovo esame in ordine
alla responsabilità degli imputati per i reati ascritti.
p.q.m.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte
d’appello di Milano per nuovo esame.
Così deciso il 4/07/2014

la cui utilizzabilità peraltro – trattandosi di controversie civili – è

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