Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32987 del 09/07/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32987 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
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Sul ricorso proposto da Pulvirent»atrizia, nata il 5.7.1979 avverso la
sentenza del Tribunale della Libertà di Sassari del 7.2.2013. Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la
requisitoria del sostituto procuratore generale Eduardo Scardaccione, il
quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale della libertà di Sassari, decidendo sull’istanza di riesame
presentata da Pulvirenti Rita avente ad oggetto l’ordinanza del G.I.P. del
medesimo Tribunale in data 23 gennaio 2013, applicativa alla medesima
della misura cautelare della custodia in carcere, ha confermato il
provvedimento.
2. Ricorre, assistita da difensore, l’indagata contestando nella motivazione il
provvedimento impugnato. In particolare si critica come apodittica
l’affermazione del Tribunale secondo cui sarebbe integrato un tentativo di
rapina piuttosto che merì atti preparatori come tali non punibili. Si

Data Udienza: 09/07/2013

stigmatizza che i giudici del merito non spieghino con sufficiente
accuratezza cosa intendano affermare quanto riferiscono che le forze
dell’ordine avrebbero bloccato i supposti rapinatori perché ritenuti ormai in
procinto di realizzare il delitto. Si sostiene infatti che la fattispecie in esame
integrerebbe un mero tentativo di delitto in se stesso rimasto incompiuto. Si
adduce a riguardo il fatto, giudicato rilevante, che i supposti complici della
odierna imputata, nei mentre si svolgevano i fatti, si trovavano in casa della

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato. Per costante indirizzo di questa
Corte, puntualmente seguito nella sentenza impugnata, per la
configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e
propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori,
facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente
approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad
attuarlo, che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire
l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il
verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo
(Cass., sez. II, 20.11.2012, n. 46776). In particolare, assumono
rilevanza penale anche quegli atti che, pur essendo classificabili come
preparatori, per le circostanze concrete (di luogo – di tempo – di mezzi
ecc.) fanno fondatamente ritenere che l’azione – considerata come
l’insieme del suOdetti atti – abbia la rilevante probabilità di conseguire
l’obiettivo programmato e che l’agente si trovi ormai ad un punto di
non ritorno dall’imminente progettato delitto e che il medesimo sarà
commesso a meno che non risultino percepibili incognite che pongano
in dubbio tale eventualità, dovendosi, a tal fine, escludere solo quegli
eventi imprevedibili non dipendenti dalla volontà del soggetto agente,
atteso che costui ha solo un modo per dimostrare di avere receduto dal
proposito criminoso: ossia la desistenza volontaria, ex art. 56 c.p.,
comma 3 o il recesso attivo, ex art. 56 c.p., comma 4 (Cass. sez. II,
13.3.2012, n. 12175).
2. Nel caso di specie, la Corte di appello ricostruisce nella sentenza
impugnata i fatti rilevanti evidenziando una fattispecie concreta

stessa ed erano intenti a dormire.

assolutamente sussumibile nello schema disegnato dalla giurisprudenza
riportata, in particolare sottolineando come l’odierna ricorrente e i suoi
complici si fosSero approvvigionati degli strumenti necessari per
eseguire la rapina (quali taglierine, guanti, seghetto, nastro da pacchi,
piede di porco); avessero inoltre discusso e concordato la distribuzione
dei compiti da assegnare a ciascuno e le modalità operative del delitto;
avessero compipto plurimi accessi presso il luogo in cui lo stesso

giornale per timore di essere inquadrati dalle telecamere di servizio.
Proprio in occasione di uno di tali sopralluoghi, le forze dell’ordine sono
intervenute ed hanno bloccato l’imputata dei suoi complici.
3 Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto
deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento,
nonché – ravvisendosi profili di colpa nella determinazione della causa
di inammissibil0 – al pagamento a favore della cassa delle ammende
della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei
motivi dedotti.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle
ammende. Si provveda ai sensi dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. c.p.p.

Così deliberato il 9.7.2013.

Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio
Il Presidente
ranco FI ndanese

avrebbe dovuto realizzarsi, nascondendo sempre il viso dietro un

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