Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32982 del 16/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32982 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MANCO ENRICO N. IL 07/08/1962
avverso la sentenza n. 4889/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
04/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA

Data Udienza: 16/06/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Pietro Gaeta, ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

rito ordinario, Manco Enrico era condannato alla pena di giustizia per i reati
di minaccia e di lesioni layit in danno di Giacometti Giorgio, commessi
nell’ambito di un diverbio per la definizione dei confini fra due porzioni di
giardino, ed in particolare per una differenza di 20 cm riguardante il punto
in cui doveva essere costruito un muretto di confine.
1.1 II Tribunale ha fondato l’affermazione di responsabilità sulle
dichiarazioni della persona offesa, che ha fornito sempre la medesima
versione anche all’esito del controesame della difesa, la quale non ha
proposto contestazioni nel corso del suo esame rispetto a quanto dichiarato
in sede investigativa; tali dichiarazioni sono state ritenute intrinsecamente
attendibili, poiché il racconto dei fatti è apparso coerente e preciso, nonché
riscontrato da una serie di elementi, quale il referto dell’Ospedale San Carlo
di Nancy, redatto nell’immediatezza dei fatti ed i cui esiti sono stati ritenuti
del tutto compatibili con la ricostruzione della vicenda emersa dalla
deposizione. È stato poi ed il contenuto della registrazione, trascritta dal
perito, di una conversazione tra la persona offesa ed il teste Anello, nella
quale quest’ultimo ammette (diversamente da quanto poi riferito in
dibattimento) di aver assistito alla discussione ed all’aggressione.
2. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 4 luglio 2013, confermava
parzialmente la decisione del Tribunale, dichiarando l’improcedibilità del
delitto di minaccia per intervenuta remissione di querela e revocando le
statuizione civili.
3.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, con atto

sottoscritto dal difensore, avv. Giorgio Manca, affidato a due motivi.
3.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 606, cod. proc.
pen., lettera E, in relazione agli artt. 582, 583 cod. pen., poiché la
decisione impugnata non supera le obiezioni di inattendibilità della persona
offesa, che derivavano dalla situazione di conflittualità già in precedenza
esistente tra le parti e che avrebbero dovuto indurre a sottoporre a
2

1. Con sentenza del Tribunale di Roma del 12 luglio 2010, resa in esito a

rigorosa critica le sue affermazioni, nonché da quanto riferito dal teste
Anello e da quanto desumibile dalla registrazione di un colloquio tra il teste .e,
la parte civile, dal quale non emergeva alcuna conferma alla versione
accusatoria. A giudizio del ricorrente era invece credibile la versione
dell’imputato, secondo il quale le lesioni furono causate da una caduta

3.2 Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 606, cod. proc.
pen., lettera E, in relazione all’art. 583, cod. pen., con riferimento alla
gravità delle lesioni, affermata in difetto di una perizia sul punto ed in
presenza di un referto medico che quantificava in 21 giorni la prognosi di
guarigione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va rigettato.
1.1 Il primo motivo è infondato, al limite dell’inammissibilità, poiché
costituisce principio consolidato quello secondo cui non può formare
oggetto di ricorso l’indagine sull’attendibilità dei testimoni, salvo il controllo
sulla congruità e logicità della motivazione adottata dal giudice di merito,
che, nella fattispecie, appare coerente e logica (Sez. 2, n. 20806 del
05/05/2011, Tosto, Rv. 250362); infatti il giudizio sulla rilevanza ed
attendibilità delle fonti di prova è devoluto insindacabilmente ai giudici di
merito e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio libero
convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi
probatori, piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità
degli assunti difensivi, quando non sia fatta con affermazioni apodittiche o
illogiche, si sottrae al controllo di legittimità della Corte Suprema.
1.2 La Corte territoriale ha confermato la valutazione di attendibilità delle
dichiarazioni della persona offesa, ampiamente argomentata dal Tribunale,
come si è sopra ricordato, alla quali, occorre ricordare, non si applicano le
regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., potendo essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, previa verifica rigorosa, corredata da idonea
motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità
intrinseca del suo racconto (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv.
3

accidentale.

253214); la decisione di appello ribadisce che le parole del Giacometti
hanno trovato conferma nel referto medico e nella registrazione, trascritta
dal perito, della conversazione tra la persona offesa ed il teste Anello.
Il giudice di appello si fa anche carico di escludere la possibilità che le
lesioni siano state frutto di una caduta accidentale, osservando che se

dall’imputato, egli non avrebbe riportato lesioni tali da incidere su molti
distretti ed aree del capo, del tronco e delle braccia,

k lesioni sono invece

perfettamente coerenti rispetto ad una serie di colpi e pugni inferti da
direzioni e con proiezioni diverse.
2. Il secondo motivo, riguardante la durata dell’infermità, è inammissibile,
poiché proposto per la prima volta in sede di legittimità, in contrasto con
l’orientamento costante di questa Corte (Sez. 3, n. 21920 del 16/05/2012,
Hajmohamed, Rv. 252773) secondo cui la denuncia di violazioni di legge
non dedotte con i motivi di appello costituisce causa di inammissibilità
originaria dell’impugnazione. Il parametro dei poteri di cognizione del
giudice di legittimità è delineato dall’art. 609, comma 1, cod. proc. pen., il
quale ribadisce in forma esplicita un principio già enucleabile dal sistema, e
cioè la commisurazione della cognizione di detto giudice ai motivi di ricorso
proposti. Detti motivi – contrassegnati dall’inderogabile

“indicazione

specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto” che sorreggono
ogni atto d’impugnazione (artt. 581, 1° co, lett. E e 591, 10 co., lett. C,
cod. proc. pen.) – sono funzionali alla delimitazione dell’oggetto della
decisione impugnata ed all’indicazione delle relative questioni, con modalità
specifiche al ricorso per cassazione.
3. In conclusione il ricorso va rigettato, con le conseguente condanna
dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente
processuali.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2014
Il consiL
liere estensore

al pagamento delle spese

veramente il Giacometti fosse caduto inciampando, come affermato

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