Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32977 del 11/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32977 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALDI GRAZIANO N. IL 02/05/1953
avverso la sentenza n. 915/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
15/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO

Data Udienza: 11/06/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gioacchino Izzo, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Alviano, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATI-0

Saldi Graziano è imputato dei delitti di cui agli articoli 224, primo

comma, in relazione all’articolo 217, primo comrpa numero 4 e ge -CO-Z-do
MIA , 24
g allimentare per
comma, 1219ys
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—Iiiab—c-dryti numero 1
/
avere aggravato il dissesto della società APS srl, di cui era
amministratore unico, astenendosi dal richiedere la dichiarazione di
fallimento, pur a fronte dell’integrale perdita del capitale intervenuta fin
dall’esercizio 2002, nonché per aver tenuto in maniera irregolare ed
incompleta i libri e le altre scritture contabili prescritte dalla legge (in
particolare, dall’esercizio 2002 ometteva la corretta valutazione di crediti
per un ammontare complessivo pari ad euro 952.851,15, iscrivendo poi
a sopravvenienze passive dette poste per euro 630.842,10 il
31.12.2006).
2.

Il tribunale di Milano ha dichiarato l’imputato colpevole dei reati

ascritti e, concesse le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante
contestata, lo ha condannato alla pena di un anno di reclusione, con
sospensione condizionale della pena; la Corte d’appello di Milano ha
ridotto la pena ad otto mesi di reclusione, confermando nel resto.
3.

Il Saldi propone ricorso per cassazione per i seguenti tre motivi:
a. difetto totale di motivazione in ordine al reato di bancarotta
documentale, con riferimento alla rettifica afferente i crediti
diversi da quello per Iva.
b. Difetto totale di motivazione ed erronea applicazione della
legge con riferimento all’aggravamento del dissesto; lamenta
la difesa che tale argomento, pur oggetto di appello, non sia
stato trattato dal giudice di secondo grado, se non con una
motivazione inconsistente. Secondo la difesa, al fine di
determinare se la prosecuzione dell’attività di impresa abbia o
meno determinato un aggravamento del passivo, non è
sufficiente verificare il montante degli interessi e degli
accessori sui crediti precedenti, ma occorre verificare se in

1

1.

concreto siano sorti crediti nuovi e tale valutazione non è
stata effettuata né in primo, né in secondo grado.
c. Erronea applicazione della legge con riferimento alla ritenuta
insussistenza del credito Iva; rileva il ricorrente come sia stata
accertata (o sia quantomeno dubbia) l’esistenza del credito
Iva verso l’erario e che ciò sia sufficiente per l’iscrizione della
relativa posta attiva a bilancio, non potendo giustificare
l’eliminazione della predetta posta creditoria il semplice fatto

la fideiussione richiesta dall’erario per la liquidazione. Al più,
eventuali rischi di concreta esigibilità del credito avrebbero
dovuto essere evidenziati in un fondo svalutazione, ma la
società era comunque tenuta ad iscrivere il credito tra le poste
attive del bilancio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato; occorre innanzitutto ricordare che integra il
reato di bancarotta impropria da reato societario l’amministratore di
società che esponga nel bilancio dati non veri al fine di occultare la
sostanziale perdita del capitale sociale, evitando così che si palesasse la
necessità di procedere al suo rifinanziamento o alla liquidazione della
società, provvedimenti la cui mancata adozione determinava
l’aggravamento del dissesto di quest’ultima (Sez. 5, n. 28508 del
12/04/2013, Mannino, Rv. 255575).
2. Si deve, altresì, ricordare che il giudice di legittimità, ai fini della
valutazione della congruità della motivazione del provvedimento
impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo
grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico
ed inscindibile (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino; conff. Sez.
6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003,
Vigevano; sez. 2, n. 19947 del 15 maggio 2008).
3. Ciò premesso, ed entrando nell’esame del ricorso, si deve
osservare che il dedotto vizio di motivazione, con riferimento
all’aggravamento del dissesto, non sussiste; la invero non chiarissima
proposizione contenuta, in proposito, nella sentenza di appello (e
puntualmente riportata nel ricorso), si chiarisce leggendo la sentenza di

2

che l’amministratore non era al momento in grado di reperire

prime cure, laddove si evidenzia che l’aggravamento del dissesto
risultava dalla comparazione tra il bilancio rettificato del 2002 con quello
del fallimento (cfr. penultima pagina). Alla pagina 4, poi, la sentenza
spiega – dando così significato alla contestata affermazione della
sentenza di appello – che non risultavano inseriti in contabilità i dati
riferibili alle sanzioni ed agli interessi per gli omessi versamenti tributari,
oltre che sui debiti previdenziali e commerciali (elementi contabili che
non potevano non avere un effetto di aggravamento sul dissesto, non

misura).
4. In ogni caso, la difesa del ricorrente non contesta la predetta
circostanza, sostenendo, invero, il non condivisibile principio, in diritto,
che la maturazione di interessi ed accessori sui debiti non contribuisca
all’aggravamento del dissesto. Invero, l’ottica difensiva, che esamina il
problema dal punto di vista del pregiudizio per i creditori, i quali
avrebbero comunque avuto (con la dichiarazione di fallimento) la
sospensione del corso degli interessi, non può essere accolta perché la
fattispecie penale postula unicamente l’aggravamento del dissesto e cioè
l’oggettivo incremento del passivo. E che il maturare di interessi, spese e
sanzioni produca un incremento del passivo non può essere seriamente
revocabile in dubbio.
5. Per quanto riguarda la bancarotta documentale, la motivazione è
indubbiamente approfondita per quanto riguarda il credito Iva,
evidenziandosi correttamente la necessità non tanto di evitare
l’annotazione del credito stesso, quanto piuttosto di inserire a bilancio un
fondo di svalutazione crediti, essendo evidente l’oggettiva difficoltà (poi
divenuta vera e propria impossibilità) di riscossione del credito Iva
(anche se sussistente) per mancanza dei mezzi finanziari per prestare la
fideiussione richiesta dall’erario. La violazione dei corretti principi di
appostazione contabile rendeva la contabilità irregolare ai sensi dell’art.
217, comma II, I. fall., reato peraltro punibile anche a titolo di semplice
colpa.
6. Quanto alla motivazione relativa agli altri crediti iscritti a bilancio,
si deve notare come non solo si tratti di elementi non determinanti
(bastando, ai fini di configurazione del reato, quanto detto sopra), ma
come, ancora una volta, la motivazione di appello debba essere letta
congiuntamente a quella di primo grado, più approfondita sul punto.

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risultando neutralizzati da elementi sopravvenuti di attivo almeno in pari

7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato; ai sensi dell’art. 616
c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che
lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento.

p.q.m.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso il 11/06/2014

processuali.

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