Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32973 del 10/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32973 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PICCIOLI ALESSANDRA N. IL 03/12/1983
PICCIOLI BRUNO N. IL 29/09/1956
SANTINI LOREDANA N. IL 03/05/1958
RICCI ROBERTO N. IL 01/07/1980
DELL’AMICO MATTEO N. IL 13/07/1985
avverso la sentenza n. 1413/2011 CORTE APPELLO di GENOVA, del
01/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO

Udito, er la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 10/06/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’Angelo,
ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per prescrizione per B, C, D, E (salvo capo A, per il quale
chiede il rigetto).
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Martini, il quale chiede
l’accoglimento del proprio ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Caprara, anche in sost. Avv.

RITENUTO IN FATTO

1.

Piccioli Alessandra, Piccioli Bruno, Santini Loredana, Ricci Roberto,

Dell’Amico Matteo sono imputati di lesioni e di rissa aggravata, secondo
le rispettive imputazioni.
2.

Il tribunale di Massa ha ritenuto i predetti imputati responsabili dei

reati loro singolarmente ascritti (salvo assoluzione per il capo C per
Dell’amico Matteo) e li ha condannati alle pene di legge, interamente
condonate ai sensi della legge 241-2006.
3.

La Corte d’appello di Genova, decidendo sulle impugnazioni degli

imputati, ha confermato integralmente la sentenza di primo grado,
condannando gli appellanti al pagamento delle spese processuali del
grado.
4.

Contro la predetta sentenza propongono ricorso per cassazione

tutti gli imputati per i seguenti motivi:
5.

Piccioli Alessandra
a. erronea applicazione dell’articolo 52 del codice penale, nonché
contraddittorietà della motivazione sul punto. La ricorrente
contesta la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di
appello,

in

quanto

apodittica

ed

assolutamente

decontestualizzata, con particolare riferimento
all’insussistenza di pericolo di danno nei confronti della
Santini, da parte del Ricci.
b. Erronea applicazione dell’articolo 59 del codice penale e
mancanza di motivazione sul punto con riferimento alla
prospettata ipotesi della legittima difesa putativa.

1

Barsotti, il quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

c.

Erronea applicazione dell’articolo 583, comma 2, numero 4 del
codice penale. Mancanza e contraddittorietà della motivazione
sul punto; mancanza di dolo dello sfregio.

d.

Falsa applicazione dell’articolo 59, comma 2, del codice penale
e mancanza di motivazione sul punto, con riferimento alla
dimostrazione della conoscibilità da parte dell’aggressore degli
effetti del proprio agire (in relazione allo sfregio cagionato a
Ricci Roberto).

a.

inosservanza od erronea applicazione della legge penale in
relazione all’articolo 110 cod. pen. con riferimento al concorso
nelle lesioni gravissime prodotte ai danni di Ricci Roberto.

b. Omessa

o

contraddittoria

motivazione

in

ordine

all’individuazione del contributo causale fornito alle lesioni
gravissime di cui al capo A.
c.

Omessa

o

contraddittoria

motivazione

in

relazione

all’individuazione del contributo causale fornito all’evento
lesivo di cui al capo A.
d. Inosservanza od erronea applicazione dell’articolo 588 del
codice penale; “il reato di rissa non può ritenersi integrato
dice la difesa

per l’assenza del numero sufficiente di

corrissanti, dalla diversa scansione temporale dei vari episodi
e dalla diversità dei soggetti supposti corrissanti”.

Pertanto,

non potrebbe ritenersi integrato il reato di rissa perché si
tratta di singoli episodi violenti.
7. Santini Loredana
a.

inosservanza od erronea applicazione della legge penale in
relazione all’articolo 110 del codice penale, nonché omessa o
contraddittoria motivazione sul punto con riferimento al
concorso nelle lesioni gravissime prodotte ai danni di Ricci
Roberto.

b. Inosservanza od erronea applicazione dell’articolo 52 del
codice penale, nonché omessa o contraddittoria motivazione
sul punto con riferimento alle lesioni prodotte direttamente
nei confronti del Ricci, mediante schiaffi al volto; tutto ciò
senza considerare che l’intervento della Santini è stato dettato

2

6. Piccioli Bruno

esclusivamente dalla necessità di salvare il proprio marito
dall’aggressione in corso.
c. Erronea applicazione dell’articolo 588 del codice penale;
secondo la difesa ricorrente gli episodi di violenza singola nel
caso in esame non possono definirsi come saldati in un’unica
sequenza di eventi, senza soluzione di continuità, così come
affermato dalla Corte. Non può ritenersi integrato il reato di
rissa per il semplice motivo che si tratta di singoli episodi

per lontananza spazio temporale degli stessi, come un unico
episodio di violenza dal quale sono scaturite le lesioni.
8. Ricci Roberto e Dell’Amico Matteo
a.

Violazione di legge con riferimento all’articolo 582 del codice
penale per mancanza di prova oggettiva di una malattia a
carico di Piccioli Alessandra, riconducibile ad azione del Ricci;
in subordine, derubricazione a percosse del reato di lesioni
contestato al Ricci.

b.

Inosservanza della legge penale in relazione all’articolo 52 del
codice penale, per mancato riconoscimento della legittima
difesa, attesa la assoluta proporzionalità tra questa e l’offesa
recata al Ricci da Piccioli Bruno.

c.

Violazione dell’articolo 111 della costituzione e dei principi
sulla formazione ed utilizzabilità della prova, oltre che di
affidabilità della stessa, con conseguente carenza e manifesta
illogicità della motivazione.

d.

Violazione degli articoli 588 e 52 del codice penale, anche con
riferimento alla posizione di Dell’Amico Matteo, posto che dalla
ricostruzione della vicenda emerge che i due ricorrenti
vengono contemporaneamente aggrediti, mentre non ci
sarebbe stata un’aggressione reciproca di due gruppi
contrapposti.

e.

Manifesta

contraddittorietà

della

motivazione

nonché

violazione dell’articolo 110 del codice penale con riferimento
alle lesioni cagionate a Piccioli Bruno ed addebitate a
Dell’Amico Matteo in concorso con Ricci Roberto.

3

violenti, non definibili, per diversità dei soggetti partecipi e

f. Manifesta illogicità nella ricostruzione effettuata della misura
delle pene, rispetto a quanto prospettato dal primo giudice,
senza alcuna motivazione nella elevazione delle stesse a
proposito delle lesioni. Secondo i ricorrenti la pronuncia della
Corte territoriale non regge, sotto il profilo della
quantificazione delle pene, al vaglio della logica e dell’equità.
Con memoria depositata il 21 maggio 2014, il difensore di Ricci
Roberto e Dell’Amico Matteo ha ulteriormente specificato il motivo

riferimento al computo della pena ed all’individuazione della pena
base.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

I reati contestati sono, come sostenuto dalle parti, ad oggi prescritti,
pur tenendo conto delle interruzioni e delle sospensioni applicabili; il
PG ha fatto eccezione per il reato di cui al capo A, ma non ha tenuto
conto che le attenuanti generiche sono state concesse a tutti gli
imputati e per tutti i reati, senza distinzione, e ritenute equivalenti
alle aggravanti. Pertanto, anche le lesioni di cui al capo A, per effetto
delle concesse attenuanti con giudizio di equivalenza e tenuto conto
della disciplina anteriore alla legge ex Cirielli, è ad oggi prescritto.

2.

Orbene, i motivi di impugnazione non sono inammissibili e, quindi,
del maturarsi del termine prescrizionale si deve tenere conto anche
in sede di legittimità. I motivi di impugnazione meritano
considerazione perché pongono l’accento, anche se con alcune
concessioni al merito della vicenda certamente inammissibili in sede
di legittimità, su inadempienze motivazionali della sentenza
impugnata che non sembrano totalmente infondate. A tal proposito
appare opportuno ricordare che la Suprema Corte (Cass., sez. 4, 5
giugno 1992-15 febbraio 1993, n. 1340, CED 193033; S.U. 21
ottobre 1992-22 febbraio 1993, n. 1653, Marino, CED 192465; Cass.,
Sez. 6, 7-31 marz 2003, n. 15125, CED 225635) ha stabilito che in
presenza di una causa di estinzione del reato non sono rilevabili in
cassazione vizi di motivazione della sentenza, perché l’inevitabile
rinvio della causa all’esame del giudice di merito dopo la pronuncia di
annullamento è incompatibile con l’obbligo della immediata
declaratoria di proscioglimento per l’intervenuta estinzione del reato,
4

relativo alla violazione di legge ed al vizio di motivazione con

stabilito dall’art. 129 c.p.p., comma 1. Ne consegue che è del tutto
superfluo l’esame approfondito di tali motivi di ricorso, essendo ciò
indifferente in caso di annullamento della sentenza per intervenuta
prescrizione. Le predette considerazioni valgono anche per le nullità
processuali (Sez. 6, n. 21459 del 26/03/2008 – dep. 28/05/2008,
Pedrazzini, Rv. 240066; conf. Sez. 5, n. 39217 del 11/07/2008 – dep.
20/10/2008, Crippa, Rv. 242326) e per le violazioni di legge che non
comportino l’assoluzione con formula piena dell’imputato (cfr. Sez. 5,

241734).
3. Non ricorrono, comunque, i presupposti per una pronuncia
assolutoria ex art. 129 c.p.p., comma 2, perché, tenuto conto di
quanto emerge a carico degli imputati dalla motivazione delle due
sentenze, non risulta affatto evidente la estraneità dei ricorrenti ai
fatti contestati (Sez. 6, n. 32872 del 04/07/2011 – dep. 25/08/2011,
Agulli e altri, Rv. 250907); in presenza della causa estintiva della
prescrizione, l’obbligo di declaratoria di una più favorevole causa di
proscioglimento ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen. da parte della
Corte di Cassazione richiede il controllo unicamente della sentenza
impugnata, nel senso che gli atti dai quali può essere desunta la
sussistenza della causa più favorevole sono costituiti unicamente
dalla predetta sentenza, in conformità con i limiti di deducibilità del
vizio di mancanza o manifesta illogicità di motivazione, che, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. e), deve risultare dal testo del
provvedimento impugnato. (Sez. 4, n. 9944 del 27/04/2000 – dep.
22/09/2000, Meloni, Rv. 217255). Ed in ogni caso le circostanze
idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del
medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale devono
emergere dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che
la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga
più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”,
che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con
qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n.
35490 del 28/05/2009, Tettannanti, Rv. 244274); la “evidenza”
richiesta dall’art. 129, comma secondo, cod. proc. pen., presuppone,
infatti, la manifestazione di una verità processuale così chiara,
manifesta ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione,
concretizzandosi in qualcosa di più di quanto la legge richiede per

5

n. 39401 del 18/09/2008 – dep. 21/10/2008, Pannofino e altri, Rv.

l’assoluzione ampia. (Sez. 2, n. 9174 del 19/02/2008, Palladini, Rv.
239552).
4. Cosicché è necessario prendere atto della intervenuta causa estintiva
e annullare senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati
estinti per intervenuta prescrizione.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati ascritti
agli imputati estinti per intervenuta prescrizione.
Così deciso il 10/06/2014

p.q.m.

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