Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32968 del 30/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32968 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Haxhiray Esmeralda, nata a Tirana (Albania) il 23/06/1969

avverso la sentenza emessa il 31/05/2012 dal Tribunale di Bologna

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Esmeralda Haxhiray ricorre avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa 1’08/07/2010 nei confronti
della sua assistita dal Giudice di pace di Bologna: l’imputata risulta essere stata
condannata per il delitto di cui all’art. 594 cod. pen., in ipotesi commesso in
danno del coniuge Antonio Magliarella, costituitosi parte civile.

Data Udienza: 30/05/2014

Nell’interesse della ricorrente si deduce:
inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 599 cod. pen.
La difesa lamenta l’erroneità della decisione impugnata laddove non
ravvisa in favore dell’imputata l’esimente della provocazione, essendo
stato provato in base a plurime testimonianze che tra i due coniugi vi
fosse ben più di una “generica condizione di conflittualità”, come
sostenuto dal Tribunale, trattandosi invece di forti e continue tensioni tali
da costituire il presupposto stesso della condotta contestata (il giudice

sporte dall’imputata nei confronti della persona offesa, sul solo rilievo che
furono posteriori ai fatti qui rubricati)
carenza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata
Secondo il difensore della Haxhiray, il giudicante si sarebbe limitato a
richiamare la decisione di primo grado, senza curarsi di spiegare perché i
motivi di appello non avrebbero dovuto trovare accoglimento; sarebbe
stato invece necessario «un diverso approccio del Tribunale alla sentenza,
non limitato a tralasciare le argomentazioni espresse dalla difesa ma
bensì proteso a confutare adeguatamente e specificamente i più rilevanti
argomenti espressi a contrariis, dimostrandone con doverosa analisi
critica l’incompletezza o l’incoerenza, e non adagiandosi su quelle
valutazioni espresse dal primo giudice e confutate dalla difesa con il
gravame».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve reputarsi inammissibile.
1.1 Le doglianze di cui al primo motivo riproducono infatti le stesse ragioni
già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame: la censura così
acriticamente ribadita risulta pertanto non specifica, in quanto il difetto di
specificità – rilevante ai sensi dell’art. 581, lett. c), cod. proc. pen. – va
apprezzato non solo in termini di indeterminatezza, ma anche «per la mancanza
di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di
aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc.
pen., all’inammissibilità dell’impugnazione» (Cass., Sez. II, n. 29108 del
15/07/2011, Cannavacciuolo).

2

dell’appello avrebbe poi pretermesso di valutare le numerosissime querele

In concreto, la difesa insiste nella tesi – offerta come mera allegazione, e
non supportata da elementi di sorta – che se un soggetto giunge ad usare epiteti
offensivi verso qualcuno, ciò comporta necessariamente che vi sia stata una
condotta presupposta a parti inverse: per poter affermare l’operatività
dell’esimente ex art. 599 cod. pen., come esposto nella sentenza impugnata con
argomenti che il ricorso non dimostra di tenere in considerazione, occorre invece
la prova concreta di un rapporto di derivazione diretta delle reciproche
contumelie, anche se non di indispensabile contestualità.

la difesa segnala che il Tribunale non avrebbe dovuto pretermettere gli
argomenti difensivi, senza indicare quali sarebbero stati ignorati e perché
avrebbero avuto carattere di decisività, né spiega come le valutazioni del giudice
di prime cure – cui la sentenza impugnata si sarebbe adagiata acriticamente sarebbero state confutate con i motivi di appello.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dell’imputata al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà della ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 30/05/2014.

1.2 Ancor più manifestamente generico appare il secondo motivo di ricorso:

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