Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32967 del 29/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32967 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SEGALA FULVIO N. IL 27/06/1956
avverso la sentenza n. 3737/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
05/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

(Aiu

Data Udienza: 29/05/2014

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– Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Giovanni D’Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
– Udito, per la parte civile Sabrina Loncrini, l’avv. Emanuele Olcese in sost.
dell’avv. Asaro, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

quella emessa dal locale Tribunale, sezione distaccata di Salò, ha condannato
Segala Fulvio per lesioni personali e violenza privata in danno di Sabrina
Loncrini, oltre al risarcimento del danno patito da quest’ultima, costituitasi parte
civile.
Secondo l’accusa, condivisa dai giudicanti, il Segala, che era socio di Loncrini
nella Boat Sei-vice Snc, per impedire che quest’ultima prendesse visone della
documentazione societaria contenuta all’interno di una borsa, afferrò e distorse il
braccio della donna, che aveva appreso la borsa suddetta.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
dell’imputato, l’avv. Luigi Frattini, che contesta la logicità della motivazione con
cui è stata esclusa la legittima difesa e deduce, per lo stesso motivo, violazione
degli artt. 52 e 59, comma 4, cod. pen.. Lamenta che la Corte d’appello abbia
disatteso, immotivatamente, la tesi difensiva, secondo cui Segala agì solamente
al fine di impedire che venisse sottratta documentazione societaria e che,
sempre immotivatamente, abbia escluso la legittima difesa putativa, ovvero
l’eccesso colposo. Inoltre, lamenta l’errore di diritto in cui la Corte di merito è
incorsa, in quanto ha escluso la legittima difesa putativa sulla base della
“inescusabilità dell’errore”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Le doglianze dell’imputato, che si concentrano sul disconoscimento della
legittima difesa, sono infondate.
1. L’accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa, reale o
putativa, e dell’eccesso colposo deve essere effettuato con un giudizio “ex ante”
calato all’interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano
la fattispecie da esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo e non
assoluto ed astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito,
cui spetta esaminare, oltre che le modalità del singolo episodio in se considerato,
anche tutti gli elementi fattuali antecedenti all’azione che possano aver avuto
2

1. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 5/11/2012, a conferma di

c

concreta incidenza sull’insorgenza dell’erroneo convincimento di dover difendere
sé o altri da un’ingiusta aggressione, senza tuttavia che possano considerarsi
sufficienti gli stati d’animo e i timori personali (Cass. N. 13370 del 5/3/2013).

2. Nel caso di specie la legittima difesa è stata esclusa in considerazione della
sicura esistenza, in capo alla persona offesa, del diritto di prendere cognizione
della documentazione societaria, essendo la Loncrini socia della Boat Service
Snc, e quindi, indipendentemente dalla titolarità della rappresentanza (su cui la

soggetto personalmente e illimitatamente responsabile. Nessun diritto aveva,
pertanto, l’imputato di impedire alla socia l’apprensione della documentazione
suddetta, sita in un locale occupato dalla società, al fine di esaminarla e
valutarla. Di conseguenza, la reazione posta in essere dall’imputato, allorché si
accorse che la donna aveva appreso la borsa contenente la documentazione, era
ingiustificata, oltre che, come si dirà, sproporzionata.

3. La Corte d’appello ha escluso l’eccesso colposo di legittima difesa per
l’inesistenza di un diritto esclusivo – in capo all’imputato – sulla documentazione
societaria; inoltre, perché la reazione è stata volontariamente sproporzionata
rispetto alla necessità di difendere un supposto diritto. Tale motivazione non
soffre – contrariamente all’assunto difensivo – né di illogicità né di illegittimità,
giacché la colpa nella reazione difensiva è effettivamente subordinata
all’esistenza di due condizioni: l’esistenza di un diritto (esclusivo) che si assume
minacciato; la sproporzione, per colpa, nella reazione. Nella specie – è stato
rilevato – non sussisteva il diritto (per quanto è stato detto al punto precedente)
e la reazione è stata consapevolmente decisa e violenta, perché diretta ad
impedire che la socia prendesse autonomamente cognizione delle vicende
societarie. La sproporzione – quindi – non è dipesa da colpa ma dalla volontà di
attuare un ius excludendi sulla documentazione della società: volontà
logicamente incompatibile con l’erronea valutazione del pericolo e della
adeguatezza dei mezzi usati.

4. Gli argomenti sopra sviluppati spiegano anche perché è stata esclusa la
legittima difesa putativa. Questa, se non richiede l’esistenza di un pericolo vero
ed effettivo, non si affida tuttavia a semplici timori e vaghe supposizioni, ma
postula sempre la presenza di un complesso di circostanze obbiettive, atte a
creare nella mente dell’agente la fondata convinzione di essere sul punto di
subire un attacco e di doversi difendere. Ciò in quanto l’ erroneo convincimento
dell’agente deve derivare dalla ragionevole persuasione di versare in una
situazione di pericolo che determini la necessità di un’azione difensiva; e tale
3

Corte d’appello non ha ritenuto di avere elementi per pronunciarsi), anche

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ragionevolezza non può non essere valutata in rapporto alla situazione obbiettiva
o di fatto, che valga a spiegare e giustificare l’errore dell’agente. L’erronea
supposizione dell’agente circa la situazione di pericolo deve trovare causa, cioè,
in un fatto accertato che abbia in sé l’idoneità a far sorgere tale supposizione.
Tale “fatto” è stato ragionevolmente escluso dal giudice della sentenza
impugnata, giacché non poteva essere la sola apprensione della borsa
(contenente i documenti) a ingenerare il dubbio o la convinzione che la socia
volesse appropriarsi del contenuto della stessa; e soprattutto non poteva la

l’integrità della documentazione societaria, visto che poteva essere agevolmente
fermata, anche senza ricorrere a forme di coazione diretta sulla persona
(l’imputato poteva limitarsi ad impedire la fuoriuscita della socia dai locali della
società, ove questa avesse inteso allontanarsi con i documenti che non le
appartenevano). Sono questi i motivi – diffusi nella sentenza d’appello – che
hanno indotto il giudicante ad escludere la legittima difesa putativa, per cui non
costituisce motivo di annullamento l’affermazione, certamente errata, contenuta
a pag. 8 della sentenza impugnata, secondo cui la scriminante putativa è da
escludere – nella specie – per la non scusabilità dell’errore in cui Segala è incorso
(infatti, l’errore scusabile elide l’antigiuridicità, mentre è proprio l’errore non
scusabile che introduce la scriminante putativa). Trattasi di argomento errato
che non incrina, comunque, il solido apparato argomentativo della decisione,
fondato su una esaustiva valutazione della prova e un corretto inquadramento
delle fattispecie, che conducono – per vie comunque praticabili – alla esclusione
della scriminante in parola.

5.

In definitiva, mette conto sottolineare che, secondo la consolidata

giurisprudenza di questa Corte, il riconoscimento o l’esclusione della legittima
difesa, reale o putativa, e dell’ eccesso colposo nella stessa costituiscono un
giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità quando – come nella specie –

donna, nella circostanza sopradetta, rappresentare un pericolo reale per

gli elementi di prova siano stati puntualmente accertati e logicamente valutati
dal giudice di merito (Cass., n. 3148 del 19/2/2013)

6. L’infondatezza delle doglianze comporta che il ricorso va rigettato ed il
ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, oltre a quelle di
rappresentanza e difesa della parte civile, che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

4

I

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al rimborso delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in
C 1.500, oltre accessori di legge.

Così deciso il 29/5/2014

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