Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32961 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32961 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OUADIF SAID N. IL 21/08/1987
avverso l’ordinanza n. 2836/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
1ette/s9kite le conclusioni del PG Dott.
t.r>

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/04/2013

34775/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 12 giugno 2012 la Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile
l’appello presentato da Ouadif Said contro sentenza del GUP del Tribunale di Milano del 9
febbraio 2012 che all’esiti° di giudizio abbreviato l’aveva condannato per il reato di cui
all’articolo 73, comma 1, d.p.r. 309/1990. L’appello lamentava il mancato riconoscimento
dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 5, d.p.r. 309/1990 e l’eccessività della pena. La
corte ha ritenuto che le doglianze costituissero la riproposizione di questioni già affrontate in

quanto concerne l’attenuante, e che fossero generiche quelle relative alla pretesa eccessività
della pena.
2. Ha presentato ricorso il difensore, censurando l’ordinanza come illogica e sostenendo che i
motivi dell’appello non erano generici.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso non merita accoglimento.
L’ordinanza della corte territoriale ha fondatamente – e senza alcuna incongruità logica censurato la conformazione, affetta da aspecificità, dei motivi del gravame. Il primo motivo
dell’appello, infatti, relativo alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’articolo 73,
comma 5, d.p.r. 309/1990, non confutava le ragioni sulla base delle quali il GUP del Tribunale
di Milano l’ha negata, ampiamente argomentando – come rileva l’ordinanza impugnata- sulla
eterogeneità delle sostanze detenute (cocaina e hashish), sulla strumentazione rinvenuta
l’imputato, sui consistenti proventi dello spaccio sequestrati e sul non irrilevante dato
ponderale degli stupefacenti detenuti a fine di spaccio, limitandosi invece l’appellante a una
generica censura che qualifica “piuttosto modesto, al di là del mero dato ponderale e in
considerazione del principio attivo” il valore dello stupefacente sequestrato, e afferma la
condizione di tossicodipendenza dell’imputato con conseguente destinazione di parte della
sostanza detenuta ad uso personale, su quest’ultimo aspetto precipuamente fondando, in
ultima analisi, il motivo. Il secondo motivo d’appello, poi, si limitava ad asserire un
comportamento collaborativo dell’imputato e una “dimensione circoscritta del commercio”, di
nuovo facendo capo a quanto esposto nel primo motivo, senza considerare, tra l’altro, come
osserva la corte territoriale, che “la pena base si è attestata sostanzialmente al minimo
edittale”.
Se è vero che il presupposto della aspecificità quale fonte di inammissibilità
dell’impugnazione (articolo 581, lettera c), in combinato disposto con l’articolo 591, lettera c),
c.p.p.) deve essere valutato con maggior rigore nel caso di ricorso per cassazione rispetto
all’ipotesi di appello, devolvendo quest’ultimo anche il giudizio di merito e conseguentemente
potendosi riproporre in esso tutte le questioni affrontate nel primo grado (da ultimo Cass. se .

primo grado, senza specifica correlazione all’adeguata motivazione della sentenza del GUP per

IV, 30 novembre 2012 n. 46486; Cass. sez. II, 21 settembre 2012 n. 36406), purtuttavia, in
accordo a un principio generale che governa l’istituto della impugnazione, l’atto di appello deve
costituire, in sostanza, una replica alla motivazione della sentenza di primo grado, per cui la
specificità dei motivi è comunque necessaria nel senso di adeguata correlazione con gli
argomenti di cui il primo gip.idice vi si è avvalso, dovendosi pertanto nell’appello, per dar luogo
alla rivalutazione richiesta, indicare in modo chiaro e preciso quali sono i fondamenti delle
censure, anche in punto di fatto, rivolte alla sentenza impugnata (Cass. sez. III, 2 ottobre

elusiva della decisione impugnata – degli elementi addotti in primo grado, per non incorrere
così nella inammissibilità per genericità dei motivi (cfr. p. es . Cass. sez. VI, 11 luglio 2011 n.
27068, e in linea generale, Cass. sez. IV, 10 settembre 2007 n. 34270). Tale è stata, invece,
la conformazione imposta all’appello nel caso di specie, come condivisibilmente rilevato dalla
corte territoriale.
In conclusione, da quanto esposto emerge la inammissibilità del ricorso, cui consegue la
condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente
grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data
13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato
presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si
dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di € 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 11 aprile 2013

Il Consi e

estensOre

Il Presidente

2012-10 gennaio 2013 n. 1237), senza limitarsi a una riproposizione “passiva” – e quindi

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