Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32952 del 23/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32952 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PISCOPIA SANTINO N. IL 08/01/1968
CITOLI DARIO N. IL 26/02/1984
avverso la sentenza n. 1106/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
21/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA

Udito, per la sarte civile, l’Avv

Data Udienza: 23/05/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Mario Fraticelli, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Foggia, gli imputati erano condannati, all’esito di rito abbreviato, in
relazione ai reati loro rispettivamente ascritti, alla pena di tre anni e dieci
mesi di reclusione (Piscopia Santino) ed un anno e otto mesi di reclusione
(Citoli Dario), con riguardo ad una complessa vicenda nella quale era
accertata l’esistenza di un’associazione a delinquere, che svolgeva una
serie di attività finalizzate a rendere possibile il conseguimento della
patente di guida da parte di candidati impreparati, ma disposti a pagare
ingenti somme di denaro. I reati scopo consistevano nella commissione di
reati di falso in atto pubblico, sostituzione di persona e truffa aggravata
consumata o tentata, attraverso la sostituzione del candidato con altro
soggetto oppure dotando il candidato di un apparecchio ricetrasmittente,
mediante il quale fornire i suggerimenti circa le risposte dei quiz.
2. La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 21 febbraio 2012, riformava
parzialmente la decisione di primo grado, in relazione alla posizione di
Piscopia Santino, al quale riconosceva le attenuanti generiche prevalenti
sull’aggravante

del

più

grave

reato

associativo

e

riduceva

conseguentemente la pena in quella di due anni e sei mesi di reclusione;
confermava invece la condanna e la pena inflitta a Citoli Dario.
3. Propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputatip Piscopia
Santino, con atto sottoscritto personalmente, deduce violazione di legge e
vizio di motivazione, in relazione all’articolo 133 cod. pen., per l’eccessività
della pena, poiché la Corte territoriale ha fissato in tre anni e sei mesi di
reclusione la pena base per il delitto associativo, praticamente prossima al
massimo edittale cinque anni di reclusione, senza alcuna motivazione e
contraddicendosi rispetto alle considerazioni che avevano indotto il giudice
di merito a riconoscere le attenuanti generiche come prevalenti.
4. Citoli Dario, con atto del difensore, avvocato Rosario Marino, deduce
vizio di motivazione in riferimento al diniego delle attenuanti generiche,

2

1. Con sentenza del 4 dicembre 2010 del G.I.P. presso il Tribunale di

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cl .

\jignorando completamente le doglianze difensive e contraddicendosi rispetto
alla diversa statuizione adottata in favore del coimputato Piscopia Santino.
4.1 A giudizio di ricorrente è priva di logica l’affermazione di pericolosità
sociale di un soggetto che avuto ruolo marginale ed occasionale nella
vicenda giudiziaria, partecipando ad un unico episodio di sostituzione di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi vanno rigettati.
2.

La doglianza di Piscopia Santino di eccessività della pena e

contraddittorietà della motivazione sul punto è infondata. Costituisce
principio affermato da una risalente giurisprudenza di questa Corte e mai
smentito quello secondo cui

“nel processo logico-giuridico volto alla

commisurazione della pena nel caso concreto, il criterio da seguire si
colloca in un ordine diverso rispetto a quello da osservare per la
diminuzione della pena ove ricorrano circostanze attenuanti e pertanto non
è contraddittoria la sentenza con la quale, pur concedendosi le attenuanti
generiche, la pena venga irrogata in misura superiore al minimo” (Sez. 2,
n. 6702 del 10/03/1975, Barabino, Rv. 130325; Sez. 3, n. 369 del
25/01/2000, Rigamonti E, Rv. 216572).
2.1 Tale principio va ribadito in queste sede, per cui è del tutto legittima la
determinazione della pena base, pur in presenza del riconoscimento delle
attenuanti ex art. 62 bis cod. pen., in misura lievemente superiore al medio
edittale, ponendosi al più solo un problema di motivazione; va infatti
ricordato che la graduazione della pena, anche rispetto agli aumenti ed alle
diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra
nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per
fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133
cod. pen. (Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, Cilia, Rv. 238851); ne
consegue che è inammissibile la censura che nel giudizio di cassazione miri
ad una nuova valutazione della congruità della pena.

3

persona, falso e truffa.

2.2 La decisione peraltro contiene una specifica motivazione sul punto,
laddove rileva che l’imputato è stato comunque il “perno della compagine
associativa”,

per cui non è manifestamente illogico, né incongruo il

mantenimento di una pena base di 3 anni e sei mesi (in primo grado era
stata 3 anni e 7 mesi di reclusione), pur in presenza delle attenuanti

di incensuratezza e che hanno comunque consentito una significativa
riduzione della pena finale rispetto al primo grado (da 3 anni e dieci mesi a
2 anni e sei mesi).
3. Anche il ricorso di Citoli Dario è infondato.
3.1 Non sussiste vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti
generiche, avendo la Corte di appello specificamente motivato sul punto, in
maniera né carente, né illogica, rilevando che la condotta serbata dal Citoli
nella vicenda è una delle più gravi e desta particolare allarme sociale, per
la spregiudicatezza con la quale egli si è presentato a sostenere l’esame al
posto del candidato, attribuendosi altrui generalità e comunque servendosi
delle apparecchiature ricetrasmittenti al fine di ottenere i suggerimenti per
rispondere ai quiz; inoltre egli è gravato da due precedenti condanne.
3.2 Quanto poi alla censura di illogicità per disparità di trattamento, va
considerato che la risposta che il giudice garantisce, in punto di
individuazione della gravità della condotta e corrispondente determinazione
della sanzione, ex art. 133 cod. pen., è naturalmente tarata sulle
connotazioni oggettive e soggettive del singolo comportamento accertato,
con la ovvia conseguenza della impossibilità di dedurre in sede di
legittimità una “critica da confronto e da valutazione comparativa” rispetto
ad altre posizioni individuali, anche se di correi (in tesi, più favorevolmente
trattate), salvo il caso in cui il giudizio di merito sul punto, sul diverso
trattamento del caso che si prospetta come “identico”, sia sostenuto da
asserzioni irragionevoli o paradossali (Sez. 6, n. 21838 del 23/05/2012 dep. 05/06/2012, Giovane, Rv. 252880). Evenienza questa non verificatasi
nella presente vicenda in cui la Corte di appello ha opportunamente
spiegato, come sopra detto, la non ricorrenza delle invocate attenuanti.
4. Per tutte le considerazioni svolte, i ricorsi degli imputati vanno rigettati,
con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

4

generiche, riconosciute per la condotta processuale ed il perdurante stato

P.Q. M.

rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Il consigliere es
L’t;ensore

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2014

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