Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32951 del 21/05/2014

Penale Sent. Sez. 5 Num. 32951 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
avverso la sentenza n. 5723/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
20/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

pigri-, per la parte civileR
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 21/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20.3.2013 la Corte di Appello di Milano, riformando parzialmente
quella del Tribunale di Como in data 30.3.2009 -in quanto era dichiarato prescritto il
reato sub a (ex art. 328 cod. pen.)-, ha riconosciuto A.A. responsabile
del reato di falso ideologico in atto pubblico fidefacente (art. 476, comma secondo, cod.
pen.) perché, quale pubblico ufficiale (comandante della tenenza di Ronago della

alcuni militari si era svolto nel comune di Ronago, mentre di fatto gli stessi erano stati
fatti intervenire in comune di Drezzo in supporto all’attività di controllo nei confronti di
alcuni giovani che stavano per consumare droga, attività della quale non si era dato
formalmente atto nel foglio di servizio, mentre lo stupefacente era stato distrutto senza
redigere alcun verbale.
2. Il ricorso proposto dall’imputato tramite il difensore è articolato in sei motivi.
3. Con il primo si deduce il vizio di cui alla lett. c) dell’art. 606 cod. proc. pen. per essere
stata ritenuta un’aggravante non contestata con conseguenze pregiudizievoli per il
diritto di difesa (Cass. 44748/2008).
4. Con il secondo violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento
materiale del reato il quale non prevede, tra le varie ipotesi punite, l’omessa indicazione
di un’attività compiuta dal P.U. (nella specie il controllo antidroga in comune di Drezzo),
mentre quella anticontrabbando in comune di Ronago, di cui si era dato atto nel foglio
di servizio a firma dell’imputato, era stata effettivamente eseguita. A conferma il
ricorrente richiamava la circostanza che la corte territoriale non avesse dettato le
statuizioni ex art. 537 cod. proc. pen., sostenendo che il fatto poteva al più integrare la
fattispecie di cui all’art. 361 cod. pen..
5. Terzo motivo: violazione di legge in ordine all’attribuzione al foglio di servizio del valore
di atto fidefacente mentre si tratta di atto meramente interno con finalità connesse al
rapporto di lavoro.
6. Quarto: violazione di legge e omessa motivazione in ordine all’elemento soggettivo del
reato che deve essere sempre provato e non può essere ritenuto insito nella materialità
del fatto.
7. Con il quinto motivo si deduce nullità della sentenza di primo grado e degli atti
susseguenti in quanto il decreto di citazione emesso dopo il rinvio a nuovo ruolo del
processo per problemi organizzativi del tribunale, indicava erroneamente il giudice
competente come quello monocratico anziché collegiale e l’ulteriore decreto recante
l’indicazione corretta era stato notificato prima di quello indicante il giudice
monocratico, con conseguente inidoneità a sanare l’incertezza nell’individuazione del
giudice competente.

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Guardia di Finanza), aveva attestato falsamente che la sera del 9.2.2005 il servizio di

8. Comunque – sesto motivo- entrambi i decreti di citazione erano stati notificati in
violazione dell’art. 157 codice di rito, essendo quindi affetti da nullità per mancata
indicazione della persona che aveva ricevuto l’atto e della qualifica della stessa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va nel complesso disatteso.

nullità della sentenza di primo grado e degli atti susseguenti.
3. Il primo di essi reitera, senza l’aggiunta di elementi di novità, un tema che, già
sottoposto al giudice di secondo grado, è stato puntualmente affrontato e
motivatamente disatteso nella pronuncia impugnata osservando che, per quanto il
decreto di citazione emesso dopo il rinvio a nuovo ruolo del processo, indicasse
erroneamente come giudice competente quello monocratico anziché quello collegiale e
l’ulteriore decreto recante l’indicazione corretta fosse stato notificato prima di quello
indicante il giudice monocratico, ciò non aveva determinato alcuna incertezza
nell’individuazione del giudice competente essendo il difensore regolarmente comparso
all’udienza del 5-3-2009 e avendo fatto valere l’impedimento per malattia dell’imputato,
dunque regolarmente edotto dell’autorità giudiziaria dinanzi alla quale si svolgeva il
processo.
4.

Non ha maggior fondamento, per analoghe ragioni, il sesto motivo che deduce, peraltro
genericamente, nullità della notifica di entrambi i predetti decreti di citazione in quanto
effettuata in violazione dell’art. 157 codice di rito per mancata indicazione della persona
che aveva ricevuto l’atto e della qualifica della stessa. Trattandosi di eventuale
irregolarità non preclusiva dell’idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo -per
quanto sopra di fatto raggiunto-, essa, al di là del non esplicitato interesse ad eccepirla,
non integrerebbe comunque nullità assoluta ma a regime intermedio e avrebbe quindi
dovuto essere dedotta alla prima udienza utile (principio affermato da Cass. Sez. U,
119/2004, Palumbo, con riferimento al caso analogo della citazione dell’imputato
effettuata presso il domicilio reale a mani di persona convivente, anziché presso il
domicilio eletto), il che non è avvenuto.

5. Invano poi il ricorrente, con il primo motivo, evoca, a sostegno dell’asserito vizio di cui
alla lett. c) dell’art. 606 cod. proc. pen. (riconoscimento di un’aggravante, quella di cui
all’art. 476, comma 2, cod. pen., non contestata), l’indirizzo giurisprudenziale di questa
corte espresso nella sentenza Cass. 44748/2008. Infatti tale indirizzo, che si riferisce al
diverso caso in cui il giudice di appello, non già -come nella specie- quello di primo
grado, ritenga un’aggravante non contestata e non ritenuta nel giudizio di primo grado,
afferma l’illegittimità di tale decisione sull’assunto che l’aggravante possa essere

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2. Il quinto ed il sesto motivo esigono trattazione preliminare riguardando questioni di

contestata in sede di contestazione suppletiva, ai sensi dell’art. 517 cod. proc. pen.,
solo nel giudizio di primo grado.
6. A parte ciò, nel caso in esame comunque non vi vette nell’ipotesi di riconoscimento di
un’aggravante che non faceva parte dell’imputazione in quanto, come ineccepibilmente
osservato dalla corte del territorio, l’aggravante della natura di atto fidefacente era
insita in fatto nell’originario editto accusatorio che conteneva l’indicazione degli
elementi rilevanti ai fini della tipicità del reato circostanziato attraverso la menzione

7. Obliterando in toto la ratio della norma incriminatrice, il ricorrente pretenderebbe poi,
con il secondo motivo, di sostenere violazione di legge in ordine alla ritenuta
sussistenza dell’elemento materiale del reato, solo perché l’art. 479 cod. pen. non
annovererebbe espressamente, tra le varie ipotesi punite, l’omessa indicazione di
un’attività compiuta dal P.U. (nella specie il controllo antidroga in comune di Drezzo).
8. In tal modo tuttavia volutamente ignora che la previsione normativa, nel sanzionare il
pubblico ufficiale che attesti falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è
avvenuto alla sua presenza (oltre ad una serie di ulteriori condotte che qui non
rilevano), copre anche, né potrebbe essere diversamente stante l’eadem ratio,

l’area)

dell’omissione dell’attestazione di atti -s’intende non ultronei- compiuti dal P.U. o
avvenuti in sua presenza, ricadendo tali condotte sotto la stessa ragione incriminatrice
della falsa attestazione di un atto non compiuto dal P.U. o non avvenuto alla sua
presenza, come riconosciuto dalla giurisprudenza di questa corte (Cass. 21969/2012,
12132/2011).
9. Non vi è infatti chi non veda che tale comportamento è ugualmente lesivo della pubblica
fede che esige la corretta attestazione della realtà storica della vicenda narrata (realtà
la cui rappresentazione è compromessa dal silenzio su dati l’omissione dei quali, non
ultronea nell’economia dell’atto, produca il risultato di una documentazione incompleta
e comunque contraria, anche se parzialmente, al vero), non rilevando, quindi, che nella
specie A.A. avesse dato puntualmente atto dell’attività anticontrabbando
effettivamente eseguita la stessa sera, con esito negativo, in comune di Ronago, posto
che aveva invece totalmente taciuto quella di contrasto alla droga in comune di Drezzo,
effettuata con modalità non regolari e culminata nella distruzione informale dello
stupefacente.
10. Alla stregua di quanto appena osservato, è del tutto irrilevante, al fine di sostenere la
tesi in diritto del ricorrente, la mancata pronuncia da parte della corte territoriale delle
statuizioni ex art. 537 cod. proc. pen., mentre l’assunto che il fatto sarebbe al più
sussumibile nella previsione dell’art. 361 cod. pen. è erroneo, potendo al contrario tale
figura di reato, che sanziona l’omessa denuncia di reato da parte del P.U. all’autorità
giudiziaria, concorrere con il falso contestato.

4

dell’atto fidefacente affetto da falsità, e cioè il modulo serie N Mod. 93.

,

11. Anche il terzo motivo, che addebita violazione di legge all’attribuzione al foglio di
servizio del valore di atto fidefacente -trattandosi, secondo il ricorrente, di atto
meramente interno con finalità connesse al rapporto di lavoro- è privo di fondamento.
12.A contrastare la tesi sostenuta, che cioè la predisposizione dei fogli di servizio abbia la
sola finalità di consentire il controllo interno all’ufficio sull’attività esercitata dai
dipendenti -il che, a differenza da quanto sostenuto nell’impugnazione, non si trova
affermato nella sentenza-, milita il consolidato orientamento di questa corte secondo cui

destinate ad attestare che il pubblico ufficiale ha espletato una certa attività, o che
determinate circostanze sono cadute nella sua diretta percezione e vengono così
rievocate, costituiscono agli effetti della legge penale atti pubblici fidefacenti (Cass.
5907/2013, 38085/2012, 8252/2010, 3942/2002).
13. Né ha maggior spessore la doglianza, di cui al quarto motivo, di violazione di legge e
omessa motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato che nella specie non
sarebbe provato né potrebbe essere ritenuto insito nella materialità del fatto.
14. Se, invero, la norma incriminatrice richiede, sotto il profilo psicologico, la coscienza e
volontà di attestare il falso, la sussistenza di queste ultime nel caso in esame si desume
dalle dichiarazioni spontanee dello stesso imputato, menzionate nella pronuncia
impugnata, secondo le quali nel foglio di servizio non era stata riportata l’operazione
antidroga perché il servizio preordinato per quella sera era quello anticontrabbando, con
ciò fornendosi l’indicazione dei motivi dell’omissione, speciosi e comunque irrilevanti,
che comunque presuppongono consapevolezza e volontarietà dell’omissione stessa.
15. AI rigetto del ricorso segue la condanna dell’impugnante alle spese del procedimento.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 21.5.2014

Il consigli re estensor

le relazioni di servizio formate dagli ufficiali od agenti di polizia giudiziaria, poiché

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