Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32944 del 19/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32944 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALABRIA GIOVAN BATTISTA N. IL 31/12/1969
avverso la sentenza n. 4760/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 30/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per i
sL A7. faLe

Ui o, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 19/05/2014

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 30/05/2013 la Corte d’appello di Palermo ha confermato la
decisione di primo grado che aveva condannato Giovan Battista Calabria alla
pena di anni quattro di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, avendolo ritenuto
responsabile del reato di furto pluriaggravato ai danni della famiglia Agnello Cristofaro, nella cui abitazione si era introdotto in ore notturne, unitamente ad
altre otto persone ignote, armate e travisate con passamontagna. Gli agenti
avevano simulato di essere appartenenti alla Guardia di Finanza e di dover

somma di 30.000,00 euro. Il Calabria è stato altresì ritenuto responsabile dei
connessi reati di detenzione ed uso di contrassegni della Guardia di Finanza e di
porto di armi comuni da sparo.
La Corte territoriale ha, in primo luogo, rigettato l’eccezione di nullità del giudizio
abbreviato, fondata sul rilievo della mancata ammissione o escussione delle
prove testimoniali richieste al momento della presentazione dell’istanza di
giudizio abbreviato condizionato. In particolare, la sentenza impugnata ha
considerato che, all’udienza del 08/06/2012, il G.u.p. aveva proceduto all’esame
di tutti i testi ammessi e alle connesse ricognizioni personali, rinviando quindi il
giudizio per la discussione, e ha aggiunto che l’esame dell’analitica trascrizione
del verbale relativo agli esami assunti rivelava che essi si erano estesi a tutte le
domande formulate dalle parti, al punto che, al termine, il difensore aveva
dichiarato di non avere “nessun altra domanda” e che nulla aveva opposto al
rinvio per discussione.
Nel merito, la sentenza impugnata ha fondato l’affermazione di responsabilità
sulle circostanziate e attendibili dichiarazioni di Salvatore Agnello, agente di
polizia, il quale, dopo avere chiarito di avere visto il malvivente sotto la luce del
faretto posto sulla porta d’ingresso, aveva riconosciuto il Calabria in termini di
certezza, aggiungendo che quest’ultimo, privo di passamontagna, aveva un neo
evidente sulla guancia destra, senza provocare alcuna opposizione del difensore.
Il fatto che, un anno dopo, all’udienza del 14/05/2013 dinanzi alla Corte, il
Calabria non presentasse tale neo, è stato considerato irrilevante, dal momento
che la fotografia dell’imputato in atti mostrava effettivamente sul volto un
imprecisato, ma evidente segno scuro sotto l’occhio destro. Una dichiarazione di
probabile somiglianza, “con percentuale superiore all’80%”, proveniva anche da
Roberto Agnello. Inoltre, la Corte territoriale ha rilevato che, nel corso di una
perquisizione effettuata il 17/04/2010, qualche mese prima del fatto, al Calabria
era stata sequestrata una sofisticata apparecchiatura per la plastificazione di
documenti cartacei e una falsa tessera di riconoscimento, con effigie fotografica
del volto e del busto del medesimo Calabria in divisa della Guardia di Finanza,
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eseguire una perquisizione e in tal modo erano riusciti ad impossessarsi della

con le sue generalità. Infine, dall’informativa in atti emergeva che il Calabria
aveva indosso un tesserino falso con placca metallica e che nel 2008 era stato
trovato in possesso di un tesserino contraffatto, appartenente all’Arma dei
Carabinieri, sul quale aveva apposto la propria fotografia.
Sul piano del trattamento sanzionatorio, la Corte d’appello ha escluso le invocate
circostanze attenuanti generiche, alla luce dei gravi, specifici e reiterati
precedenti penali dell’imputato.
2. Il Calabria ha proposto personalmente ricorso per cassazione, affidato ai

2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali ed erronea applicazione
degli art. 438 e seg. cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale trascurato di
considerare che, nonostante il G.i.p. avesse accolto la richiesta di giudizio
abbreviato condizionata all’assunzione dei testi Salvatore Agnello, Roberto
Agnello, Giuseppa Cristofalo e Ignazio Agnello, l’esame dei primi tre non si era
tenuto. In particolare, il ricorrente rileva che l’esame dei testimoni non doveva
essere limitato alle sole domande che precedono la ricognizione di persone e
aggiunge che il rinvio del processo per discussione e non per esame dei
testimoni non poteva comportare alcuna decadenza, potendo essere sfuggito allo
stesso difensore presente in udienza.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali nonché erronea
applicazione degli artt. 624, 625, 497 ter cod. pen. e 192 cod. proc. pen.
Il ricorrente rileva che l’esito della ricognizione era stato influenzato dalla
possibile comunicazione alle persone offese da parte degli inquirenti del
precedente processo a carico del Calabra per possesso di falsi documenti
intestati a componenti della polizia giudiziaria. Ciononostante, Roberto Agnello e
Ignazio Agnello non avevano riconosciuto il Calabria, perché si erano espressi in
termini di assoluta genericità, mentre la signora Agnello, che pure lo aveva
riconosciuto in precedenza, non era stata in grado di confermare tale esito in
dibattimento. In ogni caso, le indicazioni di Roberto Agnello, frutto del
condizionamento indotto nello stesso, agente di P.S., dalla comunicazione del
precedente processo del Calabria, potevano discendere dalla somiglianza tra
quest’ultimo e l’autore del furto; del resto, lo stesso Roberto Agnello era apparso
perplesso circa un elemento fondamentale, come l’altezza dell’autore del reato,
indicata come visibilmente superiore a quella dell’imputato. Infine, si sottolinea
l’illogicità della motivazione con la quale la Corte territoriale aveva sminuito la
circostanza che sul volto dell’imputato non comparisse alcun neo o segno
chirurgico. La conclusione della sentenza impugnata, oltre a valorizzare, in senso
contrario, un segno presente nella fotocopia di una foto sotto l’occhio – non

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seguenti motivi.

riconducibile ad un neo -, aveva trascurato di considerare che il neo era stato
indicato come presente sulla guancia e non sotto l’occhio.
2.3. Con il terzo motivo (peraltro anch’esso indicato come II nel ricorso), si
lamentano vizi motivazionali ed erronea applicazione degli artt. 133 e 62 bis cod.
pen., per non avere la Corte territoriale considerato, sia ai fini della
determinazione della pena che della delibazione della richiesta di concessione
delle attenuanti generiche, i seguenti elementi: a) l’intento dell’imputato di
volersi ravvedere e di arrecare il minor danno possibile alle persone offese; b) la

fatto che il Calabria fosse padre di due figli con particolari problematiche; d) la
tenuità dell’episodio.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, giacché la Corte
territoriale ha motivatamente sottolineato che ha avuto regolare svolgimento
l’assunzione dei testi cui era stata subordinata la richiesta di giudizio abbreviato
condizionato, come comprovato dal fatto che lo stesso difensore aveva
affermato, al termine dell’incombente, di non avere altre domande da porre.
In ogni caso, il rinvio per discussione, non accompagnato, come nella specie, da
alcuna doglianza difensiva, comporta la preclusione a far valere il vizio.
Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, infatti, nel giudizio
abbreviato, integra una nullità d’ordine generale l’omessa acquisizione della
prova, effettivamente esistente ed acquisibile, cui sia stata condizionata la
richiesta del rito poi ammesso su tale presupposto, nullità da ritenersi sanata ove
la fase dell’assunzione delle prove sia stata dichiarata chiusa senza che la difesa
nulla abbia eccepito (Sez. 2, n. 23605 del 12/03/2010, Doronzo, Rv. 247291)
2. Infondato è il secondo motivo.
Per intanto il riconoscimento operato da Salvatore Agnello è stato espresso infine
in termini di certezza e, con motivazione priva di alcuna illogicità, la Corte
territoriale ha anche considerato l’esperienza professionale del teste, agente di
Polizia. Esso, inoltre, trova riscontro nelle indicazioni del fratello del teste,
Roberto, il quale, sempre in termini di notevole probabilità, aveva riconosciuto il
Calabria.
Quanto poi al riferimento del ricorrente alle indicazioni fornite da Roberto Agnello
sull’altezza dell’imputato, esso è privo di decisività, sia perché il ricorrente non si
cura di specificare il concreto contenuto della divergenza, sia soprattutto perché,
nella situazione venutasi a creare con l’irruzione dei malviventi, l’aver focalizzato
l’attenzione sui tratti del volto anziché su altri dettagli fisici è stato razionalmente
svalutato dalla Corte territoriale, come elemento idoneo ad inficiare il significato
del riconoscimento.
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critica situazione economica dello stesso, disoccupato e con carichi familiari; c) il

Le considerazioni sul neo colto da Salvatore Agnello sul volto della persona senza
passamontagna del pari non rivelano alcuna manifesta illogicità della
motivazione della sentenza impugnata, la quale ha sottolineato sia il fatto che la
foto dell’imputato reca un segno nero sotto l’occhio, ossia sulla guancia, sia il
fatto che l’assenza di nei, a distanza di un anno, all’udienza del 14/05/2013
dinanzi alla Corte, era aspetto privo di rilievo, anche alla luce del fatto che tale
profilo, astrattamente di sicuro significato, se effettivamente sussistente, non
sarebbe sfuggito alla difesa sin dal momento della ricognizione operata dinanzi al

sottolinea in ricorso che la Corte territoriale avrebbe anche rilevato l’assenza di
segni chirurgici. Tuttavia, nella sentenza impugnata non v’è traccia di tale
accertamento e il ricorrente non indica da quale atto processuale si desumerebbe
la circostanza valorizzata.
Il fatto poi che i testi fossero al corrente del procedimento a carico dell’imputato,
in relazione al possesso di una falsa tessera di riconoscimento e di una sofisticata
apparecchiature per la plastificazione di documenti cartacei, è un dato
congetturale, che lo stesso ricorrente afferma in modo deduttivo (“tale
circostanza ha certamente indotto gli inquirenti alla comunicazione di tale
elemento alle persone offese”), senza indicare gli atti processuali sui quali
l’illazione troverebbe fondamento.
Al contrario, nell’economia motivazionale della Corte, siffatta pendenza dimostra
una collaudata esperienza dell’imputato nel procurarsi gli strumenti per operare
illeciti, simulando la qualità di appartenente alla Forze dell’Ordine.
3. Inammissibile è il terzo motivo, giacché esso, per criticare le decisioni assunte
in punto di trattamento sanzionatorio, per un verso, valorizza profili fattuali non
emergenti dalla sentenza impugnata, senza indicare alcun riferimento all’atto
processuale dal quale si desumerebbero (l’intento dell’imputato di volersi
ravvedere – peraltro logicamente incompatibile con la negazione della propria
responsabilità – e di arrecare il minor danno possibile alle persone offese; la
critica situazione economica dello stesso, disoccupato e con carichi familiari; il
fatto che il Calabria sia padre di due figli con particolari problematiche), e, per
altro verso, esprime, in termini generici e senza specificare i parametri valutativi
seguiti, un giudizio di tenuità del fatto, razionalmente disatteso dalla Corte
territoriale, alla luce dell’imponente capacità organizzativa mostrata dal Calabria
nell’organizzazione e nell’esecuzione del delitto.
4. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
4

G.u.p. Consapevole della possibilità di una rimozione dei nei, l’imputato

Così deciso in Roma il 19/05/2014

Il Componente estensore

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