Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32943 del 19/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32943 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TAGLIALATELA ANTONIO N. IL 01/08/1952
VISCONTI GIUSEPPE N. IL 06/03/1964
avverso la sentenza n. 4785/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
17/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 19/05/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Carmine Stabile, ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

condannava Taglialatela Antonio e Visconti Giuseppe alla pena di quattro anni e
sei mesi di reclusione ed euro 1200 di multa ciascuno, per il delitto di furto in
appartamento, commesso in concorso con Criscuolo Mario ed altri due soggetti
non identificati ai danni di Persico Mariaida.
La Corte d’Appello di Napoli, in data 17 maggio 2013, confermava parzialmente
la decisione di primo grado, riducendo la pena inflitta a quattro anni di reclusione
ed euro 1000 di multa.
2. L’affermazione di responsabilità dei due imputati era fondata sulla chiamata in
correità di Criscuolo Mario, ritenuta pienamente riscontrata ab extemo.
3. Contro la sentenza propongono ricorso per Cassazione entrambi gli imputati,
con unico atto sottoscritto dal difensore, avv. Mauro Iodice, con il quale si
deduce violazione dell’articolo 606, lettera E, in relazione all’art. 192, comma 3,
cod. proc. pen., con riferimento all’assenza di riscontri estrinseci alle
dichiarazioni del chiamante in correità.
3.1 I ricorrenti contestano l’attendibilità intrinseca del dichiarante, poiché
animato da motivi di astio, derivanti dalla convinzione che gli imputati si erano
resi responsabile di una spartizione iniqua dei proventi del furto; per la reticenza
dimostrata negando di aver incaricato la moglie di portare un messaggio ai suoi
complici; perché è illogico credere che Criscuolo possa essere stato contattato
dal complice Taglialatela (individuato col soprannome “lampadina”) per realizzare
un furto insieme, pur conoscendosi da appena due mesi.
Si segnalano inoltre ulteriori contraddizioni con riferimento all’indicazione del
complice che si allontanò con il Visconti (indicato prima in “Antonio” e poi in
“Nicola”) e dei protagonisti di una telefonata intercorsa quella notte tra due dei
complici (Taglialatela e Visconti secondo una prima versione resa in fase
investigativa; Nicola ed uno dei due soggetti allontanatisi, secondo quanto
affermato in sede di dibattimento).

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1. Con la sentenza resa in data 26 gennaio 2012, il Tribunale di Napoli

Infine si è evidenziato che l’unico teste oculare del fatto, tale Furlan Gianluigi, ha
visto solo tre persone (e non cinque) ed ha riconosciuto esclusivamente il
Criscuolo.
3.2 Vengono contestati anche i riscontri estrinseci, individuati dalla Corte
territoriale nei contatti telefonici tra i complici, la notte del furto, ed in una

3.3 In ordine al primo si deduce che l’elemento è fondato esclusivamente
sull’esame delle celle agganciate dall’utenza radiomobile intestata al Taglialatela,
circostanza che non dimostra con precisione la presenza di un soggetto in un
luogo e che, soprattutto, non dimostra la presenza del Taglialatela sul luogo dei
fatti, poiché la scheda SIM a lui intestata era in uso ad altra persona.
Analogo discorso viene proposto con riferimento all’utenza del Visconti, che
contatta il Criscuolo alcune ore dopo i fatti.
3.4 Quanto alla lettera attribuita a Visconti Giuseppe, si contesta la perizia che
ha collegato lo scritto all’imputato, poiché eseguita solo sulla fotocopia del
documento e senza richiedere all’imputato di rilasciare un saggio grafico; i
ricorrenti sottolineano che il Visconti è affetto da una psicopatologia, che gli
impediva di scrivere in modo lineare, modalità adoperata invece per vergare la
missiva.
Infine si esclude che la lettera possa costituire un riscontro individualizzante
rispetto alle dichiarazioni provenienti da soggetto condannato per il medesimo
reato, per cui la condanna degli imputati non ha rispettato il criterio probatorio
dell’oltre ogni ragionevole dubbio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va rigettato.
1.1 La doglianza con la quale si contesta la valutazione di attendibilità della
chiamata in correità del Criscuolo è infondata.
Nella motivazione della sentenza impugnata, si sottolinea che la prova a carico
degli appellanti è fondata su una precisa chiamata in correità: le dichiarazioni
sono giudicate “precise ed analitiche sia quanto al fatto che al ruolo dei vari
complici, che agli eventi susseguitisi al furto”.

3

lettera recapitata al Criscuolo, scritta da Visconti Giuseppe.

1.2 Con riferimento alle doglianze riguardanti l’attendibilità intrinseca, la
decisione fornisce una adeguata risposta, non contraddittoria né illogica, laddove
sottolinea che il rancore per l’iniqua spartizione del bottino è un elemento
rafforzativo dell’accusa, perché sarebbe irragionevole credere che il complice
astioso accusi dei soggetti estranei al reato: l’astio, allora, è stato individuato del

Anche tutte le altre altre censure hanno ricevuto puntuale risposta nella
decisione impugnata: l’errore nel nome della persona che si allontanò con il
Visconti è circostanza del tutto secondaria ed estranea al thema decidendum;

la

telefonata tra Taglialatela e Visconti, non riscontrata dai tabulati telefonici, può
essere avvenuta con utenza diversa da quelle oggetto di indagine; la
commissione del furto con persone poco conosciute non è affatto una circostanza
anomala nell’ambiente di riferimento; le dichiarazioni del teste Furlan hanno
trovato una risposta nelle parole del Criscuolo, il quale ha raccontato che gli altri
complici erano nascosti nel buio dell’atrio del palazzo; la reticenza sull’incarico
dato alla moglie di portare un messaggio ai suoi complici è smentita dalla
decisione impugnata (pagina 7).
1.3 Rispetto alle doglianze riguardanti i due riscontri estrinseci, parimenti la
decisione impugnata contiene una risposta convincente.
In ordine all’esame dei tabulati telefonici, dalla sequenza dei contatti tra
Taglialatela, Visconti e Criscuolo, la notte del fatto ed il giorno successivo, la
Corte territoriale riscontra l’affermazione dei colloqui tra i due complici e, poiché
le celle sono compatibili con il luogo di consumazione del reato, riscontra la
presenza

in loco.

In mancanza di una diversa versione del Taglialatela,

l’affermazione (ribadita anche in ricorso) secondo cui egli non utilizzava l’utenza
a lui intestata è assolutamente generica ed indimostrata e, come tale,
irrilevante.
1.4 Le doglianze riguardanti la perizia svolta sulla fotocopia della lettera
consegnata al Criscuolo dalla moglie e apparentemente proveniente dal Visconti,
utilizzata come riscontro alle dichiarazioni accusatorie, sono infondate: la
decisione impugnata dà atto che sono state utilizzate come scritture comparative
le firme poste in calce ai verbali del processo e che l’incompatibilità tra la
patologia e la possibilità di scrittura lineare è rimasta indimostrata, per cui la
ripetizione in questa sede della doglianza è puramente assertiva e generica.

4

tutto logicamente come il motivo dell’accusa.

Il fatto che la perizia sia stata svolta sulla fotocopia del documento non rende
invalido l’accertamento: la giurisprudenza civile richiamata nel ricorso (Sez. 2, n.
1903 del 27/01/2009,Rv. 606317; Sez. 2, n. 1831 del 18/02/2000, Rv. 534045),
infatti, si riferisce alla declaratoria di nullità di un testamento olografo ed al
disconoscimento di autenticità del medesimo testamento, per cui i principi ivi

peraltro la perizia grafica è utilizzata solo come riscontro e non come prova
autonoma.
Del resto va ricordato anche il principio consolidato per il quale non può ritenersi
sempre indispensabile per accertare la falsità di un documento l’espletamento di
una perizia, poiché per il principio della libertà della prova e del libero
convincimento del giudice, la certezza della falsità del titolo può anche essere
desunta da altri elementi (Sez. 5, n. 42679 del 14/10/2010, Geremia, Rv.
249143); inoltre, se è vero che gli esiti della perizia grafica possono avere dei
margini di opinabilità, è anche vero che le tecniche più moderne sono sempre più
affinate e, grazie, anche alla combinazione dei vari metodi di indagini (cfr sul
punto ad es. Sez. 5, n. 15852 del 23/10/1990, Nagae, Rv. 185897), i risultati
spesso si connotano in termini di certezza.
Infine si osserva che la doglianza del ricorrente si limita a contestare l’uso della
fotocopia, senza però proporre alcuna valutazione critica in concreto sui risultati
della perizia.
2. In conclusione il ricorso proposto dagli imputati deve rigettarsi, poiché in
definitiva l’accertamento di responsabilità ha superato la soglia del ragionevole
dubbio.
2.1 Al rigetto del ricorso consegue la condanna di entrambi i ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 19 maggio 2014
Il consigliere estensore

affermati non possono essere trasposti nel giudizio penale; in questo giudizio

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