Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32942 del 19/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32942 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAGANA’ GIUSEPPE N. IL 17/11/1978
avverso la sentenza n. 858/2006 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 19/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA

Udito, per la pa e civile, l’Avv

Data Udienza: 19/05/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Carmine Stabile, ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Reggio Calabria il 19 marzo 2013, il Tribunale di Reggio Calabria, condannava
alla pena di giustizia Laganà Giuseppe, per il delitto di furto di un’autovettura di
proprietà di Dascola Diego, aggravato dalla violenza sulle cose e dall’esposizione
del bene alla pubblica fede.
2. Contro la sentenza propone ricorso per Cassazione l’imputato, con atto
sottoscritto dal difensore, avv. Giacomo lana, affidato a due motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 606, lettere B, C ed E,
in relazione all’art. 625, n. 2 e 7, cod. pen., con riferimento alla dinamica del
furto, poiché, secondo la deposizione del teste principale, l’imputato arrivò sul
posto alla guida della propria auto, in compagnia di un coimputato, per poi
essere inverosimilmente fermato subito dopo, a bordo dell’auto oggetto di furto.
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione degli articoli 62 bis e 133 cod.
pen., in relazione all’art. 546 cod. proc. pen., con riferimento al diniego delle
attenuanti generiche, giustificato in considerazione della genericità della richiesta
formulata nei motivi di appello e sulla base esclusivamente dei precedenti penali
dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 Con il primo motivo, dietro l’apparente denuncia di vizi processuali e della
motivazione, in realtà il ricorrente sollecita un riesame del merito – non
consentito in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli
elementi probatori acquisiti, poiché attinenti alla ricostruzione della dinamica
dell’episodio di furto; la Corte territoriale ha dato pienamente conto delle ragioni
che l’hanno indotta a ritenere provata la responsabilità dell’imputato per il delitto
contestato, ritenendo decisiva la deposizione del carabiniere della stazione di
Valanidi, il quale aveva visto da un balcone l’imputato con un complice (Meduri

2

1. Con sentenza resa in data 24 giugno 2005, confermata dalla Corte d’appello di

Salvatore) giungere sul posto a bordo della propria auto, di scorta a quella
rubata, mentre alla guida della vettura rubata era un altro complice non
identificato, il quale aveva abbandonato la vettura rubata pronunciando la frase
“Io questa non la guido più! Mi volete far arrestare dai Carabinieri!”; precipitatosi
in strada, il militare riuscì a fermare solo l’imputato, che si trovava nell’auto

sottrazione), mentre i due complici si erano dati alla fuga. Una simile dinamica
non può lasciare dubbi sulla partecipazione dell’imputato al furto, commesso
insieme agli altri due soggetti, ed il cambio di auto si spiega in maniera più che
logica, alla luce delle parole pronunciate dal complice rimasto ignoto.
2. Il secondo motivo è inammissibile, poichè il riconoscimento delle attenuanti
generiche ed il relativo giudizio di bilanciamento, come la determinazione della
pena, sono statuizioni che l’ordinamento rimette alla discrezionalità del giudice di
merito, per cui non vi è margine per il sindacato di legittimità, quando la
decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica. Nel
caso di specie la Corte d’appello non ha mancato di motivare la propria decisione
(in maniera peraltro diversa da quanto affermato in ricorso), osservando che i
numerosi precedenti penali del Laganà, anche specifici (per furto continuato in
concorso, rapina in concorso, detenzione illegale di armi e munizioni, furto
tentato, danneggiamento in concorso, lesione personale in concorso) escludono
qualsiasi riduzione di pena.
2.1 Siffatta linea argomentativa non presta il fianco a censura, rendendo
adeguatamente conto delle ragioni della decisione adottata; d’altra parte non è
necessario, a soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda
singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p., essendo
invece sufficiente l’indicazione di quegli elementi che assumono eminente rilievo
nel discrezionale giudizio complessivo.
3. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla declaratoria
di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità
riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte
Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare
in Euro 1.000,00.

3

rubata (recante i segni dell’effrazione, a breve distanza di tempo dalla

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2014
Il consigliere estensore

/ P

Cassa delle ammende.

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