Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32940 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32940 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DAL ZOTTO ELSO N. IL 30/08/1936
avverso la sentenza n. 185/2011 TRIB.SEZ.DIST. di SCHIO, del
15/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
• ..—
Udito il Procuratore Generale i persona del Dott.2
-?\ Qnr.A
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 24/04/2013

• 57

.77

34586/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15 febbraio 2012 il Tribunale di Vicenza, sezione distaccata di Schio, ha
condannato Dal Zotto Elso al pagamento dell’ammenda di euro 1400 per il reato di cui agli
articoli 21, lettera U), e 30, lettera H), I. 157/1992 per avere abbattuto un capriolo con
munizione spezzata, di uso non consentito.
2. Ha presentato ricorso il difensore sulla base di sei motivi. Il primo motivo denuncia

contumace, dopo l’escussione dei testi il PM ha rettificato la data dell’imputazione dal 27 al 21
settembre 2008, contestando così un fatto diverso senza applicare le norme di rito. Il secondo
motivo denuncia la mancata assunzione di prova decisiva, rappresentata dalla testimonianza
del consulente di parte sugli effetti della munizione spezzata sul capriolo, con correlato vizio
motivazionale. Il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 354, 356 e 360 c.p.p.:
l’estrazione dei pallini da capriolo non era un accertamento urgente ex articolo 354, bensì un
accertamento peritale ex articolo 360, onde sarebbe inutilizzabile quanto accertato. Il quarto
motivo denuncia vizio motivazionale e violazione dell’articolo 192 c.p.p. riguardo al
ragionamento del giudice sull’accertamento del fatto; sullo stesso profilo è il quinto motivo,
che denuncia ancora vizio motivazionale, nonché travisamento della prova e violazione
dell’articolo 533 c.p.p. Infine il sesto motivo denuncia violazione dell’articolo 194 c.p.p. poiché i
testi avrebbero dichiarato noi, fatti ma impressioni personali.

5ONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1 D primo motivo erra, a tacer d’altro, nel ritenere che la modifica della data sia di per sé
sufficiente a mutare il fatto oggetto della contestazione così da inficiare di nullità la sentenza. Il
consolidato insegnamento di questa Suprema Corte (che trova fondamento in S.U. 22 ottobre
1996 n. 16, cui hanno fatto seguito plurimi arresti) insegna che il mutamento, per rilevare in

violazione degli articoli 516, 519, 520, 521 e 522 c.p.p in quanto, essendo l’imputato

tal senso, deve dar luogo ad una trasformazione radicale degli elementi essenziali, così da
pregiudicare il diritto di difesa la cui tutela è appunto presidiata dalla nullità. Riguardo, invero,
al complessivo meccanismo che regola la correlazione tra accusa e pronuncia, deve infatti
riconoscersi che le norme che disciplinano le nuove contestazioni, la modifica dell’imputazione
e, appunto, la correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza (articoli 516-522 c.p.p.),
avendo lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell’accusa e, quindi, il pieno
esercizio del diritto di difesa dell’imputato, vanno interpretate teleologicamente, onde non
potrà violarle qualsiasi modificazione dell’accusa originaria, ma soltanto la lesione di tale
diritto. Pertanto la nozione strutturale di “fatto”, contenuta nelle suddette norme, va coniugata
con quella funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di
difesa, il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere delC……..)

pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto del potere del giudice) rispondendo
all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della
vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi (Cass. sez, IV, 21 novembre 2005 n.
41663). Per identificare, poi, la sussistenza di questa deminutio della facoltà difensiva in
rapporto alla modifica dell’accusa, occorre valutare le concrete possibilità di “risposta” che la
difesa ha conservato o ha acquisito rispetto a tale modifica. Dunque, essendo il processo, cioè
l’ambito dell’esercizio del diritto di difesa, una entità dinamica, per identificare il fatto ai fini

si dovrà tener conto non solo del fatto descritto nell’imputazione, ma anche di tutte le ulteriori
risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di
sostanziale contestazione, così che questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese
sull’intero materiale probatorio posto a fondamento della decisione (Cass. sez. III, 16 aprile
2008 n. 15655; conforme Cass. sez. VI, 6 febbraio 2013 n. 5890). Nel caso di specie dagli esiti
delle deposizioni testimoniali è emersa una data diversa rispetto a quella del capo di
imputazione, senza peraltro che il difensore sia stato posto nella impossibilità di tenere conto
di tali esiti e comunque senza che – come attestano anche sia la motivazione della sentenza sia
il contenuto stesso del ricorso – ciò abbia inciso concretamente sulle possibilità difensive.
D’altronde, proprio specificamente in termini di modifica cronologica è stato riconosciuto che
“L’accertamento di una data di commissione del fatto diverso rispetto a quella indicata nel capo
di imputazione non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza qualora non risulti
che questo abbia determinatp, in danno dell’imputato, lo sviamento della strategia difensiva
apprestata”(Cass. sez. V, 16 riovembre 2012 n. 44974), strategia che – si ripete, emerge dagli
atti difensivi – non è stata in alcun modo alterata. Il primo motivo è pertanto infondato.
3.2 Il secondo motivo lamenta come mancata assunzione di prova decisiva la mancata
escussione come teste del consulente di parte dell’imputato in ordine agli effetti provocati su
un capriolo per ipotetico feriMento con mezzi come quelli indicati nel capo d’imputazione. Il
motivo è palesemente infondpto, poiché per assurgere a prova decisiva occorre che la prova
abbia una capacità di contrasto radicale verso le acquisizioni processuali contrarie, elidendone
l’efficacia e invertendo quindi l’esito della valutazione decisionale (da ultimo, ex multis, Cass.
sez. VI, 9 novembre 2012 n. 43526). Ciò non può attribuirsi alle dichiarazioni che potrebbe
rendere il suddetto teste, poiché – anche a prescindere dal contenuto del compendio probatorio
di cui si è avvalso il giudice di merito -, pur formalmente introdotte come testimonianza,
avrebbero il contenuto di una perizia (“si chiedeva il consulente di parte venisse sentito sugli
effetti provocati su un capriolo a seguito di un ipotetico ferimento con mezzi analoghi a quelli
indicati nel capo d’imputazione, sulle possibilità di sopravvivenza, sulla situazione venatoria
esistente all’epoca dei fatti nella zona di interesse e sulla fauna alpina presente”: ricorso,
pagina 5), la quale non può costituire prova decisiva poiché

“la perizia non rientra nella

categoria della “prova decisiva” ed il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai

della valutazione della corrispondenza tra la pronuncia e la contestazione ex articolo 521 c.p.p.

sensi dell’art. 606, comma primo, lett. d), c.p.p., in quanto costituisce il risultato di un giudizio
di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione.” (Cass. sez.

VI, 3 ottobre 2010 n. 43526; conforme Cass. sez. VI, 9 novembre 2012 n. 43526, cit.). La
perizia è infatti, secondo i principi generali comuni al processo penale e al processo civile, una
valutazione e non una prova, vale a dire un prodromo della cognizione di fatto del giudicante, il
quale peraltro, in forza del principio del libero convincimento ed entro i confini in cui questo si
manifesta, che sono appunto quelli motivazionali, non vi è vincolato, in quanto

peritus

3.3 Il terzo motivo sostiene che l’estrazione dei pallini dal capriolo non sarebbe stato un
accertamento urgente ex articolo 354 c.p.p. ma un accertamento peritale ex articolo 360 c.p.p.
L’argomento è inconsistente, giacché, a parte ogni rilievo sulla urgenza di cui all’articolo 354
(lo stesso ricorrente ammette che l’estrazione dei pallini dalla carcassa del capriolo è “stata
eseguita su un animale il cui stato era soggetto a modificazione”), e a parte che qualificare
l’estrazione come di natura squisitamente tecnica veterinaria come prospetta il ricorrente è
valutazione fattuale non proponibile in questa sede, la motivazione del giudice non fa
riferimento specifico a tale incombente, bensì alle fotografie e alle dichiarazioni testimoniali.
3.4 D quarto e il quinto motivo, poi, nonostante la rispettiva qualificazione formale, si
nutrono di sostanza puramente fattuale, proponendo un’alternativa versione dei fatti che
dovrebbe sostituire quella adottata dal giudice. Peraltro il giudice ha fornito una motivazione
adeguata e lineare, avvalendpsi delle dichiarazioni di testi oculari, che tutti e tre hanno udito i
colpi di fucile, che hanno dichiarato che in occasione del secondo colpo il pallini sono passati
vicino a uno di loro e che subito dopo davanti a loro è passato un capriolo che correva “in
maniera un po’ particolare”; i testi si sono poi diretti nella direzione da cui erano stati sparati i
due colpi e vi hanno trovato l’imputato che imprecava, il quale dinanzi alla loro domanda sul
perché aveva sparato al capriolo replicava di avere sparato a una lepre, peraltro mai trovata.
Ha rilevato il giudice che il capriolo è stato invece poi trovato dalla Polizia Provinciale, a seguito
di segnalazione di abbattimento, ucciso con i pallini. Da tutti questi elementi ha evinto infine

peritorum.

una ricostruzione logica e contestualizzante (pagina 4) che si dimostra idonea a sostenere
l’accertamento compiuto.
3.5 Infine, quanto al sesto motivo attinente alla pretesa violazione dell’articolo 194 c.p.p.,
neppure questo offre consistenza: anche qualora si volesse intendere come impressione
personale la descrizione delle modalità di corsa del capriolo, ciò non avrebbe alcuna particolare
incidenza, giacché è un fatto oggettivo che il capriolo è stato visto correre dai testimoni dopo i
due colpi – di cui il secondo, si ricorda, ha fatto passare i pallini vicino a un teste, ulteriore fatto
oggettivo – ed è un fatto oggettivo che successivamente il capriolo è stato ritrovato ucciso dai
pallini.

1).-7

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Così deciso in Roma il 24 aprile 2013

Il Consigliere estensore

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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