Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3294 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3294 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CITATI Mario, nato a Crotone il 6.8.1977;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, in data 11.7.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Massimo Galli, che
ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente al delitto di cui
all’art. 74 D.P.R. n. 309/1990 e per il rigetto nel resto;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27.6.2013, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Catanzaro dispose la custodia cautelare in carcere di Citati
Mario, indagato per i reati di associazione per delinquere finalizzata al
traffico di sostanze stupefacenti e per numerosi episodi di cessione di
sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana.
Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed
il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza dell’11.7.2013, confermò il
provvedimento impugnato.
Ricorre per cassazione personalmente l’indagato, deducendo:

Data Udienza: 12/12/2013

1) la omessa motivazione in ordine agli argomenti e alle prove
indicate dalla difesa nella memoria depositata, con particolare riferimento
alla sussistenza di un accordo criminoso tra il Citati e gli altri indagati e
alla individuazione del ruolo specificamente svolto dall’indagato in seno al
sodalizio criminoso;
2) la violazione di legge e la omessa motivazione in ordine alla
sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto associativo,

associati all’affectio societatis,

che è elemento costituivo del delitto

contestato;
3) la violazione di legge e la omessa motivazione in ordine alla
sussistenza delle esigenze cautelari, essendo ricorso il Tribunale a
clausole di stile, prive di contenuto specifico in relazione alla posizione
dell’indagato e in rapporto al emergenze processuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. I primi due motivi di ricorso, coi quali il ricorrente lamenta che i
giudici di merito abbiano ‘etticeetii ritenuto sussistenti i gravi indizi di
colpevolezza dell’indagato in ordine al delitto associativo contestato, sono
inammissibili.
E invero, quanto alla doglianza relativa alla omessa motivazione del
Tribunale sugli argomenti e deduzioni contenute nella memoria difensiva
depositata, va ricordato che questa Corte suprema ha statuito che, nella
motivazione della sentenza, il giudice del gravame di merito non è tenuto
a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a
prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali,
essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione
globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo
convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo.
Ne consegue che, in tal caso, debbono considerarsi implicitamente
disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata
(Cass., Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012 Rv. 254107).

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con particolare riferimento alla continuità dei rapporti con gli altri presunti

Occorre dunque, vagliare la completezza e la congruità della
motivazione dell’ordinanza impugnata, che è contestata dal ricorrente col
secondo motivo di ricorso.
Il ricorrente critica che il giudice di merito abbia ritenuto sussistenti,
sulla base degli elementi di prova acquisiti, i gravi indizi di colpevolezza
dell’indagato in ordine al delitto di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/1990
contestati. Ma appare evidente al Collegio come il ricorrente sottoponga

valutazione delle prove, inammissibili in sede di legittimità, in quanto la
valutazione delle prove è riservata, in via esclusiva, all’apprezzamento
del giudice di merito e non è sindacabile in cassazione; a meno che
ricorra una mancanza o una manifesta illogicità della motivazione, ciò che
– nel caso di specie – deve però escludersi.
E invero come hanno statuito più volte le Sezioni Unite di questa
Corte «L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione
ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza
delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve
essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu ocu/i”,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le
ragioni del convincimento» (Cass., sez. un., n. 24 del 24.11.1999 Rv
214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di
argomenti, le ragioni della loro decisione (richiamando il contenuto delle
numerose conversazioni intercettate, ritenuto dal Tribunale di significato
inequivoco, corroborato da un appostamento eseguito dalla P.G. e dalla
constatazione della cocaina detenuta); non si ritiene, peraltro – per ovvi

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alla Corte – sotto mentite spoglie – censure di merito, relative alla

motivi – di riportare qui integralmente tutte le suddette argomentazioni,
sembrando sufficiente al Collegio far rilevare che le stesse non sono
manifestamente illogiche; e che, anzi, l’estensore dell’ordinanza ha
esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la
decisione adottata, la quale perciò resiste alle censure del ricorrente sul
punto.
Piuttosto, sono le censure mosse col ricorso che non prendono

nel provvedimento impugnato, risultando così generiche e, anche sotto
tale profilo, inammissibili, limitandosi a proporre a questa Corte una
ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella dei giudici di merito.
E tuttavia, come questa Corte ha più volte sottolineato, compito della
Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la
ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di
procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a
quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass, sez. 1, n. 7113 del
06/06/1997 Rv. 208241; Sez. 2, n. 3438 del 11/6/1998 Rv 210938),
dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare che se
costoro hanno dato conto delle ragioni della loro decisione e se il
ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del
provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole
e del plausibile; ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato
riscontrare.
2. È inammissibile anche il terzo motivo di ricorso, col quale viene
denunciata la violazione di legge e la omessa motivazione in ordine alla
sussistenza delle esigenze cautelari.
Il ricorrente contesta la valutazione della sussistenza delle esigenze
cautelari da parte del Tribunale. Tale valutazione tuttavia – a giudizio
della Corte – risulta congruamente motivata dai giudizi di merito, con una
motivazione ampia e completa (p. 8 ordinanza impugnata), esente da vizi
logici. Si tratta, dunque, anche sotto questo profilo, di una motivazione
che, alla stregua dei principi di diritto sopra richiamati, è incensurabile in
sede di legittimità.
3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

compiutamente in esame le argomentazioni svolte dai giudici di merito

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della
stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato
trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del
citato articolo 94.
P. Q. M.

La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende. Si provveda a norma dell’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, il 12.12.2013.

Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà

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