Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32939 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32939 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

Data Udienza: 24/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRECO CINZIAN IL 03/08/1966
avverso la sentenza n. 258/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
07/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.q96 ,5:0- \ 1/4 l
che ha concluso per 4…:7Litztz.

‘A”.1C3

Udito, per la parte civile, l’Avv Vu.d0
Udit i difensor Avv.

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G2. -)7 qua

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31797/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 marzo 2012 la Corte d’appello di Lecce respingeva l’appello proposto
da Greco Cinzia contro sentenza del Tribunale di Lecce del 29 settembre 2009 che l’aveva
condannata alla pena di un anno di reclusione e C 5000 di multa per il reato di cui agli articoli
68 e 171 ter, primo comma, lettera b), I. 633/1941, per avere nella qualità di titolare di una
copisteria abusivamente riprodotto 546 testi letterari completi e otto parti di testi universitari,

2. Ha presentato ricorso il difensore sulla base di due motivi: il primo motivo denuncia
violazione dell’articolo 171 ter I. 633/1941 e vizio motivazionale, perché sarebbero assenti i
presupposti di applicazione della norma suddetta; il secondo denuncia violazione dell’articolo
171 I. 633/1941 e correlato vizio motivazionale, sostenendo che era applicabile solo tale
norma, per cui la sanzione avrebbe dovuto essere soltanto quella da essa prevista all’ultimo
comma.
Si è costituita la parte civile Siae, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o
comunque sia respinto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo, qualificato dal ricorrente come violazione di legge e vizio motivazionale,
patisce in realtà un contenuto direttamente fattuale, in quanto, dopo avere richiamato alcune
massime giurisprudenziali, e pur avendo introdotto il vero nucleo del motivo negando di
chiedere “una valutazione di merito, in questa sede inammissibile”, propone una vera e propria
ricostruzione alternativa del fatto, negando l’esistenza di elementi probatori idonei a
dimostrare che la detenzione dei testi fotocopiati fosse per uso diverso da quello personale e
che sussisteva il fine di lucro (per inciso, si rammenta che l’imputata era titolare di una
copisteria frequentata da numerosi studenti), per concludere che non si sarebbe superata la
soglia del ragionevole dubbio per cui “in dubio pro reo, mancando la prova certa dei
presupposti della fattispecie contestata, la censurata sentenza va annullata per violazione ed
errata applicazione dell’art. 171 ter, co.1, lett. b), L. n. 633/1941 e successive modifiche”
(ricorso, pagina 6). È evidente che in tal modo il motivo persegue un inammissibile terzo grado
di cognizione di fatto. La pretesa sussistenza, poi, di lacune motivazionali in realtà non si
ravvisa affatto nell’adeguata motivazione della corte territoriale, che ha illustrato (motivazione,
pagina 4) specificamente gli elementi probatori sulla base dei quali è da escludersi l’uso
personale ed è stata attuata un’attività di fotoriproduzione in forma imprenditoriale
nell’esercizio commerciale la cui clientela primaria era rappresentata dagli studenti universitari,
che ordinavano le copie dei volumi dietro pagamento di un corrispettivo.

opere tutte tutelate dal diritto d’autore..

Il secondo motivo è parimenti fattuale, poiché assume l’applicabilità dell’articolo 171 anziché
dell’articolo 171 ter della legge del diritto d’autore in quanto l’attività di fotocopiatura sarebbe
nei limiti in cui la consente l’articolo 68, commi terzo e quarto, della stessa legge, cioè nei
limiti del 15% di ciascun volume o fascicolo di periodico, escluse le pagine di pubblicità. La
riproduzione ad uso personale entro detti limiti è lecita, sempre che venga corrisposto agli
aventi diritto il compenso previsto dalla suddetta norma. Ma il presupposto d’applicazione della
fattispecie (a livello sanzionatorio presidiata effettivamente dall’articolo 171, ultimo comma) è

compenso. Nel caso di specie, come si è appena visto, la corte territoriale – esternando il suo
percorso di accertamento con una motivazione logica e adeguata – ha invece appurato che
l’imputata ha fotocopiato anche opere intere e per uso di commercio.
In conclusione, da quanto esposto emerge la inammissibilità del ricorso, cui consegue la
condanna della ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente
grado di giudizio, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile,
liquidate in euro 1500 oltre accessori di legge. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte
costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di
ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle
spese sostenute nel grado dalla parte civile liquidate in euro 1500,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma il 24 aprile 2013

Il Consiglier stensore
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evidentemente l’accertamento dell’uso personale, del limite del 15% e del pagamento del

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