Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32937 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32937 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BRAGHIROLI RINO N. IL 19/04/1949
avverso la sentenza n. 2559/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 18/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Geperale in persona del Dott. .)A. vt O ‘/A nt”7.-0
che ha concluso per -j “\~

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 23/04/2013

3832/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18 maggio 2012 la Corte d’appello di Bologna, a seguito di appello
presentato da Braghiroli Rimi contro sentenza del Tribunale di Bologna che in data 13 maggio
2010 lo aveva condannato per vari reati di cui all’articolo 2 d.lgs. 74/2000 alla pena di un anno
di reclusione, in parziale riforma dichiarava prescritto un capo d’imputazione rideterminando la
pena in sei mesi di reclusione.

13 d.lgs. 74/2000 e correlato vizio motivazionale, affermando che la pena base, determinata in
misura superiore al minimo edittale, sarebbe “non soddisfacente e contraddittoria, poiché fa
riferimento al solo elemento positivo dell’incensuratezza”; inoltre la corte non spiegherebbe
perché non ha applicato l’attenuante ex articolo 13 d.lgs. 74/2000 nella massima estensione
della riduzione della metà della pena, diminuendola invece solo di un terzo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso non merita accoglimento.
Per quanto concerne la pretesa violazione dell’articolo 133 c.p. e il correlato vizio
motivazionale, si deve rilevare che la corte non ha considerato soltanto l’incensuratezza, ma
anche ha ritenuto la pena base scelta – mesi nove di reclusione – “congrua ed adeguata alla
gravità dei fatti e alla personalità” dell’imputato (così implicitamente valutandone anche la
condotta posteriore al reato, che il ricorso richiama). Tale motivazione, poi, prosegue
direttamente a operare la determinazione della riduzione della pena base di un terzo ai sensi
dell’articolo 13 d.lgs. 74/2000: è logico quindi ritenere che con i suddetti argomenti
giustificativi essa ricopra anche la scelta della dimensione riduttiva della pena che la corte ha
ritenuto congruo nel caso concreto far discendere dalla attenuante concessa; e d’altronde, la
riduzione di un terzo non comporta violazione di legge in riferimento appunto all’articolo 13
d.lgs. 74/2000.
In conclusione, da quanto esposto emerge la inammissibilità del ricorso, cui consegue la
condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente
grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data
13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato
presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si
dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

2. Ha presentato ricorso il difensore per violazione di legge in relazione agli articoli 133 c.p. e

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

Così deciso in Roma il 23 aprile 2013

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