Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32932 del 23/04/2013
Penale Sent. Sez. 3 Num. 32932 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MANISCALCO VINCENZO N. IL 19/11/1969
avverso la sentenza n. 4961/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
16/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Us
p 1,&,
che ha concluso per (
dr.3.
Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
,
Data Udienza: 23/04/2013
34248/2012
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16 gennaio 2012 la Corte d’appello di Torino, a seguito di appello
presentato da Maniscalco Vincenzo contro sentenza del Tribunale di Novara che in data 30
marzo 2011 lo aveva condannato per il reato di cui agli articoli 99, secondo comma, n.2, c.p. e
10 d.lgs. 74/2000 alla pena di sei mesi di reclusione (perché, nella sua qualità di titolare
dell’omonima ditta individuale, per evadere le imposte sui redditi e l’Iva o consentire l’evasione
a terzi, occultava o comunque distruggeva in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti
d’affari, con recidiva infraquinquennale), in parziale riforma concedeva le attenuanti generiche
rideterminando la pena in quattro mesi di reclusione.
2. Ha presentato ricorso l’imputato sulla base di due motivi: il primo denuncia la violazione
dell’articolo 129 c.p.p. per non avere la corte territoriale verificata l’assenza di cause di non
punibilità; il secondo denuncia violazione dell’articolo 133 c.p. perché i criteri di valutazione
della pena non sarebbero stati presi concretamente in considerazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo è del tutto generico, non avendo il ricorrente indicato quali sarebbero le
cause di non punibilità che, a suo avviso, sussisterebbero e in rapporto alle quali, dunque, la
corte territoriale avrebbe omesso la dovuta verifica. D’altronde, la corte ha verificato
adeguatamente l’esistenza degli elementi probatori idonei a rendere certa la responsabilità
dell’imputato (motivazione, pagine 3-4), e quindi ha adempiuto all’obbligo di cui all’articolo 129
c. p. p.
Il secondo motivo è parimenti generico, poiché non specifica quali sarebbero i criteri
dell’articolo 133 c.p. che la corte territoriale avrebbe violato o comunque omesso di
considerare. Anche in questo caso, peraltro, dalla motivazione, pur concisa, della sentenza,
emerge che l’articolo 133 c.p. è stato correttamente applicato, essendo stata considerata
l’adeguatezza della sanzione base sia al fatto delittuoso in sé (“caratterizzato dalla totale
mancanza della documentazione contabile”), sia alla personalità, non incensurata, del
prevenuto (motivazione, pagina 4).
In conclusione, da quanto esposto emerge la inammissibilità del ricorso, cui consegue la
condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente
grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data
13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato
presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si
di obbligatoria conservazione, così da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume
dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2013
Il Consig e estensore
esidente
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali