Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3292 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3292 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
SETTIMO Mario, nato a Santa Ninfa (TP) il 21.10.1971;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo, in data 22.5.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Massimo Galli, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito, per l’indagato, l’Avv. Gianni Caracci, quale sostituto processuale
dell’avv. Giuseppe Ferro, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2.5.2013, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Marsala dispose la misura degli arresti domiciliari nei
confronti di Settimo Mario, indagato per i reati di detenzione e porto
illegale di un fucile e una pistola.
Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed
il Tribunale di Palermo, con ordinanza in data 22.5.2013, confermò il
provvedimento impugnato.

Data Udienza: 12/12/2013

Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo la
carenza e illogicità della motivazione del provvedimento impugnato
relativamente alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, tenuto
conto che la paventata minaccia con arma nei confronti di tale Di Stefano
Francesco non si è verificata e che le perquisizioni eseguite a suo carico
hanno avuto esito negativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorrente lamenta la mancanza e illogicità della motivazione in
ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, ma appare evidente come
il ricorrente sottoponga alla Corte – sotto mentite spoglie – censure di
merito, inammissibili in sede di legittimità.
Va ricordato, in proposito che la valutazione delle prove è riservata,
in via esclusiva, all’apprezzamento del giudice di merito e non è
sindacabile in cassazione; a meno che ricorra una mancanza o una
manifesta illogicità della motivazione, ciò che – nel caso di specie – deve
però escludersi.
E invero come hanno statuito più volte le Sezioni Unite di questa
Corte «L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione
ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza
delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve
essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu ocu/i”,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le
ragioni del convincimento» (Cass., sez. un., n. 24 del 24.11.1999 Rv
214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).

2

Il ricorso è inammissibile.

Nel caso di specie, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di
argomenti, le ragioni della loro decisione (fornendo, peraltro risposte
specifiche alle deduzioni difensive relative al mancato ritrovamento delle
armi in esito alle perquisizioni eseguite e sottolineando, come sulla base
delle intercettazioni eseguite, non possa dubitarsi che l’indagato abbia
portato le armi in suo possesso a bordo di autovettura, onde minacciare
Z=0:L tale Di Stefano); non si ritiene, peraltro – per ovvi motivi – di

sufficiente al Collegio far rilevare che le stesse non sono manifestamente
illogiche; e che, anzi, l’estensore dell’ordinanza ha esposto in modo
ordinato e coerente le ragioni che giustificano la decisione adottata, la
quale perciò resiste alle censure del ricorrente sul punto.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, il 12.12.2013.

riportare qui integralmente tutte le suddette argomentazioni, sembrando

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