Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32914 del 05/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32914 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
DI FEDE Antonino, nato a Gela il 27/5/1962
MARINO Crocifissa, nata a Gela il 6/1/1970
avverso la sentenza del 4/6/2013 della Corte di appello di Caltanissetta, che ha
confermato la sentenza del 11/3/2011 del Tribunale di Gela che ha condannato i
sigg. Di Fede e Marino, previa concessione delle circostanze attenuanti
generiche, alla pena di due mesi di arresto e 9.000,00 euro di ammenda (pena
condizionalmente sospesa) nonché alla demolizione delle opere abusive perché
colpevoli del reato ex art.44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, commesso in data
anteriore e prossima al 15/6/2009;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo annullarsi la sentenza senza rinvio per
intervenuta prescrizione dei reati;
udito per i ricorrenti l’avv. Antioco Pintus in sostituzione dell’avv. Daniela Fava,
che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso.

Data Udienza: 05/06/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 4/6/2013 la Corte di appello di Caltanissetta ha
confermato la sentenza del 11/3/2011 del Tribunale di Gela che ha condannato i
sigg. Di Fede e Marino, previa concessione delle circostanze attenuanti
generiche, alla pena di due mesi di arresto e 9.000,00 euro di ammenda (pena
condizionalmente sospesa) nonché alla demolizione delle opere abusive perché
colpevoli del reato ex art.44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, commesso in data

2. La Corte di appello ha ritenuto che correttamente il Tribunale abbia
giudicato gli imputati, proprietari del suolo, responsabili della realizzazione
abusiva, in difformità dal permesso di costruire rilasciato per la realizzazione del
solo fabbricato di circa 32 metri quadri, di una tettoia di circa 60 metri quadrati
poggiante su colonne in cemento armato e supportata da altre strutture in
cemento armato e materiale coibentante.
3. Avverso tale decisione sig. propone ricorso in sintesi lamentando:
decisione i sigg. Di Fede e Marino propongono ricorso in sintesi lamentando:
a. Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere la
Corte di appello confermato la decisione erroneamente assunta dal Tribunale
allorché, nonostante le evidenti imprecisioni del teste Trainiti, ha ritenuto che
le opere abusive insistano sul terreno di proprietà dei ricorrenti e non, come
invece è, sul terreno confinante di proprietà della sig.ra Aurelia Marino;
b. Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per essersi il
reato estinto per prescrizione prima della pronuncia della sentenza di appello:
le opere furono terminate nel mese di luglio 2008, e non nel corso del 2009,
così che il termine di cinque anni era spirato già nel mese di luglio 2013.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva preliminarmente la Corte che i ricorrenti propongono censure che
introducono contestazioni in punto di fatto e che sollecitano la Corte a rivisitare
le valutazioni operate nel merito dal giudicante; si tratta di richieste estranee al
giudizio di legittimità alla luce di quanto affermato dalla costante giurisprudenza,
secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta
Penale, sentenza n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
2. Osserva, ancora, che i ricorrenti non hanno in alcun modo offerto gli
elementi specifici che dimostrerebbero il grave travisamento delle prove e dei
fatti che viene denunciato. Le imprecisioni del testimone Trainiti, non indicate

2

anteriore e prossima al 15/6/2009.

nell’atto di ricorso nel loro contenuto e nella loro rilevanza, non forniscono alla
Corte elementi sufficienti per mettere in crisi la ricostruzione operata in modo
conforme dal Tribunale e dalla Corte di appello sulla base del materiale
documentale e testimoniale acquisito agli atti.
3. Le considerazioni che precedono impongono di qualificare il ricorso come
manifestamente infondato con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13

sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino ciascuno la somma,
determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la non rilevanza in questa sede
dell’avvenuta maturazione dei termini massimi di prescrizione del reato in epoca
successiva alla sentenza impugnata (Sez.Un., n.32 del 22 novembre-22
dicembre 2000, rv 217266; n.33542 del 27 giugno-11 settembre 2001, rv
219531; n.23428 del 22 marzo-22 giugno 2005, rv 231164). Sul punto si rileva
che la sentenza della Corte di appello è stata emessa nel mese di giugno 2013 e,
dunque, anteriormente al mese di luglio 2013, epoca cui si perviene secondo i
più favorevoli calcoli operati base della prescrizione quinquennale fatta
decorrere, secondo la versione dei ricorrenti, dall’ultimazione dei lavori nel mese
di luglio 2008 (e non dalla successiva data del sopralluogo avvenuto il
15/6/2009).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro
1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso il 5/6/2014

giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso

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