Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32910 del 05/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32910 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da

FUSCONI Maria, nata a Ravenna il 20/8/1944
avverso la sentenza del 28/2/2013 del Tribunale di Ravenna, che la ha
condannata alla pena di 2.000,00 euro di ammenda perché colpevole del reato
previsto dall’art.727 cod. pen., accertato il 19 e 20 giugno 2008;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Nel decidere in sede di opposizione a decreto penale di condanna, il
Tribunale di Ravenna ha assolto la sig.ra Fusconi dal reato previsto dagli artt.40
e 544-ter cod. pen. (capo A) perché il fatto non costituisce reato, e l’ha
condannata alla pena di 2.000,00 euro di ammenda perché colpevole del reato
contestato al capo B) e previsto dall’art.727 cod. pen.
Osserva il Tribunale che, a seguito del controllo effettuato il 19 e 20 giugno
2008 nel luogo ove l’imputata allevava e custodiva ventinove cani, furono
rilevate condizioni igieniche assolutamente deficitarie e la presenza di animali

Data Udienza: 05/06/2014

infestati da pulci, di altri con evidenti problemi di salute. La presenza di ulteriori
animali fu accertata il 17 luglio successivo allorché fu possibile accedere ad altro
luogo sempre nella disponibilità della sig.ra Fusconi.
Osserva, ancora, che l’istruttoria dibattimentale ha consentito di escludere
che la carenza di cure in favore degli animali presentanti patologie varie
dipendesse da intenzionalità o crudeltà, così che va esclusa l’ipotesi delittuosa
contestata al capo A) della rubrica, ma che sussistono evidenti profili di
trascuratezza e incuria che impongono la condanna per l’ipotesi

2. Avverso tale decisione l’avv. Carlo Benini nell’interesse della sig.ra
Fusconi propone ricorso in sintesi lamentando:
a. vizio di motivazione ai sensi dell 1 art.606, lett.e) cod. proc. pen. in relazione
all’applicazione dell’art.192 cod. pen. e all’affermata sussistenza dell’elemento
soggettivo del reato; le dichiarazioni del teste Guberti escludono che vi sia stata
trascuratezza nella cura delle lesioni presenti su alcuni degli animali e quelle del
teste Campana escludono che la ricorrente non prestasse attenzioni quotidiane
agli animali;
b. errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Quanto al primo motivo, si deve rilevare che il Tribunale non ha omesso di
prendere in esame le deposizioni dei testi Gubetti e Campana, ma le ha
confrontate con il restante testimoniale e, soprattutto, ha indicato nel materiale
probatorio acquisito in sede di sopralluogo e ispezione (sintetizzato in modo
chiaro alle pagine 1 e 2 della motivazione) quali fossero in concreto le condizioni
ambientali e fisiche che fondano l’esistenza dell’elemento oggettivo del reato e
che denotano livelli di trascuratezza che fondano l’esistenza dell’elemento
soggettivo. Non sussiste, dunque, alcun vizio di carenza motivazionale, né il
ragionamento esposto dal Tribunale a sostegno della propria decisione può dirsi
illogico o in contrasto con il materiale probatorio acquisito agli atti ed esaminato
in sentenza.
3. Quanto al secondo motivo, va rilevato che la complessiva motivazione
della sentenza impone di considerare che il Tribunale nel determinare l’entità
della pena inflitta ha tenuto conto sia del numero elevato di animali sia della
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contravvenzionale contestata al capo B).

condotta dell’imputata nel suo complesso (elemento che emerge dalla
motivazione con cui viene esclusa la sussistenza del reato sub A) sia della sua
incensuratezza, e cioè degli elementi essenziali individuati dall’art.133 cod. pen.
quali parametri cui ancorare la decisione sul punto. La natura della pena, che è
stata fissata nella sola forma pecuniaria, e l’entità della stessa, fissata in misura
prossima al minimo edittale nonostante il numero di animali, non rendono
rilevante l’eventuale concessione delle circostanze attenuanti generiche, la cui
applicazione assume specifico rilievo solo qualora possa avere riflessi in sede di

del minimo edittale, come nel caso non si è verificato.
4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/6/2014

comparazione fra circostanze o in caso si intenda determinare la pena al di sotto

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