Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32900 del 05/03/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32900 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOMA ANTONIO N. IL 09/11/1971
avverso la sentenza n. 718/2009 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
SASSARI, del 22/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Gpnerale in persona del Dott. P
che ha concluso per Al

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 05/03/2013

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RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 22 dicembre 2011, la Corte di Appello di Cagliari – Sezione
Distaccata di Sassari – confermava la sentenza del Tribunale di Nuoro del 15 gennaio 2009
emessa nei confronti di SOMA Antonio (imputato del reato di illecita detenzione a fini di spaccio
di sostanze stupefacenti – art. 73 comma 1° e 73 comma 1° bis del D.P.R. 309/90 – e porto

dei detti reati e condannato alla pena di anno uno e mesi nove di reclusione ed € 7.500,00 di
multa e giorni 40 di arresto ed C 100,00 di ammenda.
1.2 La Corte territoriale, nel richiamare le motivazioni del primo Giudice in punto di
affermazione della colpevolezza, ribadiva: a) l’attribuibilità in termini di certezza all’imputato
SOMA della droga (cocaina) rinvenuta sotto l’auto a bordo della quale egli sostava al momento
dell’intervento dei Carabinieri; b) la piena attendibilità della testimonianza del Mito SANTO,
soprattutto con riferimento alle modalità di rinvenimento, avvenuto in due distinte occasioni
temporali, della droga della quale il SOMA aveva tentato di disfarsi; b) la destinazione allo
spaccio della sostanza, nonostante la modesta entità, desunta da una serie di indici
inequivocabili (possesso di denaro in singole banconote da 50 Euro tutte stropicciate e
frazionamento in dosi della droga; identità del confezionamento delle singole dosi rinvenute).
Quanto al trattamento sanzionatorio la Corte ne riteneva la piena congruità in relazione sia alle
modalità del fatto, sia ai precedenti penali a carico dell’imputato, ostativi alla concessione delle
invocate circostanze attenuanti generiche.
13. Per l’annullamento della sentenza propone ricorso l’imputato a mezzo del proprio
difensore fiduciario deducendo, con unico articolato motivo, carenza della motivazione,
contraddittorietà e sua manifesta illogicità sia in punto di conferma del giudizio di colpevolezza,
sia in punto di entità del trattamento punitivo notevolmente ed irragionevolmente distante dai
minimi edittali.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile sia per genericità dei motivi sia per la loro manifesta
infondatezza, sia perché contenente censure in fatto improponibili in sede di legittimità.
1.1 Va doverosamente premesso, in punto di fatto, che al SOMA non stati contestati due
reati: a) reato di cui all’art. 73 comma 1 bis D.P.R. 309/90 per la illecita detenzione a fini
dispaccio, di cocaina suddivisa in singole dosi preconfezionate, per un peso complessivo di
2.800 mg; b) contravvenzione di cui all’art. 4 della L. 110/75 per porto ingiustificato di un
coltello a serramanico. Come ricordato nella sentenza impugnata il SOMA veniva sorpreso a
notte inoltrata, a bordo della sua auto parcheggiata lungo una stradella di penetrazione agraria
da una pattuglia di carabinieri che si era avvicinata all’auto; nella circostanza il conducente,
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ingiustificato di coltello – art. 4 L. 110/75), con la quale lo stesso era stato ritenuto colpevole

accortosi dell’arrivo dei militari, gettava dal finestrino un piccolo involucro che lasciava per aria
una traccia pulvurulenta notata distintamente dai militari. Il tentativo di recuperare l’involucro
ed il suo contenuto sortiva risultati positivi qualche ora dopo in coincidenza con le prime luci
del giorno, e consentiva di rinvenire sotto l’autovettura un pacchetto di sigarette con all’interno
cinque involucri in plastica chiusi con nastro adesivo, uno dei quali era risultato tagliato e
vuoto.
1.2 Tanto precisato, va ricordata la regula juris da tempo elaborata dalla giurisprudenza di

pronunce di primo e di secondo grado risultino concordanti nell’analisi e nella valutazione degli
elementi di prova poste a base delle rispettive decisioni, si salda con quella precedente di
primo grado (Cass. Sez. 1^ 26.6.2000 n. 8886). La Corte territoriale, nel confermare il giudizio
di colpevolezza, oltre a richiamare per sintesi le argomentazioni del Tribunale che condivideva
integralmente, rilevava ulteriormente la certezza della attribuibilità della droga al SOMA (che
ne aveva negato la titolarità) rievocando le analitiche dichiarazioni del M.Ilo SANTO, Questi
aveva avuto modo di notare dapprima il gesto dell’imputato di lanciare attraverso il finestrino
un piccolo involucro che l’imputato aveva attimi prima estratto dal giubbotto; ancora la
presenza in parte all’interno dell’auto ed in parte sotto l’auto di una sostanza bianca;
successivamente, a distanza di qualche ora dal controllo (avvenuto a notte fonda e che perciò
aveva reso difficile il rintraccio degli altri involucri), la presenza sotto l’auto del SOMA del
pacchetto di sigarette con all’interno cinque involucri, uno dei quali vuoto, aventi
caratteristiche identiche al frammento di involucro rinvenuto nella immediatezza. Le superiori
circostanze riferite dal sottufficiale sono state, a ragione, ritenute pienamente veridiche da
parte della Corte che ha poi valorizzato altri dati, quali, la suddivisione in dosi e il possesso di
denaro costituito da singole banconote stropicciate di 50,00 ciascuno rinvenute nella tasca
interna del giubbotto indossato dal SOMA. Proprio tali elementi hanno indotto la Corte
territoriale ad escludere, in modo convincente, che la detenzione della droga fosse finalizzata
ad esclusivo uso personale, anche in relazione alla mancata indicazione da parte del SOMA di
essere tossicodipendente.
1.3 Tale motivazione è Ineccepibile sul piano logico, sia per quanto riguarda l’attribuzione
della droga al SOMA e non ad altri, sia per quanto riguarda la illecita destinazione. D’altro
canto non può non rilevarsi come sul punto le censure della difesa contengano in realtà rilievi
in fatto miranti ad una alternativa ricostruzione della vicenda, non consentiti in sede di
legittimità: tanto vale anche con riguardo alle ragioni esposte a giustificazione del possesso
delle sei banconote (di uguale taglio ed in identiche condizioni di uso) che la difesa sostiene
non essere indicativo della provenienza da precedenti cessioni di droga a terzi. Peraltro anche
le modalità della sosta lungo una stradella “defilata” ed in ora notturna sono state ritenute
dalla Corte territoriale sintomatiche di una pregressa (ma anche futura) attività di spaccio di
dosi singole.
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questa Corte secondo la quale la struttura motivazionale della sentenza di appello, laddove le

1.4 In aggiunta a tali considerazioni osserva questo Collegio che la Corte di Appello ha
correttamente osservato i criteri interpretativi da tempo elaborati dalla giurisprudenza di
questa Corte in tema di possesso di droga in quantità ridotte e destinazione all’uso da parte di
terzi: se è vero, infatti, che il mero dato quantitativo del superamento dei limiti tabellari di cui
all’art. 73 comma 1° bis lett. A) del D.P.R. 309/90 nella sua attuale formulazione non introduce
alcuna presunzione – nemmeno relativa – in ordine alla destinazione della sostanza ad un uso
esclusivamente non personale, così come non comporta una inversione dell’onere della prova a

oltre il dato quantitativo, tutti gli altri elementi di fatto (modalità e circostanze dell’azione;
modalità di presentazione della droga) tali da escludere una finalità esclusivamente personale
della detenzione (in termini, Cass. Sez. 6^ 25.1.2011, Talamo, Rv. 249346; Cass. Sez. 6^
12.2.2009 n. 12146, P.M. in proc. Delugan, Rv. 242923). Ne consegue che laddove il giudice si
trovi in presenza di una condotta di detenzione integrata da altri indici quali, in via
esemplificativa, la suddivisione in dosi; la presenza di strumentazione atta alla preparazione
delle dosi; il dato quantitatiVo%desto; la presenza di denaro in tagli variabili, i contatti con
tossicodipendenti-acquirenti, è tenuto ad una motivazione approfondita che dia conto di tutti
questi elementi onde affermare la destinazione della droga allo spaccio. (Cass. Sez. 6^
18.9.2008 n. 309017, P.G. in proc. Casadei Rv. 241405).
1.5 Nel caso in esame la Corte ha fornito – come dianzi precisato – una motivazione
assolutamente precisa ed articolata con l’enumerazione di plurime circostanze ritenute, a
ragione, altamente sintomatiche della destinazione della droga alla commercializzazione.
Dunque è da escludere che il giudice si sia affidato al solo elemento quantitativo, scendendo
invece ad una valutazione delle altre circostanze dell’azione così come richiesto dal pacifico
orientamento di questa Corte.
1.6 Del tutto generica la parte del motivo dedicata alla immotivata severità del
trattamento sanzionatorio, non mancando di osservare che non solo la Corte distrettuale ha
esposto in modo convincente le ragioni della congruità della pena irrogata, ma che, nella
forbice determinata tra il minimo edittale (un anno di reclusione) ed il massimo (sei anni di
reclusione) è stata prescelta una soluzione molto più prossima al minimo che alla media: il che
rende ancor più infondata la specifica censura difensiva, in relazione alla esatta applicazione da
parte del giudice distrettuale dei criteri elaborati da questa Corte in merito alla determinazione
della pena (vds. sul punto, tra le tante, Cass. Sez. 2^ 26.6.2009 n. 36245, Denaro, Rv.
245596, secondo la quale l’obbligo di specifica e dettagliata motivazione è necessario soltanto
se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti
essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. espressioni
quali “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità
del reato o alla capacità a delinquere).

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carico dell’imputato, è parimenti incontestato che è rimesso al giudice il compito di valutare

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2. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma ritenuta congrua – di C 1.000,00, trovandosi il ricorrente in colpa per avere dato causa alla
inammissibilità
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso in Roma il 5 marzo 2013
Il

nsigliere estensore

Il Presidente

processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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