Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3290 del 22/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3290 Anno 2013
Presidente: MARZANO FRANCESCO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) TRUCCHI GIORGIO N. IL 29/04/1947
avverso la sentenza n. 239/2011 CORTE APPELLO di GENOVA, del
21/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Gineral in persona del Dott. fotIvet íto
che ha concluso per 1{ v

“l e11644’t

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udi14difensortAvv.
t/iik . LAAtsvt<-0 (rkiQ ei.bpA4m, fhz A5qmp tf,„ pAti Data Udienza: 22/11/2012 RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Genova, con sentenza del 23/11/2009, giudicò Trucchi Giorgio, Costa Alberto, Armanino Alfredo, Bozzola Mauro, Foglia Ciro e Matteini Renzo, chiamati a rispondere di plurime contestazioni di reato: tutti, gravemente malata e non autosufficiente, veniva attinta da una parte dell'intonaco venuto a crollo dal tetto presso l'ASP Brignole di Genova, via G. Maggio, n. 6, (locali della ASL 3 di Genova, concessi in comodato all'ASP), ove la vittima era ricoverata; del reato di cui all'art. 449, cod. pen.; il solo Trucchi e costui insieme al Matteini del reato di cui all'art. 677, cod. pen., per l'omessa attivazione per la manutenzione di parti varie dell'edificio. Disposta restituzione degli atti al P.M., ai sensi dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen., in relazione ai reati ascritti a Costa Alberto, Armanino Alfredo, Bozzola Mauro al capo b) e a Trucchi Giorgio ai capi b) e c) perché, con riferimento alla situazione constatata nei locali del blocco 2, piano terra, stanze 1, 4 e 5, il fatto è diverso da come descritto nel capo d'imputazione; assolti Costa Alberto, Amanino Alfredo e Bozzola Mauro dall'imputazione di cui al capo a) e da quella di cui al capo b) - limitatamente ai distacchi di intonaco verificatisi nel blocco 6 - per non avere commesso il fatto e dall'imputazione di cui al capo b) - limitatamente ai distacchi di intonaco verificatisi nel blocco 4 piano terra lavanderia - perché il fatto non sussiste; Matteini Renzo dall'imputazione ascrittagli, perché il fatto non sussiste; assolto Trucchi Giorgio dall'imputazione di cui ai capi b) e c) limitatamente ai distacchi di intonaco verificatisi nel blocco 4, piano terra, lavanderia - e da quello di cui al capo d) perché il fatto non sussiste e dichiarato non doversi procedere nei confronti di Foglia Ciro, essendo estinto per prescrizione il reato ascrittogli; dichiarato Trucchi Giorgio colpevole del reato di cui al capo a) e del reato di cui al capo b) - diversamente qualificato il fatto come violazione dell'art. 677, cod. pen., ed in esso assorbito il reato di cui al capo c) - limitatamente ai distacchi di intonaco verificatisi nel blocco 6, quale responsabile dell'Unità Operativa Manutenzione dell'ASL 3, concesse le attenuanti generiche e ritenuto il concorso formale fra i due reati, lo condannò alla pena sospesa stimata di giustizia, ordinando la non menzione. 1.1. La Corte d'Appello di Genova, investita dall'impugnazione del Trucchi, con sentenza del 21/11/2011, dichiarato non doversi procedere nei 1 tranne il Matteini, di omicidio colposo ai danni di Pinna Raffaella, la quale ! confronti dell'imputato i ordine al reato di cui all'art. 677, cod. pen., estinto per intervenuta prescrizione, e ridotta, di conseguenza, la pena, confermò nel resto la statuizione di primo grado. 2. L'imputato proponeva ricorso per cassazione. 3. Con il primo motivo il ricorrente lamenta «insufficiente motivazione>›, con violazione della lett. e) (erroneamente indicata nel
pen., in ordine alla ricostruzione della causa del crollo, da doversi far risalire
non ad omessa manutenzione dello stabile, bensì a responsabilità dell’impresa
appaltatrice dei lavori.
Limitandosi ad aderire supinamente agli argomenti del giudice di primo grado
la Corte territoriale era venuta meno al dovere di fornire congrua risposta allo
specifico motivo d’appello.
In particolare, Ininfluente avrebbe dovuto ritenersi la circostanza che gli
intonaci avevano tenuto ai microfori praticati dall’impresa per posizionare i
pannelli della controsoffittatura; inoltre, non era stato tenuto in debito conto
che nell’indagine svolta dall’ing. Borneto era risultato che ben il 78% degli
Intonaci verificati era a rischio, con la conseguenza che la ditta Romagnoli non
aveva effettuato la sistematica verifica di tutti i solai, siccome, invece,
Impostole dal capitolato.
3.1. Con il secondo motivo viene denunciato il medesimo vizio
motivazionale per avere il giudice d’appello reputato superfluo accertare
l’esatta individuazione della causa del distacco.
Causa che, invece, era indispensabile acclarare, anche al solo fine di escludere
eventuali manomissioni da parte di terzi.
Inoltre, una tale indifferenza conoscitiva cozzava con l’eccellente elaborato del
consulente di parte, prof. Del Grosso, il quale aveva escluso, con abbondanza
di argomenti, che il crollo dovesse farsi risalire ad una infiltrazione di acqua
meteorica dal camino, rovesciatosi in occasione di eventi meteorologici.
Infine, in evidente contrasto con il ragionamento del giudice di primo grado,
che, tuttavia, la Corte territoriale dichiara di condividere, si era reputato,
come si è visto, ininfluente la ricerca della specifica causa del crollo, che,
Invece, solo ove attribuibile a difetto di manutenzione (secondo la
ricostruzione del tribunale) si sarebbe potuto addebitare a colpa dell’imputato,
quale responsabile dell’Unità Operativa Manutenzione.

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sommario della censura come lettera c) del comma 1 dell’art. 606, cod. proc.

3.2. Con il terzo motivo il ricorrente evidenzia violazione della lett.
b) dell’art. 606, cod. proc. pen., avendo la Corte territoriale errato
nell’interpretare le regole contrattuali afferenti al rapporto tra la ASL 3 e
l’impresa appaltatrice, nonché tra la prima e l’ASP Brignole, con la
conseguenza che anche le conclusioni concernenti l’individuazione del
soggetto chiamato ad assicurare la sicurezza dei luoghi era errata.
La consegna anticipata (come nel caso in esame) di una parte dell’opera, pur
In presenza di collaudo, non libera l’appaltatore fino a che il committente non
e 42 del capitolato d’appalto (all’appaltatore l’onere della manutenzione, salvo
quei lavori dipendenti da usura causata dall’uso).
Quando al secondo rapporto, solo limitatamente ad un anno (periodo di
durata del contratto espressamente stabilito) l’accordo fra l’ASL e l’ASP
derogava all’art. 1808, cod. civ., ponendo a carico del comodante le spese di
manutenzione ordinaria e straordinaria; di conseguenza, nel periodo
successivo al 25/1/2003, ripresa vigore la normativa generale, spettava
all’ASP far luogo alla manutenzione ordinaria, anticipando anche le spese
necessarie per quella straordinaria, avendo, inoltre, l’obbligo della diligente
custodia, restando, così, l’ASL esonerata dalla responsabilità di cui all’art.
2051, cod. civ,
3.3. Con il quarto motivo viene denunziato travisamento della
prova ed illogicità della motivazione.
Avrebbe dovuto essere l’ASP a garantire l’incolumità della propria assistita
ricoverata, assicurando la costante agibilità e abitabilità dei locali.
3.4. Con l’ultimo motivo il ricorrente evidenzia erronea
applicazione di atti amministrativi rilevanti in questa sede.
La sentenza era censurabile per non avere individuato puntualmente il
discrimine tra le competenze dell’Unità Operativa Grandi Opere Edili e quella
di Manutenzione, alla quale era preposto l’imputato, unità entrambi costituenti
articolazioni dell’ASL 3.
A fronte del palesato dubbio da parte del giudice di primo grado si riscontrava
l’approccio semplificatorio della sentenza di secondo grado, la quale aveva
escluso la competenza della prima in relazione all’intervento che avrebbe
evitato il crollo. In particolare, a mente della deliberazione del Direttore
Generale n. 1796 del 31/12/2003, solo ad avvio delle funzioni sanitarie,
quindi dopo l’accettazione dell’opera, sarebbe venuta meno la competenza
delle “Grandi Opere”. Qualunque serio intervento manutentivo non avrebbe

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l’accetti e proprio in ragione della detta regola erano stati formulati gli artt. 37

potuto essere che posteriore e solo dopo acquisita tutta la documentazione
concernente l’immobile.
Infine, il ricorrente segnala l’erronea applicazione dell’art. 1673, cod. civ., il
quale se il deterioramento si verifica prima dell’accettazione e lo stesso non è
imputabile ad alcuna delle parti, il costo per il ripristino viene posto a carico
dell’appaltatore.

4. Il ricorso è infondato.

4.1. Esaminando unitariamente le due prime censure,
intimamente connesse, in quanto riconducibili alla verifica del nesso di
causalità, può precisarsi quanto segue.
La Corte territoriale, niente affatto limitatasi a recepire acriticamente il
percorso argomentativo del giudice di primo grado, tuttavia richiamato e
legittimamente fatto proprio, ha diffusamente ed analiticamente, senza
Incorrere in contraddizioni ed illogicità rilevanti in questa sede, sconfessato le
tesi difensive, oggi riprese, in larga parte senza tener conto delle risposte
fornite dal giudice di secondo grado.
Fermo restando che il crollo avvenne per il concorso di più cause, tutte,
comunque, capaci di procurare il tragico evento a causa del mancato
Intervento manutentivo perdurato a lungo nel tempo, correlate all’usura, ad
eventi meteorologici particolarmente avversi e al cedimento di impianti
tecnologici (rigonfiarsi dei ferri, reiterate gravi infiltrazioni dovute a copiosi
nubifragi, decapitazione di camini, rottura di tubazioni), quel che rileva in
questo processo, come esattamente evidenziato dalla Corte territoriale, è che
l’imputato ebbe la colpa di aver omesso d’intervenire nella qualità di
responsabile del pertinente servizio e, comunque, in caso d’impossibilità di
una efficace opera manutentiva, dovuta a ragioni pratiche o giuridiche, non
\O–,.provvidev segnalare alla direzione dell’ASL l’urgente necessità di sgombrare i
locali.
Affermare che l’individuazione e l’isolamento della causa da considerarsi
efficiente (ammesso che ciò sia possibile) appare del tutto ininfluente. Né
emergono plausibili ragioni per dar spazio alla mera congettura difensiva,
secondo la quale un tale accertamento si sarebbe reso necessario per lo meno
al fine di escludere il fatto del terzo, qui del tutto estraneo alle ipotesi
prospettabili.
Non censurabile deve ritenersi l’affermazione in sentenza, secondo la quale,
ove la situazione di degrado prossima al crollo fosse stata presente al
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CONSIDERATO IN DIRMO

momento dello svolgimento dei lavori, a sèguito dell’impianto del
controsoffitto, almeno in qualche punto l’intonaco del tetto sarebbe dovuto
crollare: infatti, se è pur vero che i pannelli vennero assicurati con l’ausilio di
semplici viti, la capillare pluralità delle stesse, unitamente alle vibrazioni
causate dagli strumenti di perforazione utilizzati per il loro collocamento,
avrebbe dovuto far venir giù almeno qualche pezzo slef dell’intonaco, il quale,
peraltro, ha, come noto, consistenza particolarmente vulnerabile.
Analogamente ineccepibile deve ritenersi l’affermazione secondo la quale gli
distanza di molti anni dalla redazione del progetto esecutivo (1994), dall’inizio
dei lavori (1996) e dal completamento degli stessi (2002) non potevano
essere in grado di dimostrare lo stato degli stessi al momento della consegna
dei padiglioni da 1 a 6.
Specie ove si presti attenzione al confronto con la lunga serie di episodi
d’infiltrazioni d’acqua, analiticamente passata in rassegna nella sentenza
gravata (cfr., in ispecie pagg. 18 e 19), verificatisi successivamente alla
consegna del detti padiglioni, ed interessanti aree contigue e prossime a
quella del crollo; nonché alle risultanze emergenti dalla relazione svolta dai
Vigili del Fuoco, i quali ebbero modo di constatare il grave degrado degli
intonaci del padiglione ove si trovava la vittima.
In ogni caso, peraltro, non è dato cogliere la ragione per la quale il
responsabile per la manutenzione avrebbe dovuto restare esonerato
dall’intervenire ove il pericolo fosse derivato, in tutto o in parte, da vizi
addebitabili all’appaltatore, piuttosto che a degrado fisiologico, tosto che il
blocco 6 era stato da anni consegnato all’ASL e da questa utilizzato, tramite la
convenzione di cui s’è detto.
Nessuna apprezzabile contraddizione devesi, inoltre, rilevare tra le due
sentenze di merito per il fatto che la Corte genovese ha affermato,
avvalendosi delle risultanze tecniche in atti, l’irrilevanza dell’esatta
individuazione della causa dell’evento, apparendo logico reputare che, sul
punto, il giudice di secondo grado abbia proceduto, correttamente, a
correggere la motivazione di quello di primo grado.
4.2. Neppure il terzo ed il quarto motivo colgono nel segno.
Non influisce punto sulle questioni qui in esame la ricostruzione civilistica del
rapporto intercorso tra l’impresa appaltatrice e la stazione appaltante (VASO:
invero, quali che siano gli obblighi dell’appaltatore in caso di consegna
anticipata di parte dell’opera, derivanti da vizi della stessa, non può essere
messo in dubbio che il committente, il quale si riceve il fabbricato (i padiglioni
di cui detto) assume, per ciò stesso, la funzione di garante nei confronti dei
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accertamenti svolti ex post sulla stabilità degli Intonaci, i quali avvennero a

soggetti che il detto fabbricato frequenteranno o in esso, addirittura,
stazioneranno in permanenza.
A ben vedere senza fondamento appare, di poi, il tentativo di far derivare
dalle norme sul comodato la conclusione secondo la quale l’ASL, al momento
del crollo, non rivestiva la detta funzione di garanzia nei confronti della
vittima.
Volutamente omettendo l’esatto inquadramento della vicenda fattuale, ben
Illustrato dalla Corte di Genova, che vide due pubbliche amministrazioni (l’ASL
protocollo d’accordo, così da assicurare la presa in carico di pazienti lungo
degenti, che l’ASL affidava all’IPAB, mettendo a disposizione i relativi locali, la
questione della penale responsabilità non può essere risolta richiamando l’art.
1808, cod. civ. (ammesso che l’intesa fra i due enti possa risolversi facendo
esclusivo riferimento alle norme civilistiche regolanti il comodato), il quale ha
il solo scopo di stabilire il riparto delle spese occorse per la riparazione della
cosa fra comodante e comodatario. L’obbligo del comodatario, invero, di
affrontare le spese necessarie per l’uso della cosa (ad es. canoni per corrente
elettrica, acqua, riscaldamenti, ecc.) e di anticipare quelle occorrenti per le
spese straordinarie, necessarie e urgenti sostenute per la conservazione
della stessa, in nulla elide quello del proprietario di garantire (art. 2051 e
2053, cod. civ.) i terzi dai danni che dalla cosa derivino. In definitiva, il
comodatario, salvo, poi, se del caso, ad individuare una concorrente
responsabilità dello stesso, non solleva il comodante proprietario dagli obblighi
propri derivanti dalla titolarità. Il caso concreto, poi, mostra piuttosto
emblematicamente l’effettiva impossibilità del comodatario di prevenire
l’evento: le gravi infiltrazioni venivano regolarmente segnalate e, comunque,
erano note all’ASL; senza contare che gli interventi avrebbero dovuto
interessare parti non concesse in comodato.
Le vicende, poi, attinenti alle certificazioni di abitabilità e agibilità,
antincendio, attraverso le quali l’impugnante intende evocare la responsabilità
dell’impresa appaltatrice e della Unità Operativa Grandi Opere Edili, risultano
palesemente ininfluenti.
4.3.

Chiaramente forzata appare l’interpretazione delle

competenze dell’Unità Operativa Grandi Opere Edili.
La unità di cui detto, come esattamente evidenziato dai giudici di merito,
svolgeva il compito di progettare e seguire l’intrapresa edificazione di nuovi
manufatti edilizi ospedalieri, senza competenze alcuna sulla manutenzione
(non è contestata l’assenza di manutentori).

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e l’IPAB Brignole e Darla, alla quale succedette l’ASP) far luogo ad un

La circostanza che, per determinazione dirigenziale, all’unità in parola fossero
state attribuite competenze fino all’avvio delle funzioni sanitarie, non significa
affatto, come, al contrario, vorrebbe il ricorrente, che le dette competenze
vengano meno solo con l’accettazione dell’opera da parte dell’ASL, bensì, più
in generale, come appare ragionevole, con l’avvio d’utilizzo degli immobili.
Ovviamente, senza che sussista il formalistico ostacolo prospettato dal
ricorrente, ove occorrente, la documentazione, se del caso ancora in possesso
dell’appaltante (non transitata, cioè, con la consegna anticipata), potrà e

Operativa Manutenzione, onde consentire le riparazioni e gli interventi che si
fossero resi necessari.

5. Al rigetto consegue la condanna alle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali

Così deciso in Roma il 22 /11/2012.

dovrà essere messa a disposizione del committente e per questo alla Unità

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