Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32895 del 30/06/2014
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32895 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASA FILIPPO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI MACERATA
nei confronti di:
LAGO CARMINE N. IL 29/08/1956
avverso il decreto n. 3545/2013 GIUD. SORVEGLIANZA di
MACERATA, del 04/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. SZ ict~.<.:
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ek 1.40-<..±."9 ()vie r Q uw-4-53- Udit i difensor Avv.; t 9- d'ano t-t-ege.,‘ al-cLue-rua-to- et-cd:2* Data Udienza: 30/06/2014 L.90-h-L RITENUTO IN FATTO 1. Con provvedimento del 4 novembre 2013, il Magistrato di Sorveglianza di Macerata
accoglieva il reclamo proposto da LAGO Carmine avverso statuizione della Direzione della Casa
Circondariale di Ascoli Piceno relativa alle modalità di effettuazione dei colloqui visivi con i
familiari e, segnatamente, con i figli e i nipoti infradodicenni. di Macerata, deducendo, quale unico motivo, violazione di legge per omessa adozione di
procedura camerale in relazione agli artt. 666 cod. proc. pen. e 14-ter Ord. Pen..
Evidenzia il ricorrente che i provvedimenti adottati in materia di colloqui visivi e
telefonici dei detenuti e degli internati, comunque incidenti su diritti soggettivi della persona,
sono sindacabili in sede giurisdizionale mediante reclamo al Magistrato di Sorveglianza, che
decide con ordinanza, ricorribile per cassazione, secondo la procedura prevista dall'art. 14-ter,
comma 3, Ord. Pen. e 666 cod. proc. pen..
Nel caso di specie, il Giudicante aveva erroneamente assunto la sua decisione de plano,
comunicandola per iscritto in data 14.11.2013 al suo Ufficio, a seguito di formale richiesta.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha
concluso, aderendo alle ragioni del ricorrente, per l'annullamento del provvedimento censurato
con trasmissione degli atti all'Ufficio di Sorveglianza di Macerata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
2. Giova, preliminarmente, ricordare che l'attuale sistema di tutela giurisdizionale dei
diritti dei detenuti nei confronti dei provvedimenti dell'Amministrazione penitenziaria, come
efficacemente osservato dalla dottrina più attenta alle questioni in tema ordinamento
penitenziario, non risulta disciplinato compiutamente dalla legge, ma costituisce, piuttosto, il
frutto di una serie di progressivi interventi operati dalla giurisprudenza, in specie della Corte
costituzionale, negli ultimi quindici anni.
2.1. In particolare la Corte costituzionale, partendo dalla constatazione, imposta
dall'art. 2 Cost., che lo stato detentivo non elimina la titolarità dei diritti in capo al detenuto e
che al riconoscimento della titolarità di un diritto non può non accompagnarsi il potere di farlo
valere innanzi a un Giudice, aveva già nel 1999 (sentenza n. 26 dell'Il febbraio 1999)
dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge di Ord. Pen. (ed in particolare degli artt. 35 e
69), laddove non prevedeva la possibilità per il detenuto di impugnare davanti ad un Giudice
un provvedimento dell'Amministrazione penitenziaria ritenuto lesivo di un proprio diritto ed ha
demandato al legislatore il compito di colmare la lacuna attraverso l'introduzione di un
procedimento giurisdizionale adeguato.
i 2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale In assenza di un efficace intervento legislativo, ed in considerazione della necessità
"costituzionalmente garantita" di un adeguato sistema di tutela dei diritti dei detenuti, la stessa
Corte (sentenza n. 526 del 22 novembre 2000) ha poi invitato la giurisprudenza a
"concretizzare il principio affermato" nella sua precedente pronuncia, cercando all'interno
dell'ordinamento penitenziario il rimedio da utilizzare.
2.2. Tale sollecitazione ha, di fatto, trovato immediata risposta nella giurisprudenza di
questa Corte, che sia pure dopo alcune oscillazioni, ha da ultimo (Sez. U, n. 25079 del ex art. 14-ter Ord. Pen. il procedimento giurisdizionale utilizzabile dal magistrato di
sorveglianza per l'accertamento di eventuali lesioni dei diritti dei detenuti da parte
dell'Amministrazione penitenziaria.
Proseguendo nella costruzione di un sistema effettivo di tutela dei diritti del detenuto, la
Corte costituzionale ha quindi affermato, dapprima (sentenza n. 66 dell'8 ottobre 2009), il
carattere vincolante delle decisioni assunte dal giudice in sede di controllo della legalità
dell'esecuzione della detenzione: a ciò pervenendo attraverso la valorizzazione dell'art. 69 Ord.
Pen., comma 5, nel quale si afferma che il magistrato può impartire "disposizioni dirette ad
eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati", e, da ultimo (sentenza
n. 135 del 7 giugno 2013), che il Ministero della giustizia non può disporre che non venga data
esecuzione ad un provvedimento emesso da un magistrato di sorveglianza all'esito di un
procedimento giurisdizionale.
Particolare rilevanza per la definizione del presente giudizio, assume, in particolare, il
passaggio argomentativo di tale ultima sentenza della Corte costituzionale (punto 4.1 delle
considerazioni in diritto) nel quale i giudici della legge, nel ribadire che "l'art. 35 ord. pen.
disciplina in generale il diritto dei detenuti e degli internati di proporre reclamo ad una serie di
autorità, tra cui il magistrato di sorveglianza (n. 2)"; che "l'art. 69, comma 6, ord. pen.
stabilisce che sui reclami il suddetto magistrato decide con ordinanza impugnabile soltanto per
cassazione, secondo la procedura di cui all'art. 14 ter"; che "quest'ultima disposizione (comma
3) prescrive che il procedimento si svolga con la partecipazione del difensore e del pubblico
ministero, mentre l'interessato e l'amministrazione penitenziaria possono presentare
memorie", specificano, tuttavia, che solo "quando il reclamo diretto al magistrato di
sorveglianza riguarda la pretesa lesione di un diritto, e non si risolve in una semplice doglianza
su aspetti generali o particolari dell'organizzazione e del funzionamento dell'istituto
penitenziario, il procedimento che si instaura davanti al suddetto magistrato assume natura
giurisdizionale".
Tale indirizzo interpretativo, per altro, appare del tutto in sintonia con i più recenti
approdi della giurisprudenza di questa Corte in argomento, che, pur nella consapevolezza
dell'estrema difficoltà di individuare l'esatto confine tra le posizioni tutelabili, per cui deve
applicarsi la procedura giurisdizionalizzata, e le aspettative di mero fatto, per le quali vale
ancora il meccanismo del procedimento de plano, si va consolidando nel senso che solo "i
2 26/02/2003 - dep. 10/06/2003, Gianni, Rv. 224603) definitivamente individuato nel reclamo provvedimenti dell'Amministrazione penitenziaria incidenti su diritti soggettivi sono sindacabili
in sede giurisdizionale mediante reclamo al magistrato di sorveglianza che decide con
ordinanza ricorribile per cassazione secondo la procedura indicata nella L. 26 luglio 1975, n.
354, art. 14-ter (in termini Sez. 1, Sentenza n. 41474 del 25/0/2013 - dep. 7/10/2013,
Romano, Rv. 257254; Sez. 1, n. 46269 del 24/10/2007 - dep. 12/12/2007, Musumeci, Rv.
238841, ed ancor prima Sez. 1, n. 8411 del 3/2/2004 - dep. 25/2/2004, Zagaria, Rv. 227517),
laddove, di contro, deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso a provvedimenti dell'Amministrazione penitenziaria che non incidono sui diritti soggettivi del
detenuto" (Sez. 7, n. 23379 del 12/12/2012 - dep. 30/5/2013, X., Rv. 255490, relativa
ad un caso nel quale il provvedimento oggetto di reclamo riguardava il rigetto della richiesta
del detenuto di somministrazione di latte caldo in occasione della prima colazione).
3. Orbene, anche in base alle considerazioni sin qui esposte, risulta agevole rilevare
come il Magistrato di sorveglianza adito non abbia proceduto nelle forme del contraddittorio
camerale secondo le modalità indicate dall'art. 14-ter Ord. Pen. pur essendo stato chiamato a
decidere un reclamo contro un provvedimento dell'Amministrazione penitenziaria in materia di
colloqui visivi e telefonici dei detenuti e degli internati, certamente incidente su di una
«posizione soggettiva meritevole di tutela» (nello specifico più che la libertà di comunicazione,
quella di poter coltivare gli affetti familiari).
4. La violazione di legge accertata impone l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e la conseguente trasmissione degli atti al Magistrato di
Sorveglianza di Macerata, che dovrà attenersi al principio qui enunciato. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli atti al
Magistrato di Sorveglianza di Macerata.
Così deciso in Roma, il 30 giugno 2014 Il Presidente un'ordinanza emessa dal magistrato di sorveglianza a seguito di un reclamo generico in ordine