Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3289 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3289 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CUTURELLO Antonio, nato a Taurianova (RC) il 18.2.1990;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, in data 23.4.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Massimo Galli, che
ha concluso per l’annullamento con rinvio relativamente al delitto di cui
all’art. 416 bis cod. pen.;
Udito, per l’indagato, l’Avv. Giovanni Sisto Vecchio, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25.3.2013, il Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Catanzaro dispose la custodia cautelare in carcere di n.
38 persone, tra cui Cuturello Antonio, indagato per i reati di associazione
mafiosa (quale partecipante alla cosca Mancuso della “ndrangheta”
calabrese), ricettazione, detenzione e porto illegale di armi clandestine,
aggravati dall’art. 7 D.L. n. 152/1991.

Data Udienza: 12/12/2013

Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed
il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 23.4.2013, confermò il
provvedimento impugnato.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo:
1) la omessa motivazione circa la sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza in ordine al delitto di partecipazione all’associazione
mafiosa, per non avere il Tribunale tenuto conto delle argomentazioni

(come la stessa precisa nei motivi aggiunti, con riferimento al ruolo di
autista di Mancuso Giuseppe svolto dall’indagato e ai suoi rapporti con gli
altri associati) e per non avere specificato in cosa consistesse la asserita
messa a disposizione dell’indagato in favore del sodalizio mafioso;
2) la omessa motivazione della ordinanza impugnata relativamente
alla sussistenza dei delitti in materia di armi, non avendo il Tribunale
risposto alle critiche mosse dalla difesa circa la possibilità di indentificare
in quella dell’indagato la voce dell’interlocutore che, in diverse
conversazioni intercettate, parla di armi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. In ordine al primo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la
mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza, come appare evidente come il ricorrente
sottoponga alla Corte – sotto mentite spoglie – censure di merito,
inammissibili in sede di legittimità.
Invero, igricorrente criticano che il giudice di merito abbia ritenuto
sussistenti, sulla base degli elementi di prova acquisiti, i gravi indizi di
colpevolezza degli indagati in ordine ai delitti l= contestati. Va
ricordato, tuttavia, che la valutazione delle prove è riservata, in via
esclusiva, all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è
sindacabile in cassazione; a meno che ricorra una mancanza o una
manifesta illogicità della motivazione, ciò che – nel caso di specie – deve
però escludersi.
E invero come hanno statuito più volte le Sezioni Unite di questa
Corte «L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione

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difensive e della alternativa ricostruzione del fatto proposta dalla difesa

ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza
delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve

dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le
ragioni del convincimento» (Cass., sez. un., n. 24 del 24.11.1999 Rv
214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di
argomenti, le ragioni della loro decisione (chiarendo come dalle
intercettazioni eseguite risulti che il Cuturello non si è limitato ad essere
solo l’autista di Mancuso Giuseppe, ma è stato anche il custode delle armi
del clan e colui che veicolava i messaggi del Mancuso verso terzi); non si
ritiene, peraltro – per ovvi motivi – di riportare qui integralmente tutte le
suddette argomentazioni, sembrando sufficiente al Collegio far rilevare
che le stesse non sono manifestamente illogiche; e che, anzi, l’estensore
dell’ordinanza si è puntualmente attenuto ad un coerente, ordinato e
conseguente modo di esporre i fatti, le argomentazioni e le nozioni
necessari a giustificare la decisione adottata, che resiste perciò alle
censure del ricorrente sul punto.
Piuttosto, sono le censure mosse col ricorso che non prendono
compiutamente in esame le argomentazioni svolte dai giudici di merito
nel provvedimento impugnato, risultando così generiche e, anche sotto
tale profilo, inammissibili, limitandosi a proporre a questa Corte una
ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella dei giudici di merito.
E tuttavia, come questa Corte ha più volte sottolineato, compito della

Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la
ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di

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essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu °cuti”,

procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a
quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass, sez. 1, n. 7113 del
06/06/1997 Rv. 208241; Sez. 2, n. 3438 del 11/6/1998 Rv 210938),
dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare che se
costoro hanno dato conto delle ragioni della loro decisione e se il
ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del

e del plausibile; ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato
riscontrare.
2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Il Tribunale ha motivato congruamente circa la responsabilità del
Cuturello in ordine ai delitti in materia di armi; ha citato (p. 20 ss.
dell’ordinanza) le intercettazione dalle quali si desume la detenzione delle
armi da parte del Cuturello e ha richiamacttó la significativa circostanza
che, dopo la perquisizione subita, l’indagato si è subito messo in contatto
e ha incontrato il Mancuso, per riferire allo stesso quanto accaduto.
La voce del Cuturello è stata identificata dalla P.G. e – allo stato tale identificazione non può che essere ritenuta sufficiente per valutare la
sussistenza del fumus di responsabilità (gravità indiziaria) richiesto ai fini
della misura cautelare; salvi i più approfonditi accertamenti da svolgersi ove necessari – nella fase giudiziale.
In definitiva, anche con riferimento ai delitti in materia di armi, la
motivazione del Tribunale è esente da vizi logici e giuridici, risultando così
incensurabile in sede di legittimità.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà
del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle

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provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole

disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della
stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato
trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del
citato articolo 94.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

ammende. Si provveda a norma dell’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, il 12.12.2013.

delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle

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