Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32889 del 24/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32889 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
VENEZIA
nei confronti di:
STAFA NAIM N. IL 17/05/1974
avverso l’ordinanza n. 11/2013 CORTE ASSISE APPELLO di
VENEZIA, del 29/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/sectite le conclusioni del PG Dott.
C/Leile
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Data Udienza: 24/06/2014

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 29.11.2013 la Corte di assise d’appello di Venezia, in
sede di incidente di esecuzione sollevato dal difensore di STAFA NAIM avverso
l’ordine di esecuzione emesso in data 23.9.2013, dichiarava l’illegittimità del
predetto ordine e il mantenimento nei confronti dell’imputato della misura
cautelare detentiva in atti.
StafaNaim è stato arrestato il 4.9.2007 e condannato con sentenza del GUP del
Tribunale di Treviso alla pena dell’ergastolo per duplice omicidio.

confermato la sentenza di primo grado.
Con sentenza in data 3.12.2010 la Corte di cassazione ha annullato la predetta
sentenza, limitatamente alle aggravanti e al trattamento sanzionatorio,
rinviando per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di assise d’appello di
Venezia.
La Corte di assise d’appello di Venezia, con sentenza in data 29.2.2012, ha
confermato la condanna all’ergastolo.
Con sentenza in data 3.7.2013 la Corte di cassazione ha annullato nuovamente
la predetta decisione, limitatamente alle aggravanti di cui all’art.61n.1 e 61 n.4
c.p..
Con ordinanza in data 2.8.2013 la Corte di assise d’appello di Venezia ha
disposto che la custodia cautelare di StafaNaim, la cui scadenza era stata
indicata per il 4.9.2014, doveva intendersi prolungata al 14.7.2014, per effetto
di sospensioni dei termini di custodia cautelare.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto appello davanti al Tribunale del
riesame il difensore dell’imputato, ma l’appello è stato dichiarato inammissibile
dal Tribunale poiché nel frattempo la Procura generale della Repubblica di
Venezia aveva emesso ordine di esecuzione nei confronti di StafaNaim,
ritenendo che si fosse formato il giudicato in punto responsabilità penale
dell’imputato per il delitto di omicidio ascrittogli e che dovesse essere data

Con sentenza in data 4.12.2009 la Corte di assise d’appello di Venezia ha

esecuzione alla sentenza in data 29.2.2012, individuando la pena minima (anni
9 e mesi 4 di reclusione, con la massime estensione delle attenuanti generiche
e con la diminuente per la scelta del rito) che comunque lo Stafa, secondo la
predetta Procura generale, avrebbe dovuto scontare.
Il difensore dell’imputato ha impugnato con incidente di esecuzione il suddetto
ordine di esecuzione davanti alla Corte di assise d’appello di Venezia, la quale,
con ordinanza in data 29.11.2013, ha dichiarato illegittimo l’ordine, poiché la
Procura generale aveva messo in esecuzione la sentenza in data 29.2.2012 che
non conteneva la indicazione di una pena definitiva minima, essendo questo secondo la Corte di merito – presupposto necessario per poter eseguire una
parte di sentenza passata in giudicato.
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Ha osservato la Corte di merito che il passaggio in giudicato della parte relativa
al giudizio di colpevolezza è cosa diversa dalla esecutività della pena,
aggiungendo che, per l’esecuzione della pena, è richiesta non solo la definitività
del giudizio di colpevolezza, ma anche che la pena risulti, seppure nel minimo,
determinata e non solo astrattamente determinabile in modo certo e definitivo
nella stessa sentenza annullata.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la Procura generale della

della legge penale.
Secondo il ricorrente, è pacifico in giurisprudenza che, in applicazione della
norma di cui all’art.624 c.p.p., deve essere posto in esecuzione il titolo penale
per la parte divenuta irrevocabile, nonostante il processo debba proseguire in
sede di rinvio per la nuova decisione sui capi annullati.
La circostanza che la Corte di cassazione non avesse quantificato la pena
minima da espiare non impedisce, secondo il ricorrente, l’eseguibilità della
sentenza nel caso in cui l’entità della pena espianda sia quantificabile mediante
un semplice calcolo aritmetico, alla luce di quello che potrebbe essere l’esito più
favorevole per il condannato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
L’art.624 c.p.p. stabilisce che se l’annullamento non è pronunciato per tutte le
disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che
non hanno connessione essenziale con la parte annullata.
Correttamente l’ordinanza impugnata, però, ha rimarcato che la definitività di
una parte della sentenza non significa sempre anche esecutività della parte
divenuta definitiva, essendo necessario, per poter porre in esecuzione questa
parte della sentenza, che nella stessa il giudice abbia indicato la relativa pena
da espiare.
Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte è costante.
In materia di esecutività delle sentenze, quando la decisione divenga
irrevocabile in relazione alla affermazione di responsabilità, anche per uno solo
o per alcuni dei reati contestati e contenga già l’indicazione della pena
minima che il condannato deve comunque espiare, questa deve essere
messa in esecuzione in quanto l’eventuale rinvio disposto dalla Corte di
Cassazione relativamente ad altri reati non incide sull’immediata eseguibilità
delle statuizioni residue aventi propria autonomia (V. Sez. 5 sentenza n.2541
del 2.7.2004, Rv.230891).
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Repubblica di Venezia, chiedendone l’annullamento per erronea applicazione

La sentenza divenuta irrevocabile in relazione all’affermazione di responsabilità
dell’imputato e contenente l’indicazione della pena che il condannato
deve espiare va posta in esecuzione, a nulla rilevando l’annullamento con
rinvio operato dalla S.C. e limitato alla sussistenza di una circostanza
aggravante (V. Sez. 1 sentenza n.41941 del 21.9.2012, Rv.253622).
Atteso il principio di formazione progressiva del giudicato, la sentenza di
condanna deve essere immediatamente posta in esecuzione quando essa sia
irrevocabile in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato per

da applicare per le stesse, anche se la Corte di cassazione abbia disposto
l’annullamento con rinvio per altre ipotesi di reato che il giudice di merito aveva
ritenuto unificate alle prime dal vincolo della continuazione (V. Sez. 1 sentenza
n.15949 del 21.2.2013, Rv.256255).
Il principio è stato ribadito recentemente anche dalle Sezioni Unite di questa
Corte (sentenza n.16208 del 27.3.2014) che, seppur incidentalmente, ha
affrontato il tema, puntualizzandolo nei seguenti termini.
“Il giudicato, dunque, può avere una formazione non simultanea ma
progressiva e ciò può accadere sia nelle ipotesi di procedimento cumulativo,
allorché nel processo confluiscano una pluralità di domande di giudizio che
comportino una pluralità di regiudicande, sia quando il procedimento riguardi un
solo reato attribuito ad un solo soggetto, perché anche in quest’ultimo caso la
sentenza definitiva può essere la risultante di più decisioni, intervenute
attraverso lo sviluppo progressivo del mezzi di impugnazione. D’altra parte, è
diretta conseguenza proprio della definitività della decisione della Corte di
cassazione, sia pure limitata nel suo contenuto all’oggetto dell’annullamento, la
circostanza che l’art. 628 c.p.p., espressamente consenta la impugnabilità della
sentenza del giudice di rinvio soltanto in relazione ai “punti” non decisi in sede
di giudizio rescindente, proprio perché il perimetro cognitivo del giudice de
rinvio è tracciato dai limiti del devoluto, senza che possano venire nuovamente
in discorso le “parti” della sentenza annullata che hanno ormai assunto i
connotati di intangibilità propri della cosa giudicata.
La sentenza della Corte di cassazione, dunque, ove di annullamento parziale,
delimita l’oggetto del giudizio di rinvio, riducendo corrispondentemente
l’oggetto del processo, senza che peraltro possa cogliersi un nesso di
corrispondenza biunivoca tra la eseguibilità della sentenza penale di condanna e
l’autorità di cosa giudicata attribuibile ad una o più statuizioni in essa
contenute, giacché la possibilità di dare attuazione alle decisioni definitive di
una sentenza, non va confusa con la irrevocabilità della pronuncia stessa in
relazione all’iter processuale. Nel primo caso, infatti, la definitività del
provvedimento, in tutte le sue componenti, va raccordata alla formazione di un
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alcune delle fattispecie contestate e contenga già l’indicazione della pena

vero e proprio titolo esecutivo; nel secondo caso, invece, la definitività della
pronuncia consegue all’esaurimento del giudizio e prescinde dalla concreta
realizzabilità della pretesa punitiva dello Stato (Sez. U, n. 373 del 23/11/1990,
dep. 1991, Agnese; nonché, per le medesime conclusioni in punto di irrilevanza
della prescrizione sopravvenuta alla sentenza di annullamento parziale, che
abbia ad oggetto statuizioni diverse ed autonome rispetto al riconoscimento
dell’esistenza del fatto-reato e della responsabilità dell’imputato, Sez. U, n.
6019 del 11/05/1993, Ligresti, Rv 193418; Sez. U, n. 4460 del 19/01/1994,

D’altra parte, l’auctoritas di res iudicata che l’art. 624 c.p.p., comma 1,
conferisce alla parte “autonoma” della sentenza non annullata, è rimarcata dalla
esigenza di pronta riconoscibilità “esterna” del formarsi del giudicato parziale,
giacché il richiamato art. 624 c.p.p., comma 2, demanda al medesimo giudice
del rescindente il compito di dichiarare nello stesso dispositivo – con pronuncia
di tipo essenzialmente ricognitivo – quali parti della sentenza del giudice a quo
diventano “irrevocabili”, stabilendo, poi, meccanismi del tutto snelli quanto a
formalità, per porre rimedio alla eventuale omissione di tale adempimento,
evidentemente reputato di non trascurabile risalto. Al tempo stesso, e ad
ulteriore conferma dello iato che separa il giudizio rescissorio dai precedenti
gradi, sta la regola dettata dall’art. 627 c.p.p., comma 4, in forza della quale
non possono essere proposte nullità, anche assolute, o inammissibilità,
verificatesi in precedenza, oltre alla già segnalata inoppugnabilità dei punti già
decisi dalla Corte di cassazione.
Lo stare decisis è dunque puntualmente evocato dal sistema, secondo un
modulo che rende la sentenza di merito “formalmente” – quanto ai profili di
preclusione interni al processo – e “sostanzialmente” – quanto ai riverberi che
ne possono scaturire sul versante del ne bis in idem – intangibile, seppure
soltanto nella parte non compromessa dalla pronuncia di annullamento. In tale
cornice di riferimento, quindi, come è indiscutibile il formarsi del giudicato di

Cellerini, Rv 196886; Sez. U, n. 4904 del 26/03/1997, Attinà, Rv 207640).

condanna nell’ipotesi di pluralità di regiudicande, ove l’annullamento riguardi
soltanto una parte delle imputazioni, altrettanto è a dirsi per il caso in cui,
divenendo irrevocabile l’affermazione della responsabilità penale in ordine ad
una determinata ipotesi di reato, il giudizio debba proseguire in sede di rinvio
soltanto agli effetti della determinazione del trattamento sanzionatorio, posto
che i “punti” oggetto di annullamento non si riflettono sull’an, ma soltanto sul
quantum della pena in concreto da irrogare. In tale contesto, dunque, come
deve ritenersi ontologicamente venuta meno la presunzione di non
colpevolezza, essendo stata quest’ultima accertata con sentenza ormai divenuta
definitiva sul punto, allo stesso modo non può che inferirsene – alla stregua del
medesimo parametro costituzionale, in virtù del quale tertium non datur – che
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risulti eo ipso trasformata la posizione dell’imputato in quella di “condannato”,
anche se a pena ancora da determinare in via definitiva. Da qui l’assunto
secondo il quale quando la decisione divenga irrevocabile in relazione alla
affermazione della responsabilità e contenga già l’indicazione della pena
minima che il condannato deve comunque espiare, la stessa deve essere
messa in esecuzione, in quanto l’eventuale rinvio disposto dalla Corte di
cassazione relativamente ad altri reati non incide sull’immediata eseguibilità
delle statuizioni residue aventi propria autonomia (Sez. 1, n. 15949 del

Rv. 230891; Sez. 1, n. 2071 del 20/03/2000, Soldano, Rv. 215949; Sez. 6, n.
3216 del 20/08/1997, Maddaluno, Rv. 208873; Sez. U, n. 20 del 09/10/1996,
Vitale,Rv.206170)”.
Tenuto conto di quanto sopra esposto, non è ammissibile che il Pubblico
Ministero, nella veste di organo dell’esecuzione, ponga in esecuzione una pena
non ancora determinata dal giudice, sulla base di una mera previsione del
minimo di pena che potrà essere inflitto.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma in data 24 giugno 2014
Il Consigliere estensore

21/02/2013, Antonacci, Rv. 256255; Sez. 5, n. 2541 del 02/07/2004, Pipitone,

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