Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3287 del 22/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3287 Anno 2013
Presidente: MARZANO FRANCESCO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) SARACHELLI VINCENZO N. IL 23/07/1975
2) SARACHELLA MARIA N. IL 19/11/1978
3) SARACHELLI ROSARIA N. IL 11/09/1973
4) DHARIF FOUZIA N. IL 01/06/1978
5) DE SILVA PASQUALINA N. IL 21/10/1984
avverso la sentenza n. 447/2011 CORTE APPELLO di
CAMPOBASSO, del 02/02/2012

Data Udienza: 22/11/2012

visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
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RITENUTO IN FATTO
1. Il GUP del Tribunale Di Isernia, con sentenza del 5/5/2011,
dichiarati Sarachelli Vincenzo, Sarachella Maria, Sarachelli Rosaria, Dharif
Fouzia e De Silvia Pasqualina colpevoli dei delitti concernenti sostanze
stupefacenti loro rispettivamente ascritti in rubrica, condannò ciascuno dei
detti, effettuata la riduzione del rito abbreviato, alla pena reputata di giustizia.

confermò la sentenza di primo grado, impugnata dagli imputati.
2.

Avverso quest’ultima statuizione gli anzidetti imputati

proponevano ricorso per cassazione.
3. Dharif e De Silva, con separati ricorsi a firma dell’avv. Franco
Mastronardi, prospettano le medesime doglianze di cui immediatamente
appresso.
3.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunziano vizio motivazionale in
questa sede prospettabile e violazione della legge processuale (art. 546, lett.
e, cod. proc. pen.) in ordine al vaglio probatorio e alla mancata esplicitazione
delle ragioni sulla base delle quali era stata esclusa ricostruzione alternativa.
In particolare, la Corte territoriale, ricorrendo a motivazione stereotipata ed
apparente, aveva omesso di dar conto delle sollevate perplessità a riguardo
dell’attendibilità delle persone escusse, tutti tossicodipendenti; soggetti,
costoro, particolarmente inattendibili, in quanto «potrebbero versare» in
crisi d’astinenza e particolarmente influenzabili a cospetto degli inquirenti; il
G.U.P. si era limitato ad utilizzarne le dichiarazioni riportate, senza avere
avuto modo «di appurare personalmente il contenuto ed il carattere
effettivo delle affermazioni»; infine, l’assimilabilità dei tratti all’interno del
gruppo etnico di appartenenza degli imputati costituiva ragione di possibili
errori nell’individuazione di persona.
Ciò valeva, in particolare, per Dharif Fouzia, tirata in ballo sol perché moglie
di Sarachella Riccardo, essendo, peraltro, ben plausibile una mera connivenza
non punibile di costei.
3.2. Con il secondo motivo i ricorrenti allegano vizio motivazionale in
relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al comma 5
dell’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990.

1.1. La Corte d’appello di Campobasso, con sentenza del 2/2/2011,

Nonostante la mancata contestazione del vincolo associativo e la
constatazione di episodi, al più, occasionali o sporadici, ingiustamente il
vantaggio era stato escluso per tutti gli imputati, in violazione del principio di
personalità della responsabilità penale.
A ciò dovevasi aggiungere il ruolo secondario tenuto dalle due donne, il
mancato rinvenimento di stupefacente nel corso delle perquisizioni, l’accertata
mancanza di disponibilità di ingenti somme di danaro.

nuovamente, Dharif Fouzia con ricorso a firma dell’avv. Antonio Capobianco
denunziano le doglianze di cui appresso.
4.1. Con l’unitario motivo i ricorrenti evocano vizio motivazionale
censurabile in sede di legittimità a riguardo dell’affermazione di colpevolezza,
sotto più profili.
a) Le prove sulle quali la sentenza di condanna aveva fatto affidamento
consistevano in servizi di osservazione (anche filmati), in individuazioni
fotografiche, nel rinvenimento di piccole quantità di stupefacente e nelle
dichiarazioni rese dai tossicodipendenti.
Il giudice del merito (e, sul punto, la critica deve assimilarsi al primo motivo
di cui agli altri due ricorsi) non aveva tenuto conto del condizionamento
psicologico che assuntori di stupefacente subiscono per il fatto di essere
Interrogati dalle forze dell’ordine; né aveva disposto accertamenti puntuali,
onde verificarne la piena capacità a rendere dichiarazioni. Inoltre, le
individuazioni fotografiche erano state effettuate utilizzando vecchie foto in
bianco e nero ed il giudice dell’abbreviato non aveva spiegato le ragioni per le
quali reputava attendibili le individuazioni effettuate. Infine, per un verso,
viene affermato che, per prudenza, gli imputati evitavano di conversare per
telefono e, per altro verso, che le frasi scambiate con il detto mezzo,
utilizzando un frasario allusivo e criptico tipico, comprovavano l’attività di
spaccio.
b) L’esiguità degli episodi e delle dosi cedute lungo un lasso temporale
vasto (due anni) e il mancato rinvenimento di sostanze stupefacenti e di
strumenti funzionali allo spaccio avrebbero dovuto indurre a ritenere modesta
l’offensività e, quindi, doveroso il riconoscimento dell’attenuante di cui al
comma 5 dell’art. 73 cit.
c) La confisca della complessiva somma di C. 66.815,45, operata ai
danni di Sarachella Maria non appariva conforme alla legge per più ragioni:
del complessivo ammontare faceva parte un buono postale emesso nel
lontano 20/4/2000 (otto anni prima dell’inizio della condotta illecita
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4. Sarachelli Vincenzo, Sarachella Maria, Sarachelli Rosaria e,

contestata); altro buono postale, di C. 15.000,00, era stato emesso il
20/7/2009 e, tenuto conto dell’esiguità degli introiti dello spaccio, non era
ragionevole ritenere che ne costituisse provento; il marito, Sarachelli
Vincenzo, aveva sempre lavorato, oltre ad essere stato beneficiato da una
donazione materna; irrilevante, alla luce dell’esposto doveva reputarsi la
circostanza che la donna non avesse conseguito redditi negli anni 2009/2010.
d) Analogo ragionamento viene fatto in ricorso a riguardo della confisca
dell’autoveicolo Ducato FIAT targato CF181XD, trattandosi di vecchio veicolo,

5. Con fax del 21/11/2012 l’avv. Franco Mastronardi del Foro
d’Isernia, difensore di Dharif Fouzia e Sarachelli Rosaria e l’avv. Antonio
Capobianco, difensore di Sarachelli Vincenzo, Sarachelli Maria, Sarachelli
Rosaria e Dharif Fouzia, comunicavano che avrebbero aderito all’astensione
proclamata dalla Giunta dell’Unione Camere Penali.

CONSIDERATO IN DIRITTO
6.

Le dichiarazioni di adesione fatte pervenire dagli avv.ti

Mastronardi e Capobianco, non consentono il rinvio della trattazione, tenuto
conto dello stato di restrizione della libertà nella quale versa Sarachelli
Vincenzo, agli arresti domiciliari per il fatto per cui è processo.
Invero, seguendosi il consolidato orientamento maturato in sede di legittimità
(Sez. I, 16/2/1998, n. 936; n. 9731/1998), bilanciando gli interessi in gioco (il
diritto riconducibile alla libertà di associazione e di autotutela sindacale deve
cedere a fronte del contrapposto diritto della parte alla difesa), alla luce
dell’insegnamento della Corte Costituzionale (sent. n. 171/1996), il difensore
che intenda ottenere rinvio della trattazione, deve fornire la prova di avere
dato tempestiva comunicazione al proprio assistito della volontà di astenersi
dall’udienza, si da metterlo in grado di manifestare il proprio eventuale
dissenso e, se del caso, di revocare il mandato provvedendo alla nomina di
altro difensore; senza contare che, avanzata tempestivamente l’istanza di
differimento, il difensore deve assicurare la sua presenza in aula sì da rendere
possibile l’immediata fissazione di altra udienza, senza carico, per
l’amministrazione giudiziaria, di ulteriori avvisi.
Stante la tardività della comunicazione e non essendo stato neppure
allegato l’adempimento del predetto onere di avviso risulta conseguente il
divieto di procrastinare la trattazione dell’impugnazione, apparendo, inoltre,

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di scarso valore, mai utilizzato per l’illecito traffico.

sommamente inopportuno, tenuto conto della natura dei fatti e dell’assetto
motivazionale della sentenza gravata, disporre separazione degli atti.
8. Le doglianze prospettate risultano inammissibili a causa della
loro manifesta infondatezza ed aspecificità.
8.1. Meramente congetturale e priva di specificazione deve
ritenersi la generale svalutazione dell’attendibilità dei tossicodipendenti
utilizzabili nel giudizio a prova contratta (S.U., n. 16 del 21/6/2000), possono
essere sommariamente contestati, in assenza di puntuale critica. Nel resto la
Corte territoriale, con motivazione non censurabile in questa sede, ha
articolatamente chiarito le ragioni per le quali le dichiarazioni provenienti dai
detti soggetti dovevano reputarsi ammissibili e attendibili (pagg. 15-17).
Più in generale, così come posta, la critica appare inammissibile in quanto
adopera argomenti vacui e aspecifici per contestare ricostruzione fattuale di
merito, in ordine alla quale non emergono vizi motivazionali in questa sede
censurabili.
Ovviamente, qui non sarebbe consentito sostituire la motivazione del
giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo
apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativa, invece, rappresenta il
riconoscimento normativa della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione
giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione.
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escussi. Né le individuazioni di persona dai medesimi effettuati, pacificamente

8.2. La decisione di escludere la sussistenza dell’attenuante di cui
al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309/’90 è sorretta da ampia e congrua
motivazione del giudice di merito, il quale, tenuto conto dell’abitualità, della
radicata diffusione territoriale e della qualità della sostanza (eroina e cocaina)
ha escluso trattarsi di condotte scarsamente offensive (pagg. 17-20) e
l’insistere, oggi, sul punto risulta mera riproposizione del primo disatteso
gravame, non essendovi, peraltro, ragioni per riservare trattamento più

8.3. Quanto alla confisca della somma di denaro devesi osservare
quanto segue.
Come noto, secondo l’univoca interpretazione delle S.U. (sentenza, n.
920 del 17/12/2003, deo. 11 19/1/2004), che questo Collegio condivide, la
confiscabilità del bene (a norma dell’art. 12-sexies in parola), risulta integrato
dalla sproporzione del valore del bene medesimo rispetto al reddito o alle
attività economiche del soggetto, in assenza di giustificazione della lecita
provenienza dello stesso.
«In altri termini il giudice, attenendosi al tenore letterale della
disposizione, non deve ricercare alcun nesso di derivazione tra i beni
confiscabili e il reato per cui ha pronunziato condanna e nemmeno tra questi
stessi beni e l’attività criminosa del condannato. Cosa che, sotto un profilo
positivo, significa che, una volta intervenuta la condanna, la confisca va
sempre ordinata quando sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il
valore economico dei beni di cui il condannato ha la disponibilità e il reddito
da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica e non risulti una
giustificazione credibile circa la provenienza delle cose.»
Inoltre, appare utile soggiungere che la prova liberatoria concernente la
liceità della provenienza «non si risolve nella prova negativa della non
provenienza dal reato» per cui si procede, occorrendo «un’esauriente
spiegazione in termini economici (e non semplicemente giuridico-formali) di
una derivazione del bene da attività consentite dall’ordinamento, che sarà
valutata secondo il principio del libero convincimento.»
Infine, la confisca ex art. 12sexies, D.L. n. 306/1992, può avere ad
oggetto beni acquisiti sia in epoca successiva, che anteriore rispetto al reato
per cui è intervenuta condanna o sentenza di patteggiamento (cfr., da ultimo
Sez. II, 3/5/2011, n. 29695), stante che quel che rileva è l’impossibilità di
giustificare la provenienza lecita della somma di denaro investita da soggetto
colpito da una delle sentenze di cui detto.

favorevole alle imputate di sesso femminile.

In definitiva, la Corte territoriale, nel disporre la confisca non è incorsa in
alcuna violazione di legge, unico vizio in questa sede censurabile (art. 325,
cod. proc. pen.), fornendo, peraltro, motivazione ampiamente soddisfattiva
(pagg.20-22), neppure scalfita dalle generiche ed apodittiche critiche
impugnatorie.
In ordine all’autoveicolo Ducato, non constando censura d’appello, il
motivo di ricorso non può essere preso in esame.

processuali e al pagamento della sanzione pecuniaria stimata di giustizia di cui
in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di C. 1.000,00 in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso

ma il 22/11/2012.

9. L’epilogo giustifica la condanna dei ricorrenti alle spese

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