Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32869 del 20/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32869 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da

MARINI Mattia, nato a Sondrio il 30 ottobre 1984,

avverso il decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sondrio,
in data 14 ottobre 2013, nel procedimento n. 81/2012.

Letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 20 giugno 2014, dal
consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero presso questa corte, in persona del
sostituto procuratore generale, Carmine Stabile, il quale ha chiesto il rigetto del
ricorso.
RILEVATO IN FATTO
1. Il Tribunale di Sondrio in composizione monocratica, giudice
dell’esecuzione, con ordinanza deliberata il 14 ottobre 2013, ha respinto
l’opposizione proposta da Marini Mattia avverso il provvedimento dello stesso
giudice, in data 21 maggio 2012, col quale era stata respinta la richiesta di
estinzione del reato di cui al decreto penale di condanna in data 12 aprile 2005,

Data Udienza: 20/06/2014

irrevocabile il 13 maggio 2005, poiché, successivamente alla contravvenzione
giudicata col predetto decreto, il Marini aveva commesso altra analoga
contravvenzione, giudicata con decreto penale del 20 dicembre 2005,
irrevocabile il 26 gennaio 2006, e tale ultimo reato si era estinto, non avendo il
Marini commesso, nei due anni successivi, ulteriore contravvenzione della stessa
indole.

l’estinzione del secondo reato, pur estesa ad ogni effetto penale della condanna,
a norma dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., non escludesse l’impedimento
di analogo effetto estintivo con riguardo alla prima contravvenzione cui era
seguita, nel termine biennale, la commissione di una seconda contravvenzione
della stessa indole, l’una e l’altra oggetto dei menzionati decreti di condanna.

2. Avverso l’ordinanza suddetta ha proposto ricorso per cassazione il Marini
tramite il difensore, il quale, con unico motivo, deduce illogicità e
contraddittorietà della motivazione ed erronea applicazione dell’art. 460, comma
5, cod. proc. pen.

3. Il Procuratore generale, nella requisitoria depositata il 14 marzo 2014,
ritenuta la correttezza del provvedimento impugnato, ha chiesto il rigetto del
ricorso con le statuizioni conseguenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Esso pone il seguente quesito giuridico: se la prevista estinzione degli effetti
penali di una condanna, in conseguenza dell’estinzione del pertinente reato, a

A ragione della decisione, il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto che

norma dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., si estenda o meno al diverso
reato precedentemente commesso, nel senso di elidere l’ostatività alla sua
estinzione determinata dalla commissione del successivo reato estintosi.
Giova ricordare che, secondo l’autorevole definizione delle sezioni unite di
questa Corte, gli effetti penali della condanna si caratterizzano per essere
conseguenza soltanto di una sentenza irrevocabile di condanna e non pure di
altri provvedimenti che possono determinare analogo effetto; per essere
conseguenza che deriva direttamente, ope legis, dalla sentenza di condanna e
non da provvedimenti discrezionali della pubblica amministrazione, ancorché
aventi la condanna come necessario presupposto; per la natura sanzionatoria
dell’effetto, ancorché incidente in ambito diverso da quello del diritto penale
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sostanziale o processuale (Sez. U, n. 7 del 20/04/1994, dep. 08/06/1994, Volpe,
Rv. 197537).
Alla luce di tale definizione, il fatto reato commesso successivamente ad
altro fatto reato, in un ambito temporale ritenuto dal legislatore significativo di
perdurante pericolosità sociale dell’agente, al punto di escludere o revocare
disposizioni favorevoli applicabili o già applicate, secondo le previsioni di cui agli

costituisce un effetto penale della condanna, ma un’autonoma realtà storicomateriale, giudizialmente accertata; e la prevista ostatività all’estinzione di un
primo reato discendente dalla commissione, entro un termine e alle condizioni
normativamente date, di un secondo reato, è conseguenza diretta del fatto
storico costituito dalla seconda violazione e non deriva immediatamente e
direttamente dalla sentenza di condanna che ha accertato la violazione
successiva, rispetto alla quale, dunque, la prevista ostatività non si pone come
effetto penale nel senso anzidetto.
Questa Corte, d’altronde, nell’interpretazione della disposizione di cui all’art.
445, comma 2, cod. proc. pen., analoga a quella posta nell’art. 460, comma 5,
del medesimo codice, ha già affermato che, tra gli effetti penali che cessano a
seguito dell’estinzione del reato oggetto di sentenza irrevocabile di
patteggiamento, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., non rientra il
carattere ostativo del reato stesso, pur dichiarato estinto, alla declaratoria di
estinzione, per il medesimo motivo, di altro reato, se precedentemente
commesso nei termini di cui al citato comma (Sez. 1, n. 34651 del 09/07/2008,
dep. 05/09/2008, Revelant, Rv. 240684; conforme: Sez. 1, n. 40938 del
30/09/2009, dep. 26/10/2009, Maronese, Rv. 245565).
Tale principio, nel caso di specie, va completato con l’affermazione che è
preclusa la dichiarazione di estinzione del reato oggetto di un decreto penale di
condanna se nel termine di cinque anni, in caso di delitto, o di due anni, in caso
di contravvenzione, l’autore commette un nuovo delitto ovvero una nuova
contravvenzione della stessa indole, pur se il nuovo reato, oggetto di altro
decreto penale di condanna, sia stato dichiarato estinto per non aver
l’interessato commesso ulteriore reato nei cinque o due anni successivi.
Deve, per completezza, rilevarsi l’impertinenza degli argomenti addotti dal
ricorrente per contrastare il provvedimento impugnato e, in particolare, la
richiamata disciplina della riabilitazione di cui all’art. 178 cod. pen., la quale
estingue ogni effetto penale della condanna, “salvo che la legge disponga
altrimenti”, clausola, quest’ultima, non inserita nell’art. 460, comma 5, ultimo
periodo, cod. proc. pen., con la conseguenza, secondo il ricorrente, che
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artt. 445, comma 2, 460, comma 5, cod. proc. pen. e 168 cod. pen., non

l’ampiezza estintiva di ogni effetto penale determinata dall’estinzione del reato
successivo, non incontrando alcun limite normativamente definito,
comprenderebbe anche le violazioni precedenti; né è congruo il richiamo alla
rilevanza retroattiva della abrogati° criminis.
Si tratta, con ogni evidenza, di istituti del tutto diversi da quello in esame

2. Segue il rigetto del ricorso che, a norma dell’art. 616, comma 1, cod.
proc. pen., impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta

ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

processuali.

Così deciso, in Roma, il 20 giugno 2014.

che non giovano alla soluzione del quesito giuridico come sopra posto e risolto.

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