Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32862 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32862 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCAGLIONE STEFANIA N. IL 18/02/1972
TEMPESTILLI MAURIZIO N. IL 09/03/1966
avverso l’ordinanza n. 255/2013 TRIBUNALE di ROMA, del
14/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. GlusEppe Vo t tè- c)L, est kiLuvro
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Data Udienza: 18/06/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 17.10.2013 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice
dell’esecuzione, ha proceduto alla correzione d’ufficio degli errori materiali
contenuti nelle iscrizioni del casellario giudiziale relative a Tempestilli Maurizio e
a Scaglione Stefania con riguardo all’epoca di commissione dei reati di
associazione per delinquere ex art. 416 comma 2 cod. pen. e di truffa in
concorso ex artt. 110 e 640 comma 2 n. 1 cod. pen., giudicati con la sentenza in
data 18.06.2012 del medesimo Tribunale, individuati come commessi in Roma

secondo reato; ha inoltre applicato, su richiesta del pubblico ministero, al
Tempestilli e alla Scaglione il beneficio dell’indulto limitatamente alle pene inflitte
per le condotte di truffa commesse fino al 2.05.2006, determinando in giorni 10
di reclusione ciascuno la parte di pena condonata da detrarre dalla maggior pena
irrogata con la sentenza di cui sopra.
2. Avverso l’ordinanza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione Tempestilli
Maurizio e Scaglione Stefania, a mezzo dei rispettivi difensori.
2.1. Il ricorso della Scaglione deduce, come primo motivo, violazione di legge
con riguardo all’individuazione del momento di cessazione della permanenza del
reato associativo nella data (18.06.2012) della pronuncia della sentenza di
condanna di primo grado, lamentando che l’ordinanza impugnata aveva omesso
di accertare se il vincolo associativo fosse venuto meno in epoca antecedente,
corrispondente all’arresto della prevenuta, così da rientrare nel beneficio
dell’indulto; come secondo motivo, deduce violazione di legge in relazione
all’ingiustificata limitazione a soli 10 giorni di reclusione della porzione di pena
corrispondente alle condotte illecite consumate nell’arco temporale coperto dal
provvedimento di clemenza.
2.2. Il ricorso del Tempestilli deduce come primo motivo di doglianza la nullità
dell’ordinanza impugnata perché pronunciata all’esito di udienza camerale,
anziché de plano come previsto dall’art. 672 del codice di rito per i
provvedimenti in materia di applicazione dell’indulto; come secondo motivo,
deduce violazione di legge e vizio di motivazione nella determinazione del
segmento temporale della condotta illecita rientrante nell’indulto, che il
provvedimento impugnato aveva basato su un giudizio di valore anziché su un
calcolo aritmetico che, previa scissione del reato continuato, tenesse conto del
momento consumativo delle truffe commesse dalle sole società riconducibili al
Tempestilli nell’intero arco temporale compreso tra il 2002 e il 2.05.2006,
nonchè dell’individuazione del momento di cessazione della permanenza del
reato associativo secondo il criterio del favor rei, e comunque con riferimento
alla data dell’arresto; come ulteriore motivo, lamenta l’ingiustificata riduzione di
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dal 2002 fino al 18.06.2012 quanto al primo reato, e a partire dal 2005 quanto al

un terzo applicata in sede esecutiva alla misura della pena condonata.
3.

Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo

l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla
determinazione della parte di pena da estinguere per i delitti di truffa rientranti
nell’indulto, con rigetto nel resto dei ricorsi.
4. Con successiva memoria i ricorrenti, a mezzo del difensore, insistono per
l’accoglimento dei motivi di ricorso, con particolare riguardo al vizio di natura
processuale del procedimento seguito dal Tribunale.

1. L’ordinanza impugnata ha ritualmente proceduto nelle forme camerali previste
dall’art. 666 cod.proc.pen., richiamate dall’art. 40 DPR n. 313 del 2002, alla
correzione degli errori materiali nell’indicazione delle date di commissione dei
reati giudicati con la sentenza del 18.06.2012 del Tribunale di Roma, contenuti
nell’annotazione della condanna nel casellario giudiziale, risultanti in modo
obiettivo dalla stessa formulazione dei capi d’imputazione e, quanto al reato
associativo, dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (che segna il
momento di cessazione della permanenza del reato: Sez. 2 n. 23695 del
22/03/2012, Rv. 253187); ogni doglianza sul punto è dunque infondata e deve
essere rigettata.
2. Con riguardo invece al provvedimento applicativo dell’indulto, i ricorsi avverso
l’ordinanza impugnata devono essere qualificati come opposizioni ex art. 667
comma 4 cod.proc.pen., con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di
Roma perché proceda al relativo giudizio.
L’art. 672 comma 1 del codice di rito stabilisce che all’applicazione dell’indulto in
sede esecutiva si procede nelle forme dell’art. 667 comma 4, che prevedono che
il giudice dell’esecuzione proceda de plano e senza formalità ad emettere il
provvedimento richiesto, avverso il quale la parte interessata è legittimata a
esperire il rimedio dell’opposizione davanti allo stesso giudice dell’esecuzione, e
non già direttamente il ricorso per cassazione, che sarà invece proponibile
soltanto avverso l’ordinanza resa all’esito del procedimento in contraddittorio con
le garanzie dei diritti della difesa instaurato mediante l’opposizione e da
celebrarsi nelle forme previste per gli incidenti di esecuzione dall’art. 666
cod.proc.pen. (Sez. 1 n. 33007 del 9/07/2013, Rv. 257006).
Lo strumento dell’opposizione riveste carattere esclusivo, e la giurisprudenza più
recente di questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che il relativo
giudizio deve essere inderogabilmente esperito non solo quando il giudice
dell’esecuzione abbia proceduto de plano, in conformità alla regola codicistica,
ma anche nell’ipotesi in cui – come avvenuto nel caso in esame – abbia proceduto
nel contraddittorio delle parti ai sensi dell’art. 666 del codice di rito; e ciò sul
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CONSIDERATO IN DIRITTO

condivisibile presupposto che, qualora si ritenesse consentito il ricorso immediato
a questa Corte di legittimità, il ricorrente verrebbe concretamente privato della
fase del riesame del provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione, il quale,
diversamente dal giudice di legittimità, ha una cognizione piena delle doglianze
dell’interessato, che può esaminare anche nel merito (Sez. 1 n. 4083
dell’11/01/2013, Rv. 254812; Sez. 6 n. 35408 del 22/09/2010, Rv. 248633).
3. Questa Corte è stata pertanto erroneamente investita delle impugnazioni
avverso l’ordinanza applicativa dell’indulto, che tuttavia, in forza del principio di

dichiarate inammissibili, ma devono essere riqualificate come opposizioni ex art.
667 comma 4 cod.proc.pen. (Sez. 6 n. 35408 del 22/09/2010, Rv. 248634), con
conseguente trasmissione degli atti al competente giudice dell’esecuzione.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi sulla correzione dell’errore materiale; riqualifica i ricorsi come
opposizione, quanto all’applicazione dell’indulto, e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Roma.
Così deciso il 18/06/2014

conservazione stabilito dall’art. 568 comma 5 del codice di rito, non vanno

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