Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32861 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32861 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ZAMPETTI UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUCEA DANUT N. IL 01/06/1990
avverso l’ordinanza n. 460/2013 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
21/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. sAl ■-lrg- SP/I,M-C(
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 18/06/2014

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 21.10.2013 il Gip del Tribunale di Torino, in funzione
di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da Mucea Danut di riunione
in continuazione in executivis, ex art. 81 cpv. Cod. pen. e 671 Cod. proc. pen., di
tutti i reati di cui alle tre sentenze di condanna ivi indicate.A fondamento della propria decisione detto giudice rilevava che i fatti erano
distanti nel tempo (furto del 19.10.2009; furto e ricettazione del Marzo 2010;

interposta carcerazione; che vi era evidente ricorrenza dell’esplicazione di una
scelta di vita di tipo delinquenziale; che, essendo state emesse le sentenze
13.04.2012 e 12.07.2010 ex art. 444 Cod. proc. pen., la continuazione tra tutti i
reati non era concedibile, non potendo essere superato il già raggiunto limite dei
cinque anni di pena detentiva di cui al c.d patteggiamento allargato.2.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto

condannato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di
motivazione, in particolare argomentando -in sintesi- nei seguenti termini :
a) il limite di pena per la continuazione poteva sussistere solo nel caso di più
sentenze tutte patteggiate, ma non fuori del caso di cui all’art. 188 Disp. Att. Cod.
proc. pen.;
b) la distanza temporale era breve; non vi era stata carcerazione intermedia se
non per brevissimo periodo; non erano stati presi in considerazione altri elementi
sintomatici, quali la vicinanza geografica dei fatti e le stesse modalità operative.Considerato in diritto
1. Il ricorso, infondato, non può essere accolto.2. Il primo motivo di impugnazione è, in teoria, fondato, atteso che è
giurisprudenza di questa Corte che il limite di pena di cui all’art. 188 Disp. Att. Cod.
proc. pen. non si applica allorché siano da porre in continuazione più sentenze solo
alcune delle quali decise ex art. 444 Cod. proc. pen. (in tal senso cfr. Ced. Cass.
Rv. 255303; 240804; ecc.).Peraltro l’ordinanza impugnata, corretta nella parte in cui ritiene insussistenti
gli elementi in fatto per una valida configurazione della continuazione tra i reati di
cui alle tre sentenze in questione, resiste alle altre infondate censure del
ricorrente.-

1

associazione per delinquere e furti dal Gennaio 2011); che tra i reati si era

Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto -con valutazione in fatto, logica e
coerente, incensurabile in questa sede di legittimità- che i plurimi reati per i quali il
Mucea ha riportato condanna siano espressione, per la loro ripetitività, di una scelta
di vita di tipo delinquenziale, in tal senso esulando dal concetto stesso dell’istituto
di cui all’art. 81 cpv. Cod. pen.- Si tratta di considerazione -di per sé dirimente- del
tutto corrispondente alla giurisprudenza di questa Corte che ha, appunto, sempre
insegnato che la continuazione, rettamente intesa, non può essere confusa con

ecc.).- Anche la distanza nel tempo tra i fatti di reato -altro elemento posto a base
dell’impugnata ordinanza- è, parimenti, argomento del tutto corretto per escludere
la chiesta continuazione, posto che sia considerazione logica e coerente ritenere che
l’ideazione e la volizione di un reato, con la necessaria specificità, non possano
essere concepite ad eccessiva distanza di tempo : tale distanza preclude dunque di
ritenere la continuazione, scolorando nella generica tendenza a delinquere. Nella
fattispecie non incorre in vizio logico il giudice dell’esecuzione che ha ritenuto, in
mancanza di elementi più stringenti, che la distanza cronologica di cinque mesi (tra
i fatti di cui alla prima sentenza e quelli di cui alla seconda) e di dieci mesi (tra
quelli della seconda e quelli della terza) sia eccessiva per ritenere che già prima dei
primi fatti il Mucea avesse concepito in modo sufficientemente specifico quelli
successivi.- Tanto ritenuto, è di tutta evidenza l’irrilevanza degli elementi addotti
dal ricorrente (vicinanza geografica, omogeneità dei reati, modalità operative
simili), trattandosi di fattori la cui concreta incidenza è paralizzata dagli elementi
negativi di valutazione sopra ricordati. Se è vero infatti che il vincolo di
continuazione è condizione che deve essere rivelata da elementi sintomatici esterni
che valgono nella loro interazione, con maggior peso complessivo ove
contemporaneamente presenti, è però altrettanto vero che la sicura esclusione in
base a qualche fattore dirimente in senso negativo (si pensi all’occasionalità, ovvero
all’insorgenza di circostanze non prevedibili

ex ante) impedisce nel concreto di

ritenere la ricorrenza del vincolo in questione. Diventa irrilevante, allora, anche la
deduzione, peraltro generica, secondo cui le carcerazioni intermedie furono brevi,
posto che ciò -che tenta di contrastare un ulteriore argomento negativo- non
consente però di costruire elementi di unitarietà già esclusi per altra via.3. In definitiva il ricorso, infondato, deve essere respinto.Al completo rigetto dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto
dell’art. 616 Cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento.2

l’abitualità nel delitto, anche se si tratta di reati della stessa indole (cfr., tra le
tante, Cass. Pen. Sez. 5 0 , n. 5599 in data 03.10.2013, Rv. 258862, Hudorovic;

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.Così deciso in Roma il 18 Giugno 2014 –

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