Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32858 del 24/06/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32858 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal

RASAMI Januz, nato in Ferizal (ex Jugoslavia) il 23 aprile 1980,

avverso la sentenza del Giudice di pace di Grumello Del Monte in data 12 ottobre
2011, n. 131/2011,

Letti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 24 giugno 2013, dal
consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
udite le conclusioni Pubblico ministero presso quet_Corte di cassazione, in

A.950

persona del sostitulp procuratore generale, Aurelio Grasse, il quale ha chiesto il
rigetto del ricorso;
rilevato che il difensore dell’imputato non è comparso.

Data Udienza: 24/06/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata in data 12 ottobre 2011 il Giudice di pace di
Grumello Del Monte ha dichiarato Hasani Januz, cittadino della ex Jugoslavia,
responsabile del reato previsto dall’art. 10 bis d.igs. 25/07/1998, n. 286, per
essersi trattenuto illegalmente nel territorio dello Stato, dove era sorpreso in
Mornico al Serio, in provincia di Bergamo, il 14 settembre 2009, e, con le

circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di euro 3.500,00 di
ammenda.
A sostegno della decisione il Giudice ha addotto l’irrilevanza dell’ingresso in
Italia dell’imputato prima che fosse prevista la fattispecie criminosa di cui
all’arti.° bis d.lgs. n. 286 del 1998, poiché la violazione contestata all’Hasani
come illecita permanenza nel territorio dello Stato è di natura permanente e si
era consumata dopo l’entrata in vigore della predetta norma incriminatrice.
Ha aggiunto che la pratica di emersione del lavoro irregolare avviata dallo
Hasani il 30 settembre 2009 si era conclusa con un provvedimento di
archiviazione e rigetto della Prefettura di Verona, giusta nota trasmessa dalla
stessa Prefettura in risposta all’ordinanza dibattimentale del 20 aprile 2011.
Non poteva, dunque, dubitarsi della sussistenza del reato contestato, la cui
natura contravvenzionale lasciava scarso margine ad eventuali giustificazioni,
peraltro neppure addotte dall’Imputato, rimasto contumace.

2. Avverso la predetta sentenza ricorre per cessazione l’Hasani, tramite il
suo difensore, il quale articola tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo deduce l’inosservanza o l’erronea applicazione della
legge penale, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pan.,
assumendo la conseguita titolarità del permesso di soggiorno in data 4 maggio
2011, non prodotto in udienza perché non ancora materialmente consegnato
all’Hasani; ribadisce che il suo ingresso in Italia fu precedente all’entrata in
vigore della norma incriminatrice di cui all’art. 10 bis d.igs. n. 286 del 1998,
come da attività lavorativa documentata in sede di giudizio, risalente al febbraio
del 2008, successivo ad un primo permesso di soggiorno per cure mediche
ottenuto dall’Hasani nel luglio del 2007 e scaduto il 30 ottobre successivo; la sua
condanna, pertanto, sarebbe stata pronunziata in violazione delle norme sulla
successione delle leggi penali.
2.2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c),
cod. proc. pen., l’Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e di
inutilizzabilità, e, in particolare dell’art. 1-ter, comma 8, d.l. 1/07/2009, n. 78,
2

CI

convertito dalla legge 3/08/2009, n. 102, che impone la sospensione di tutti i
procedimenti penali ed amministrativi fino alla conclusione della procedura di
sanatoria del lavoro irregolare svolto dal cittadino straniero a sostegno delle
famiglie. Sottolinea, al riguardo, che l’acquisito provvedimento della Prefettura di
Verona di archiviazione e rigetto della domanda di sanatoria presentata dal
datore di lavoro, Berti Marco, reca la data del 25 febbraio 2011 ed è impugnabile

Capo dello Stato, rispettivamente, entro 60 e 120 giorni dalla comunicazione
all’Istante, rilevando che, alla data della sentenza di condanna, i predetti termini
non erano ancora scaduti per mancata notificazione del provvedimento al Berti,
risultato irreperibile al primo tentativo di notificazione mediante il servizio
postale, sicché il giudice avrebbe dovuto sospendere il giudizio e non pronunciare
sentenza.
2.3. Con il terzo motivo lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pan., l’omessa motivazione sulla sua eccezione di mancato decorso del termine
da sette a trenta giorni, previsto per la partenza volontaria dalla Direttiva
dell’Unione europea in materia di rimpatri, n. 2008/115/CE, al momento
dell’esercizio dell’azione penale a suo carico, risultando il reato accertato il

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settembre 2009 e la formale contestazione di esso con l’autorizzazione del
pubblico ministero alla presentazione immediata a giudizio emessa il 13 ottobre
2009 e, quindi, prima della scadenza del suddetto periodo di comporto, previsto
da norma comunitaria direttamente esecutiva nell’ordinamento interno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va accolto nei limiti che seguono, con riguardo al solo primo
motivo.
1.1. Il secondo motivo è, infatti, infondato perché postula genericamente la
perdurante pendenza, alla data dell’ultima udienza dlbattimentale, tenutasi il 12
ottobre 2011, del procedimento di emersione del lavoro irregolare, per mancato
compimento dei termini per l’impugnazione, davanti al giudice amministrativo,
del provvedimento emesso dalla Prefettura di Verona circa otto mesi prima, il 25
febbraio 2011, con il quale è stata In parte archiviata e in parte rigettata la
dichiarazione presentata dal presunto datore di lavoro dell’imputato, Berti Marco,
risultato irreperibile.
1.2. Il terzo motivo è inammissibile perché non tiene conto della natura
permanente della violazione contestata come illegale trattenimento dell’imputato

con ricorso giurisdizionale al T.A.R. o, in alternativa, con ricorso straordinario al

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nel territorio dello Stato, accertata il 14 settembre 2009, successivamente quindi
all’entrata in vigore dell’art. 10 bis T.U. imm., inserito dall’art. 1, comma 16, lett.
a), legge 15/07/2009, n. 94, recante: “Disposizioni in materia di sicurezza
pubblica”, a nulla rilevando il precedente ingresso dell’Hasani In Italia nel 2008,
come documentato dal contratto di lavoro stipulato il 12/02/2008 con l’impresa
di Aiampi Antonino, da cui l’imputato fu assunto come operaio carpentiere edile a

Integra, Invero, il reato previsto dall’art. 10 bis T.U. imm. -soggiorno illegale
nel territorio dello Stato- lo straniero che, pur entrato nello Stato quando
l’ingresso illegale non era penalmente sanzionato, permanga in esso, senza titolo
legittimante la sua presenza, oltre la data di entrata in vigore della legge n. 94
del 2009, che ha introdotto la disposizione incriminatrice dell’ingresso e
soggiorno illegale (Sez. 1, n. 47 del 01/12/2010, dep. 04/01/2011, Rv. 249431 e
n. 183 del 01/12/2010 dep. 05/01/2011, Rv. 249434, entrambe relative a casi
in cui il cittadino straniero risultava essere rimasto nel territorio dello Stato dopo
aver subito, rispettivamente, applicazione della pena su richiesta e condanna per
il reato di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del questore).
Quanto alla mancata decorrenza, alla data del 13 ottobre 2009 in cui il
pubblico ministero autorizzò la presentazione immediata dell’Hasani a giudizio,
del termine di trenta giorni previsto dalla direttiva dell’Unione europea
2008/115/CE (art. 7, paragrafo 1) per la partenza volontaria del cittadino di un
paese terzo, esso postula una formale decisione di rimpatrio che non risulta
assunta nel caso di specie, non potendo ritenersi ad essa equipollente il mero
accertamento, il 14 settembre 2009, della presenza dell’Hasani in Italia senza
titolo legittimante il suo soggiorno nel territorio dello Stato.
1.3. Merita, invece, accoglimento il primo motivo nei limiti che seguono.
Nell’atto di impugnazione è richiamato il permesso di soggiorno che
l’imputato avrebbe conseguito nelle more del giudizio davanti al Giudice di pace,
di cui ha prodotto un principio dl prova nell’ultima udienza dibattimentale del 12
ottobre 2011 attraverso il deposito sia della ricevuta di versamento a mezzo
posta, in data 4 maggio 2011, dell’importo di euro 27,50 per il rilascio del
permesso di soggiorno elettronico, sia della ricevuta di accettazione di
assicurata, anch’essa recante la data del 4 maggio 2011, inoltrata per ottenere il
medesimo titolo di soggiorno.
Assume il ricorrente che Il permesso gli sarebbe stato rilasciato per motivi
familiari, essendo padre convivente con tre figli minori, di cui due nati in Italia, e
risiedendo stabilmente l’intero nucleo familiare, composto anche dalla moglie e

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far tempo dal 13 febbraio 2008.

madre dei minori, nel comune di Calcio (provincia di Bergamo), alla via Sandro
Pertini, n. 25.
Tali dati che, come si è detto, trovano riscontro nelle produzioni documentali
eseguite dal difensore dell’imputato all’udienza del 12 ottobre 2011, non hanno
formato oggetto di esame da parte del Giudice di pace, pur vertendo su aspetti
rilevanti al fine di accertare l’eventuale ricorrenza di una causa di improcedibilità.

1998, n. 286, e successive modifiche (abbreviato in T.U. imm.), prevede infatti
che il giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere, acquisita la
documentazione dei rilascio del permesso di soggiorno, nelle ipotesi di cui all’art.
5, comma 6, dello stesso testo unico, tra cui rientrano i permessi rilasciati dal
questore per seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da
obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano, e la tutela della
famiglia, della prole e dell’infanzia rientra certamente tra i compiti primari della
Repubblica italiana a norma degli artt. 29-31 Cost., con la conseguente rilevanza
del permesso di soggiorno per motivi familiari che il ricorrente assume di aver
ottenuto dalla questura di Bergamo il 4 maggio 2011, indicandone anche il
numero 102067304 e dando atto di averlo allegato al ricorso proposto a questa
Corte, anche se, per probabile disguido interno, esso non risulta presente
nell’incarto processuale qui pervenuto.
Va aggiunto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’istituto
dell’esclusione della procedIbIlità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 34
d.lgs. 28/08/2000, n. 274, in materia di procedimento dinanzi al giudice di pace,
si applica, ove ne ricorrano i presupposti, anche al reato di ingresso e soggiorno
illegale dello straniero nel territorio dello Stato (Sez. 1, n. 13412 del
08/03/2011, deo. 01/04/2011, Prisecari, Rv. 249855, con richiamo a Corte cost.
n. 250 del 2010).

2. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio
per nuovo giudizio, ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., allo
stesso Giudice di pace, il quale dovrà verificare l’allegata sopravvenienza del
permesso di soggiorno e i motivi del suo rilascio, in quanto idonei a determinare
l’improcedibilità dell’azione penale sulla base delle norme sopra indicate.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di pace
di Grumello Del Monte.
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L’art. 10, comma 6, secondo periodo e ultima parte, del d.lgs. 25 luglio

Così deciso, in Roma, il 24 giugno 2013.

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