Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32857 del 12/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32857 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FENOTTI MAURO N. IL 31/08/1966
avverso l’ordinanza n. 82/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
19/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

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Data Udienza: 12/06/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 41.081/2013

R.G. *

Udienza del, il giugno 2014

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del
dott. Paolo Canevelli, sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso per il rigetto
del ricorso e per la condanna della parte privata ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

1. — Con ordinanza deliberata e depositata il 19 luglio 2013 la
Corte di appello di Brescia, in funzione di giudice della esecuzione, in esito alla udienza in camera di consiglio e in accoglimento della richiesta del Pubblico Ministero, ha revocato l’indulto concesso al condannato Mauro Fenotti (peraltro su richiesta dello stesso Pubblico Ministero), giusta ordinanza 15
novembre 2012 della medesima Corte territoriale, sulla intera
pena della reclusione in due anni e otto mesi e della multa in C
8.000, inflitta con sentenza della ridetta Corte di appello, 27
settembre 2011 (irrevocabile dal 15 giugno 2012).
Il giudice della esecuzione ha motivato: nel quinquennio successivo alla entrata in vigore della legge 31 luglio 2006, n. 241,
e, precisamente, fino al 23 settembre 2010, il condannato ha
commesso altro delitto non colposo, pel quale ha riportato
condanna alla pena della reclusione in anni quattro e mesi otto
(oltre la multa), giusta sentenza della stessa Corte di appello 9
maggio 2012 (irrevocabile dall’I l ottobre 2012); ricorre, pertanto, la condizione risolutiva prevista dall’articolo 1, comma
3, della legge 31 luglio 2006, n. 241; mentre priva di fondamento è l’obiezione difensiva che la causa di revoca fosse già nota al
giudice della esecuzione al momento della applicazione del
condono; dal fascicolo della esecuzione, infatti, risulta la mancanza di qualsiasi indicazione della condanna del 9 maggio
2012; e peraltro il Pubblico Ministero aveva chiesto la applicazione dell’indulto, il 3 agosto 2012, prima che la ridetta condanna passasse in giudicato.

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Rileva

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 41.081 /2013 R.G.

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Udienza del, 17,giugno 2014

stero dei difensori di fiducia, avvocati Alberto Scapaticci e Alessandro Bertoli, mediante atto recante la data del 10 agosto
2013, col quale dichiarano promiscuamente di denunziare, ai
sensi dell’articolo 606, comma 1, lettere b), c) ed e), cod. proc.
pen., inosservanza di «norme giuridiche sostanziali e processuali», in relazione all’articolo 649 cod. proc. pen., nonché illogicità della motivazione.

I difensori deducono: l’indulto è stato applicato quando già ricorreva la causa ostativa (della più recente condanna); in difetto della impugnazione del Pubblico Ministero, il divieto del ne
bis in idem preclude la revoca del condono; è irrilevante che la
richiesta di condono fosse stata avanzata quando non ancora
era passata in giudicato «la sentenza ostativa alla concessione»;
conta, invece, che la causa di revoca preesistesse al momento
della applicazione del beneficio; è illogico il rilievo della Corte
territoriale, circa la mancanza di documentazione della condanna, nel fascicolo del giudice della esecuzione, in quanto si
fonda sulla «mera circostanza di fatto» della «inefficienza del
primo giudice» il quale ha trascurato di verificare altrimenti «la
sussistenza della condanna definitiva»; e in quanto non dà conto
della acquiescenza del Pubblico Ministero che ha omesso di
impugnare l’ordinanza di applicazione del condono.

3. — Il procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte suprema di cassazione, mediante atto recante la data del
10 dicembre 2013, ha obiettato: nel fascicolo della esecuzione
mancava, all’epoca della applicazione del condono, ogni indicazione della condanna che comportava la revoca dell’indulto;
inoltre, l’intervallo temporale esiguo tra la data del passaggio
in giudicato della condanna de qua e il provvedimento di applicazione del condono esclude — considerati i tempi occorrenti
per la compilazione della scheda e per l’inserimento nel sistema
informativo del casellario — che il giudice della esecuzione, pur
usando ogni diligenza, potesse accertare la causa di revoca; non
ricorre, nella specie, il divieto di cui all’articolo 649 cod. proc.

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2.— Il condannato ha proposto ricorso per cassazione, col mini-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 41.081/2013

R. G.

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Udienza deljriZ
l giugno 2014

4. — Alla udienza camerale del 9 aprile 2014, fissata per la trattazione del ricorso il Presidente ha riservato, ai sensi dell’articolo 615, comma 1, cod. proc. pen. la deliberazione, differendola alla odierna seduta.

5. — Il ricorso è infondato.
Nella specie è pacifico che la causa di revoca — ostativa — del
condono non risultava dal fascicolo del giudice della esecuzione
all’atto dalla applicazione del condono, sicché non ha costituito
oggetto (neppure implicito) di valutazione.
Non è, pertanto, pertinente il richiamo operato dal ricorrente
alla preclusione, in relazione al divieto del ne bis in idem nella
fase della esecuzione, che inibisce elusivamente la riproposizione delle medesime questioni esaminate e decise con provvedimento, suscettibile di impugnazione (non esperita ovvero esperita con esito infruttuoso), senza che sia, tuttavia, di ostacolo
alla proposizione di fatti nuovi, cioè in precedenza comunque
non dedotti, né considerati (nella specie la ricorrenza della causa di revoca del condono), a prescindere dalla circostanza che
fossero oggettivamente preesistenti alla decisione.
Giova ricordare e ribadire che la preclusione debole (a differenza di quella forte della res iudicata) e correlata al divieto del ne
bis in idem copre elusivamente «il dedotto» e non anche «il deducibile» (v. da ultimo Sez. 1, n. 30496 del 03/06/2010 – dep.
30/07/2010, Nicolini, Rv. 248319: «la preclusione del cosiddetto
giudicato esecutivo non si estende a tutte le questioni deducibili ma

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pen., difettando il presupposto del medesimo fatto in relazione
agli elementi su cui l’ordinanza di concessione del condono si
basava; il giudice a quo ha assicurato parità di trattamento ai
condannati in identica situazione, senza dare rilievo a inammissibili «differenziazioni fondate su circostanze del tutto casuali».

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

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R.G.

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Udienza del? 12.giugno 2014

esclusivamente a quelle che sono state dedotte ed effettivamente decise»).
Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

A scioglimento della riserva del 9 aprile 2014, rigetta il ricorso
e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, 42/giugno 2014.

P. Q. M.

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